LA LINGUA NAPOLETANA … I DIALETTI LOCALI, ” I DERIVATI”

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  –    di Ciro Esposito   –                                                                    racconto caserta ciro esposito scaled LA LINGUA NAPOLETANA ... I DIALETTI LOCALI,  I DERIVATISono anni che sono uscito dai banchi della scuola e non mi aspettavo di dover parlare di etimologia per i vocaboli di cui a volte abuso. Il numero dedicato alle vaccinazioni mi ha procurato questo piacere rimandandomi indietro nel tempo: mi ha riportato ai giorni, quando da ragazzo di belle speranze, sedevo nei banchi del Giannone. In quel numero ho illustrato ai giovani di oggi uno spaccato della vita di Terra di Lavoro vissuto in altra epoca, quando si viveva di altre attività lavorative, in altro modo e ci si accontentava di piccole soddisfazioni. Mi è stato chiesto, a gran voce, cosa si intendeva dire quando si parlava dei “cannaùccioli”. Lo spiegherò, ma per farlo devo partire da lontano facendo l’etimologia della parola, per la qual cosa non posso ricorrere al Lessico Etimologico Pratico della lingua Italiana perché la lingua da cui deriva tale vocabolo è quella Napoletana. Mi soffermai a parlare della canapa, una pianta alta oltre due metri che in Terra di Lavoro era abbondantemente coltivata; parlai della macerazione e lavorazione della stessa ma non dissi che nella lingua Napoletana, la canapa è chiamata ” ‘o cànnulo “, una pianta internamente cava che macerata, essiccata e maciullata … “maciùliata“…dà origine a due prodotti; un robusta fibra per la filatura e quello di risulta che aiuta il fuoco ad ardere…quest’ultimo è...”‘o cannaùcciolo” che la lavoratrice …detta maciuliatrìce produce colpendo, con la sola forza delle braccia, che manovrano un apposito attrezzo agricolo fatto interamente con legno duro, … “a macennùla “… Ogni lavoratrice ne aveva uno di sua proprietà che doveva essere portato sul luogo della ” maciuliatùra … col carro trainato da cavalli o buoi„ ” ‘O cannulo”, che era una coltivazione annuale, doveva essere scavato di buon mattino, come il granoturco, per salvare le mani dalle abrasioni…) guanti, allora, erano una chimera. Veniva, quindi, confezionato a fasci, portato alle vasche dei Regi Lagni …macerato ed essiccato al sole. Ogni fascetto di canapa produceva, maciullato, migliaia di pezzi di canna bianca da bruciare …”o’ cannaucciòlo…appunto…” mentre la fibra, confezionata in tante nocche, veniva portata ai magazzini dell’ammasso…Lavoro durissimo pagato pochissimo! Qualche altro invece mi rimprovera di aver usato il vocabolo odissea al posto di quello più adatto, considerato che siamo in periodo Pasquale, di calvario per configurare lo stato della complessa situazione vaccinale e chiude facendo la battuta … sei pure caduto .In verità ci avevo pensato ma ho optato per odissea per una serie di motivi…il primo ; il più forte, perché sarebbe stato un paragone improprio e il sottoscritto può soltanto recitare…Pater non sum dignus… indi ,LUI scelse liberamente di soffrire mentre io, insieme a tanti altri , vi sono stato costretto…per stare meglio. Il secondo: Lui dovette salire sulla collina mentre io ho dovuto discenderla …è vero che sono glabre entrambe ma il cranio era cosa diversa da Monte Virgo. Terzium: non datur…Sarà anche vero, come sostiene il mio interlocutore, che anche io sono caduto, ma vuoi mettere la caduta dall’attrezzo, una volta soltanto, che è molto diversa da quella sotto il pesante attrezzo per ben tre volte? L’odissea rappresenta le peripezie di Ulisse che ha anche goduto per le gioie della vita nel suo peregrinare per il mare nostrum mentre il calvario di LUI è I’ enorme sofferenza del Dio fatto Uomo, non solo per i patimenti fisici ma per l’abbandono degli amici più cari nel momento critico e conclusivo della sua esistenza terrena ed infine, la folla vociante. Quella di allora insultava mentre quella che si accalcava per l’Odissea vaccinale soffriva per essere stata abbandonata dalla autorità che avrebbe dovuto difenderla organizzando meglio il percorso della programmata passione. Adesso dedichiamo un po’ di spazio per continuare di dare qualche consiglio a chi “speriamo lo accetti”.

I tanti lavori …la pista ciclabile…gli impianti per la videosorveglianza non collegati …le belle tabelle per la toponomastica si rivelano inutili nel momento in cui il caos regna sovrano in tutta la città…il traffico è caotico e i parcheggi a raso, che per buona parte sono contro legge, mascherano l’inefficienza e la incapacità e sono soldi buttati…e noi paghiamo! Caserta, contrariamente a quello che si pensa, ha molti parcheggi sotterranei che vengono sfruttati soltanto in piccola parte e questo è un fatto innaturale per una città e per degli amministratori che sostengono che la mobilitazione è ben organizzata e ben tenuta. Si intenderebbe, a mio avviso, ben organizzata se i parcheggi, siti sotto il piano di calpestio stradale, fossero adibiti allo scopo per cui sono stati realizzati eliminando buona parte di quelli a raso e lo si potrebbe fare ponendo in essere un accordo tra Comune e i privati fissando una a tariffa equa sia per l’utente automobilista che per il proprietario del manufatto. Oggi, di tutto questo non vi è traccia e viviamo in una giungla tariffaria …per far cassa! Ribadisco e chiudo con questo argomento: Chi amministra la città non deve soffrire timori riverenziali da parte di qualsiasi autorità perché operando nella legge e con la legge si ha anche il coraggio di agire…e poi c’è chi corre avanti e chi corre dietro. Se si opera bene e con onestà non bisogna avere paura e si può essere strafottenti…i grandi si incazzano ma l’elettorato ti premia.