“A STAR IS BORN”: IL FALLIMENTO E LA REDENZIONE

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di Mariantonietta Losanno 

Tutto parte dalla pellicola di William A. Wellman del 1937 (che ha attinto da una precedente opera, “A che prezzo Hollywood?” del 1932, di George Kuron) e prosegue con le successive versioni del 1954 (di George Cukor con Judy Garland e James Mason) e del 1976 (di Frank Pierson con Barbra Streisand e Kris Kristofferson). Nel 2018 è stata proposto un altro remake, diretto da Bradley Cooper al suo debutto alla regia, con Lady Gaga, disponibile su Netflix dal 14 febbraio. Una storia vecchia, ma sempre nuova. “A Star Is Born” ha il sapore nostalgico di un addio definitivo e l’emozione di un nuovo incontro. Convivono la magia e la disperazione. 

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Jackson Maine è un cantante di successo che, oltre ad avere problemi di udito, soffre di una grave dipendenza dall’alcool. Una sera, dopo un concerto, incontra Ally e viene completamente rapito dalla sua voce: i due iniziano a frequentarsi e, mentre la carriera – ma soprattutto la vita – di Jackson fallisce, quella di Ally esplode, proprio grazie alla nascita di questo sentimento. “Volevo guardarti ancora una volta”, dice Jackson ad Ally nella battuta che racchiude il senso di tutta l’opera. Si avverte, per tutta la durata del film, un’emozione contrastante, a metà tra la speranza e la rassegnazione. “Volevo guardarti ancora una volta”, come per dire: vorrei sfruttare quest’opportunità di godermi questo spettacolo – ossia la visione di Ally – perché so che un giorno non potrò più farlo, e ne ho già la piena consapevolezza. E non perché ci siano motivazioni valide per pensare di non poterla più guardare, è il dolore insito in lui a parlare, qualcosa che sembra sfuggire al suo controllo. Bradley Cooper non dà per niente l’impressione di essere al suo esordio: la pellicola è scritta benissimo, e tra gli sceneggiatori c’è anche Eric Roth, lo stesso di “Forrest Gump”, “Insider” e “Il curioso caso di Benjamin Button”. “A star is born” è un atto d’amore devastante: è di una crudeltà incontrollabile il comportamento di Jackson nei confronti di se stesso e di Ally (soprattutto nel dialogo in cui le dice che è diventata brutta, o durante la scena della premiazione ai Grammy). È una pellicola piena di magie: ad iniziare dal primo incontro, poi la prima nottata insieme e, soprattutto, la prima volta che si esibiscono insieme cantando “Shallow”. Lady Gaga offre una prova indimenticabile, nelle sue metamorfosi fisiche c’è tutto. C’è il desiderio di amare e di ritenere che l’amore possa essere più forte di una malattia, c’è il bisogno di cantare un’ultima canzone (lo stesso che provava Jackson quando aveva bisogno di guardarla un’ultima volta) come a voler allungare il tempo. “I’ll never love again” (l’ultima canzone del film scritta da Jackson e che Ally canta per lui) esprime una sofferenza che – inevitabilmente – avverte sulla propria pelle anche lo spettatore: “Avrei voluto poterti dire addio”, canta Lady Gaga. 

35E3830A 1297 4DAD A9D6 D0798BA50068 300x148 “A STAR IS BORN”: IL FALLIMENTO E LA REDENZIONE“A Star Is Born” è proprio come una canzone, che può assumere un suono diverso a seconda di chi la interpreta e soprattutto di chi l’ascolta. La storia è in grado di funzionare sempre e di adattarsi ad ogni epoca e contesto, anzi, riesce anche ad assumere nuove sfumature. C’è molto di più dello stereotipo dell’uomo annullato dall’alcool perché ha avuto un’infanzia difficile e della donna distrutta dal dolore che cerca riscatto nell’arte. Tutto questo c’è, ma senza i cliché. Non si ha l’impressione di aver già assistito a situazioni simili, di aver già visto messe in scena dinamiche del genere. È la magia a surclassare anche i cliché. Bradley Cooper mescola musica e cinema realizzando un’opera dolorosa ma appassionante: è travolgente questo amore puro, senza filtri, che supera la patina per trovare l’essenza, che apprezza le fragilità e non solo i punti di forza.