ROMA – “Reti di prossimità, case della salute, ospedali di comunità e cure domiciliari a gestione infermieristica sono l’abc di questa professione sanitaria, lo scrive la Federazione (FNOPI) in una nota del 5 maggio e lo prevede la Missione 6 del Recovery Plan recapitato a Bruxelles. Ma non solo, anche noi siamo d’accordo da tempo con questo ridisegno del SSN basato sull’assistenza territoriale, che rappresenta la sanità del futuro. Accogliamo in quest’ottica la proposta di riconoscere agli infermiere il ruolo di prescrittori, al fine di rendere agile tutto il processo di presa in carico e cura dei 26 milioni di pazienti cronici, la cui domanda di salute è pressante”. Così Giuseppe Carbone, segretario generale della Fials, sulla proposta di aprire alla prescrizione di farmaci e presidi sanitari da parte degli infermieri. All’estero si tratta di una realtà che già riguarda i partner europei, come Francia e Spagna, e la Gran Bretagna, dove gli infermieri prescrivono farmaci etici, di automedicazione e presidi strumentali o funzionali, come ad esempio quelli per gestire le stomie. “Per dare attuazione al progetto anche in Italia – prosegue Carbone – basterebbe una modifica di legge, e va da sé che il mondo universitario sarebbe pronto a prevedere un’eventuale integrazione degli attuali percorsi formativi del professionista infermiere, tenendo conto dell’esigenza di dotarlo della facoltà di prescrivere, allo scopo di una messa a disposizione del suo specifico potenziale professionale”. “Questa è la naturale evoluzione dei tempi, in risposta alle mutate e più incalzanti esigenze dei cittadini – sottolinea il segretario generale della Fials – ferma restando l’assoluta necessità di assumere al più presto professionisti, la cui carenza è di oltre 60mila unità e si ripercuote allo stato attuale sulla qualità dell’assistenza stessa”. La pandemia da Covid-19 ha rivoluzionato la vita di tutti per sempre, e ora è doveroso farsi trovare preparati ad ogni evenienza. “Occorrono team multidisciplinari e reti di sostegno capillari – conclude – in grado di reggere l’impatto di qualsiasi stress test futuro, che si chiami Covid o in qualunque altro modo. E gli infermieri, nel rispetto com’è ovvio delle proprie competenze, sono pronti per formazione e autorevolezza a rivestire nuovi ruoli”.