SU 131 COMUNI CAMPANI MONITORATI DESTINATARI DI BENI IMMOBILI CONFISCATI 86 NON PUBBLICANO L’ELENCO E INFORMAZIONI SUL LORO SITO INTERNET. CIÒ SIGNIFICA CHE BEN IL 66% DEI COMUNI È TOTALMENTE INADEMPIENTE
PRIMATO NEGATIVO IN PROVINCIA DI NAPOLI CON 31 COMUNI NON “TRASPARENTI”, SEGUE CASERTA CON 23 E SALERNO CON 18
SU 45 COMUNI CAMPANI CHE PUBBLICANO ELENCO SOLO IL 27% PRESENTA FORMATO APERTO CHE CONSENTE UNA FRUIBILITÀ TOTALE DA PARTE DEI CITTADINI
LIBERA PRESENTA “RimanDATI” IL PRIMO REPORT NAZIONALE SULLO STATO DELLA TRASPARENZA DEI BENI CONFISCATI NELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI IN COLLABORAZIONE CON IL GRUPPO ABELE E IL DIPARTIMENTO DI CULTURE, POLITICA E SOCIETÀ DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO
PRIMO APPUNTAMENTO DI UNA SERIE DI INIZIATIVE IN OCCASIONE DELL’ANNIVERSARIO DEI VENTICINQUE ANNI DALL’APPROVAZIONE DELLA LEGGE 109/96
I comuni campani “rimandati” sul livello di trasparenza della “filiera” della confisca dei beni mafiosi: su 131 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati, sono 86 i comuni che non pubblicano l’elenco sul loro sito internet. Ciò significa che ben il 66% dei comuni è totalmente inadempiente. Tra quelli che pubblicano, la maggior parte lo fa in maniera parziale e non pienamente rispondente alle indicazioni normative. I comuni meno “trasparenti” si trovano prevalentemente in Provincia di Napoli (sono 31), segue la Provincia di Caserta con 23, Salerno con 18. Chiudono la Provincia di Avellino con 8 comuni su 9 che non pubblicano elenco e Benevento con 6 comuni su 7 che sono inadempienti. Buona la performance del Comune di Napoli.
Sono alcuni dei dati frutto di un lavoro di monitoraggio civico sperimentato in Campania dal Coordinamento regionale di Libera e poi esteso a tutto il territorio nazionale.
A livello nazionale, i comuni italiani vengono “rimandati” sul livello di trasparenza della ‘filiera” della confisca dei beni mafiosi: su 1076 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati, 670 non pubblicano l’elenco. Il primato negativo in termini assoluti spetta ai comuni del Sud Italia compreso le isole con ben 392 comuni che non pubblicano l’elenco, segue il Nord Italia con 213 comuni e il Centro con 65 comuni che non pubblicano dati.
Libera presenta “RimanDATI” il primo Report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali, promosso in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, primo appuntamento di una serie di iniziative in occasione dell’anniversario dei venticinque anni dall’approvazione della Legge 109/96.
Il Report di Libera (il monitoraggio ha avuto inizio nel mese di maggio 2020 e si è chiuso il 31 ottobre 2020) vuole accendere una luce sulla carente trasparenza e mancata pubblicazione dei dati dei comuni italiani in merito ai dati sui beni confiscati che insistono nei loro territori, perché sono proprio i comuni ad avere la più diffusa responsabilità di promuovere il riutilizzo dei patrimoni. Eppure, proprio a livello comunale, le potenzialità della ‘filiera della confisca’ sono tuttora dense di ostacoli, criticità ed esitazioni.
La base di partenza del lavoro di monitoraggio – spiega Libera – coincide con il totale dei comuni italiani al cui patrimonio indisponibile sono stati “destinati” i beni immobili confiscati alle mafie per finalità istituzionali o per scopi sociali. Il primo dato ricavato dal lavoro di monitoraggio è quello più immediato e risponde alla semplice domanda: quanti comuni italiani destinatari di beni immobili confiscati pubblicano l’elenco sul loro sito internet, così come previsto dalla legge?
In Campania stando ai dati del portale OpenRe.g.i.o (gennaio 2021), sono 2625 i beni immobili confiscati. Il dato si riferisce agli immobili destinati, quelli cioè già trasferiti al patrimonio indisponibile dei comuni nei quali insistono per scopi sociali o ad altre Amministrazioni dello Stato per finalità istituzionali o usi governativi. La distribuzione per province vede in testa la città metropolitana di Napoli con 1529 particelle confiscate e destinate. Seguono la provincia di Caserta (663) e quelle di Salerno (348), Avellino (64) e Benevento (21).
