– di Germán Gorraiz López * –
Il termine distopia è stato coniato alla fine del XIX secolo da John Stuart Mill in contrapposizione al termine eutopia o utopia di Thomas More e sarebbe “un’utopia negativa in cui la realtà si svolge in termini antagonistici a quelli di una società ideale”. Le distopie si trovano in ambienti chiusi o claustrofobici inquadrati in sistemi pseudo-democratici in cui l’élite al potere (establishment) crede di essere investita del diritto di invadere tutte le aree della realtà nei suoi piani fisici e virtuali, senza esitare a limitare i diritti fondamentali di cittadinanza e stigmatizzano tutti i settori refrattari alla dottrina ufficiale dell’establishment con un anatema ricorrente.
La libertà di espressione in Spagna sta morendo di fronte alla nuova offensiva repressiva della Corte Nazionale che limiterà la libertà di espressione fino al parossismo attraverso l’imposizione sistematica di multe stratosferiche e il cui penultimo episodio sarebbe il prossimo ingresso in prigione del rapper Pablo Hasel per presunti “crimini di glorificazione del terrorismo e insulti alla Corona”. Detta crociata regressiva vedrebbe la Corte Nazionale e la Corte Suprema come esecutori di armi del defunto regime giudiziario di Franco, tribunali che sarebbero controllati dal cosiddetto “clan di politici” nelle parole dell’ex presidente della Corte Suprema, Ramón Trillo e il cui obiettivo confessato sarebbe l’attuazione della cosiddetta Dottrina Aznar, che avrebbe l’obiettivo finale “di criminalizzare gruppi ed entità indisciplinati e refrattari al messaggio dell’establishment dominante dello Stato spagnolo”.
La suddetta deriva involutiva del tardo franchismo giudiziario dello Stato spagnolo sarà protetta dalla “spirale del silenzio” dei mass media dell’establishment (PRISA, Vocento, Grupo Planeta, Grupo Godó, Grupo Zeta, Editorial Prensa Ibérica, Unidad Editorial, TVE e Mediaset España), una teoria formulata dalla politologa tedesca Elisabeth Noelle-Neumann nel suo libro “La spirale del silenzio. Opinione pubblica: la nostra pelle sociale” (1977). Questa teoria simboleggerebbe “la formula della sovrapposizione cognitiva che stabilisce la censura attraverso un deliberato e soffocante accumulo di messaggi di un singolo segno”, che produrrebbe un processo a spirale o un ciclo di feedback positivo.
A ciò contribuisce l’encefalogramma piatto della coscienza critica della società odierna, favorito da una pratica giornalistica pericolosamente mediata dall’assenza di esegesi o oggettività negli articoli di opinione e dalla cessazione del codice deontologico giornalistico che avrebbe la sua espressione nell’attuazione di l’autocensura e nella sottomissione “nolis volis” alla linea editoriale del suo mezzo di comunicazione (frutto dell’atavico endemismo di servitù ai poteri fattuali dello status quo) e che avrebbe trasformato il giornalista in una semplice cinghia di trasmissione dei postulati dell’establishment o del sistema dominante, ma dato l’enorme indignazione popolare per l’asimmetria giuridica tra il caso Hasel e le controversie dell’Emerito, non sarebbe esclusa la richiesta da parte del governo di una grazia a Pablo Hasel, che rappresenterebbe la vittoria della libertà di espressione.
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*Analista spagnolo di Economia e Geopolitica. Collabora, oltre a Diario SIGLO XXI, in altri media digitali spagnoli e latinoamericani come Bottup, España Liberal, Libre Pensador, Socialdemocracia.org, Alainet, CubaNuestra, Plano-Sur.org, Entorno-empresarial.com o El Mercurio Digital.