“PERFETTI SCONOSCIUTI”: GENOVESE METTE IN SCENA IL FALLIMENTO DI UNA GENERAZIONE

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di Mariantonietta Losanno 

Di “Perfetti Sconosciuti” se n’è parlato tanto, forse anche troppo. La critica si è espressa per la gran parte positivamente, sottolineando l’importanza di questa pellicola capace di analizzare il fallimento della nostra generazione. “Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata e una segreta”, ha detto Gabriel Garcia Marquez. Un tempo, però, quella segreta era ben protetta nell’archivio della nostra memoria, oggi nei nostri cellulari. Cosa succederebbe se quei dati personali venissero svelati? Genovese mette in scena questo esperimento ponendo otto persone attorno ad una tavola – l’ottavo componente é lo spettatore – realizzando un’opera brillante che vanta una scrittura precisa, acuta e anche comica al punto giusto. Nella prima parte del film prevalgono momenti piacevoli; si susseguono quesiti interessanti, botta e risposta spontanei ed ironici, dialoghi divertenti, momenti tipici di una cena fra amici. Tutto cambia quando i partecipanti giungono all’escamotage dei telefonini: tutti i componenti della tavola sono costretti a rispondere a viva voce alle chiamate che ricevono e a leggere al alta voce i messaggi, per “mettersi alla prova” a vicenda. Non sono solo i tradimenti ad emergere – perché non sono l’unica causa di frustrazioni in una coppia – ma soprattutto le bugie, la rabbia accumulata, tutto quello che si nasconde dietro la patina di normalità che serve a salvare le apparenze.  

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“Perfetti Sconosciuti” si configura come una pièce teatrale – un “Carnage” meno violento – un’opera semplice ma efficace: bastano un cast affiatato e una sceneggiatura ben strutturata per realizzare un prodotto che si presenta attuale (ma non solo), ironico e pungente, nostalgico, persino “rassegnato”. Perché il punto non è tanto come poter smettere di vivere di segreti, ma come riuscire a nasconderli; non sembra ci sia la possibilità di mostrarsi sinceri e rispettosi, perché un rapporto vissuto in questo modo sembrerebbe “banale”. Anzi, si cerca sempre di più di nascondere questi preziosissimi segreti, di renderli il più possibile inaccessibili. Ci si preoccupa di venire scoperti, non della gravità del segreto in sé, che – come abbiamo detto – non deve essere necessariamente una relazione clandestina tenuta nascosta: in “Perfetti Sconosciuti” vengono a galla situazioni molto più gravi, come le difficoltà genitoriali, le scelte lavorative, l’accettazione di sé, i rapporti di amici e di parentela. Possiamo davvero pensare che c’è qualcuno che ci conosce davvero? È come se ci fossero dei “lati oscuri” che proteggono le debolezze e aiutano a relazionarsi agli altri: persino trovandosi a tavola con degli amici di lunga data, ci si può sentire dei “perfetti sconosciuti”. In fondo, riflettendoci, al di là dell’utilizzo – per certi versi morboso – della tecnologia, l’opera di Genovese (regista di “Tutta colpa di Freud”, “Immaturi”, “The Place”) guarda al presente come al passato: oggi è solo differente la modalità, ma le situazioni sono le stesse. Che siano azioni o semplici pensieri – che si potrebbero trasformare in azioni – poco cambia: dietro la facciata di ogni individuo si nasconde un mondo di sfaccettature e caratteristiche che proprio chi vive in prima persona ha paura di analizzare. È più facile quando non ci si confronta con nessuno e i segreti si tengono per sé: non si ricevono critiche, giudizi, pareri. Si può scegliere di essere chi si vuole essere senza “problemi”. In questo modo, anche commettere l’errore più “grave” (cioè quello capace di ferire maggiormente una persona a cui si vuole bene) diventa meno grave: sembra tutto meno reale quando resta segreto. Non sarebbe più facile, allora, continuare a vivere di ipocrisie? Sarebbe la soluzione più comoda, meno compromettente.

C838B3B3 CFB1 4145 9692 CDE10A79F774 300x125 “PERFETTI SCONOSCIUTI”: GENOVESE METTE IN SCENA IL FALLIMENTO DI UNA GENERAZIONEGenovese riflette sulle relazioni, sui sentimenti, sulle ragioni che spingono le persone a stare ancora insieme nonostante i loro “lati oscuri”. “Perfetti sconosciuti”, partendo dalle dinamiche di coppia e affettive, si “allarga” fino a coinvolgere argomenti complessi e delicati: un flusso continuo di rivelazioni, colpi di scena e clamorosi equivoci in quello che si presenta come un vero e proprio “massacro psicologico” in cui nessuno può sentirsi al sicuro. Si crea un effetto alla “Sliding Doors”, in cui si può decidere che piega far prendere agli eventi: quale strada verrà scelta dal cast di Genovese?