In totale, sono 131 i comuni campani che compaiono nell’elenco degli Enti destinatari di beni immobili in confisca definitiva. Di questi, 45 pubblicano l’elenco (il 34%) e ben 86 sono quelli totalmente inadempienti, pari al 66% del totale, che fanno della Campania una delle regioni meno “virtuose” sulla trasparenza dei beni confiscati. Libera ha effettuato un approfondimento sulla modalità di pubblicazione dell’elenco, da cui dipende in maniera sostanziale la qualità dei dati messi a disposizione. Il formato aperto consente infatti una fruibilità totale da parte dei cittadini e di chiunque voglia utilizzarli e appare l’unico a rispondere con coerenza alle disposizioni di legge sul tema della trasparenza.
La ricerca sui 45 comuni che hanno pubblicato l’elenco ha evidenziato in maniera piuttosto evidente come la logica degli open data sia ancora estranea alla stragrande maggioranza degli enti monitorati. Solo il 27% dei comuni (12 in totale) presenta formato aperto che consente infatti una fruibilità totale da parte dei cittadini e di chiunque voglia utilizzarli e appare l’unico a rispondere con coerenza alle disposizioni di legge sul tema della trasparenza. Sono invece 14 i comuni che presentano un PDF immagine (frutto cioè di semplici scansioni) o totalmente chiuso, che sono inservibili nella logica open data. Il monitoraggio ha riguardato anche altre informazioni fondamentali sulla vita del bene confiscato: il 56% dei comuni campani che pubblicano elenco non specifica quale sia la destinazione tra istituzionale o sociale, il 48% non presenta informazioni sulla metratura o sugli ettari del bene confiscato. Ben l’80% dei comuni specifica sia la tipologia che l’ubicazione del Bene.
A tutti i Comuni, sia quelli inadempienti sia a quelli che pubblicano l’elenco in difformità dal dettato legislativo, sono state inviate le domande di accesso civico semplice per ottenere la pubblicazione corretta del documento.
“Il report – commenta Davide Pati, vicepresidente nazionale di Libera – analizza l’operato dei comuni e ad essi si rivolge: sono loro gli enti più prossimi al territorio e il primo fronte per l’esercizio della cittadinanza; potenziare le loro effettive capacità di restituzione alla collettività del patrimonio sottratto alla criminalità non va inteso solo come l’adempimento di un onere amministrativo, ma come un’opportunità di “buon governo” del territorio. Quando riconsegnati alle autonomie locali, i beni confiscati alle mafie rappresentano una questione eminentemente politica e per deciderne efficacemente il destino occorre favorire forme innovative di organizzazione sociale, economica e istituzionale ispirate ai principi della pubblica utilità e del bene comune. Se questo è vero, ne discende che la conoscibilità e la piena fruibilità dei dati, delle notizie e delle informazioni sui patrimoni confiscati non possono che essere a loro volta considerati elementi di primaria importanza. Ecco – conclude Davide Pati – perché insistiamo nel ritenere che la trasparenza, anche in questo ambito, debba e possa essere considerata anch’essa un bene comune, in ciò confortati dalle previsioni normative del Codice Antimafia, che impongono agli Enti Locali di mettere a disposizione di tutte e di tutti i dati sui beni confiscati trasferiti al loro patrimonio, pubblicandoli in un apposito e specifico elenco. Una previsione ulteriormente rafforzata dalla legge di riforma del Codice, che, nel 2017, ha introdotto la responsabilità dirigenziale in capo ai comuni inadempienti. “
In Campania è stata analizzata nello specifico la modalità di pubblicazione degli elenchi su scala provinciale. Sui 45 comuni che hanno pubblicato l’elenco è statp costruito un ranking mediato regionale: su una scala da 0 a 100, la media è pari a 47.1 punti. La fotografia provinciale presenta luci e ombre. Solo la Provincia di Avellino supera con 60.0 punti la media regionale, lievemente al di sopra troviamo la Provincia di Napoli con 48.0 punti mentre al di sotto della media regionale troviamo Provincia di Caserta con 47.0 punti, la Provincia di Salerno con 45.6 punti. Ultima la Provincia di Benevento con 30.4 punti.
Per mettere in luce la potenzialità di questi dati e le azioni di cittadinanza attiva è stato realizzato un focus su alcuni capoluoghi di regione: ottime le performance di Milano (90.43), Genova (80.87), Roma (80.87) e Napoli (76.52). Oltre la sufficienza Reggio Calabria (65.22) e Palermo (61.72). Solo Bologna (42.61) e Firenze (46.96) non riescono a superare la media di 49.11 del ranking nazionale. L’elenco del Comune di Napoli è pubblicato, in formato chiuso (PDF), alla voce “Beni immobili e gestione patrimonio” della sezione Amministrazione Trasparente, in un link specifico. Al momento della compilazione della scheda di monitoraggio, risulta datato di diversi mesi. Nel documento non sono inseriti riferimenti specifici ai dati catastali di ciascun immobile e alcune informazioni (ad esempio, tipologia e consistenza) sono racchiuse nella medesima colonna. Non sono presenti inoltre dettagli sull’oggetto dell’atto di concessione in caso di assegnazione a terzi. L’elenco però riporta alcune interessanti informazioni aggiuntive e, in particolare, il riferimento ai proposti (i soggetti cui i beni sono stati confiscati) e ai decreti di destinazione con i quali i beni sono stati trasferiti al patrimonio dell’Ente. Nel complesso, è un documento abbastanza dettagliato. Con un piccolo e ulteriore sforzo, potrebbe ritenersi assolutamente soddisfacente. Va ricordato che, nel maggio del 2019, la Giunta ha approvato le Linee guida per l’acquisizione e l’assegnazione dei beni confiscati alle mafie trasferiti al patrimonio indisponibile del Comune, che costituiscono un prezioso strumento di disciplina del settore, con la previsione di alcuni interessanti strumenti di partecipazione e di condivisione.
Quando parliamo di trasparenza delle informazioni sui beni confiscati da parte degli Enti Locali – conclude Libera – dobbiamo necessariamente prendere atto di come ci sia ancora tanto lavoro da fare per raggiungere un quadro almeno di sufficienza e avere a disposizione dati soddisfacenti, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Ecco perché abbiamo detto “rimanDATI”. L’esito di questo “esame” cui abbiamo sottoposto i comuni ci impone di fare come per gli studenti e le studentesse che non riescono a superare a pieni voti l’anno scolastico e che, per questo, vengono “rimandati a settembre”. Il nostro esame di riparazione dovrà avere i tempi e i modi di un’azione civica che induca i comuni a conformarsi pienamente a quanto impone loro la legge. Il nostro non vuole essere un giudizio tranchant, una bocciatura perentoria. Al contrario, noi chiediamo dati pubblici e di qualità perché siamo convinti che essi ci permettano di prenderci cura di un bene comune oltre la logica del mero accesso civico, in un clima positivo e costruttivo di cooperazione con le amministrazioni. Conosciamo bene del resto la complessità della materia e le difficoltà che gli Enti Locali sono costretti ad affrontare quotidianamente, sia in termini di carichi di lavoro che di risorse umane e di competenze a disposizione. Ma siamo convinti che, insieme, si possano e si debbano trovare le soluzioni utili a garantire la trasparenza. Con lo stesso spirito di costruzione e cooperazione, avanziamo alcune proposte politiche che, a partire dal miglioramento delle condizioni e dei livelli di trasparenza dei comuni, incidano sulla possibilità di rendere sempre più i beni confiscati, attraverso il loro riutilizzo sociale, palestre di vita e beni comuni:
Proponiamo all’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata un documento di indirizzo da inviare a tutti gli enti destinatari di beni confiscati con un vademecum dettagliato sulle modalità di pubblicazione e sui contenuti degli elenchi da pubblicare, anche fornendo un modello comune in grado di uniformare sul piano nazionale la pubblicazione.
Proponiamo che l’attuazione dei principi della trasparenza diventi pratica condivisa non solo per le amministrazioni comunali, ma anche e soprattutto per tutte le amministrazioni pubbliche che, a vario titolo, si intrecciano con la storia del bene.
Riteniamo importante che sia garantito un maggiore coordinamento e scambio lungo tutta la filiera istituzionale del bene confiscato, che consenta poi una risoluzione veloce delle criticità e una trasparenza del dato.
Auspichiamo che le Politiche di coesione e i fondi ad esse correlati possano diventare sempre di più uno strumento di emancipazione e di sviluppo per le comunità.