– di Peppe Rock Suppa –
È una delle riflessioni di quel pazzo di Nietzsche, e anche uno dei più grandi temi umani: il Tempo. E soprattutto la memoria. Senza il Tempo l’Uomo non sarebbe quello che è, e vivrebbe in un eterno presente.
Come è capitato a un tizio, un certo Henry Gustave Molaison, il quale, negli anni cinquanta, in seguito a un’operazione al cervello per cercare di curare l’epilessia, perse per sempre la memoria a breve termine. Attenzione però, memoria a breve termine non vuol dire quella della settimana scorsa, ieri o stamattina: in neurologia sono circa sessanta secondi, oltre i quali dimentichiamo tutto ciò che non viene archiviato nella memoria a lungo termine.
È proprio attraverso le lesioni cerebrali, infatti, che le neuroscienze hanno fatto passi avanti, nonostante il luogo comune secondo il quale del cervello non si sa niente. Oggi, grazie a moltissimi studi, e a tecnologie come la Tac o la Risonanza magnetica funzionale, se ne sa moltissimo.
Ma torniamo a Henry, riconosceva i suoi genitori e gran parte della sua vita prima del 1953, anno dell’intervento, per il resto invece era completamente prigioniero di un minuto. Ora, per tutti noi il formarsi dei ricordi a lungo termine sono necessarie alcune strutture cerebrali precise, in particolare l’ippocampo e alcune zone contigue, ma non per Henry, a cui furono asportate, insieme all’amigdala, responsabile delle emozioni.
Ma come si vive senza Tempo? Viene da pensare male ovviamente, eppure la consapevolezza del Tempo se ci pensiamo bene è anche fonte di tante angosce, per esempio del dolore per la perdita di una persona cara, un amore o della giovinezza perduta. Senza Tempo, o meglio senza memoria, non ci sarebbero né Letteratura né Filosofia, Scienza e neppure pensieri complessi, però viene da pensare che così in Italia resterebbero solo i politici, insomma un Paese di lobotomizzati naturali.
Mentre il mio amatissimo e grandissimo Proust avrebbe iniziato il suo capolavoro, Alla ricerca del tempo perduto, con «A lungo, mi sono coricato di buonora» e si sarebbe fermato lì, non si sarebbe nemmeno accorto del disfacimento della vita e non avrebbe mai sofferto per la morte della mamma. D’altra parte, più che il Tempo, è proprio l’angoscia della memoria il tema di Proust e di quasi tutta la Letteratura, insieme alla perdita del nostro io, perché perfino i ricordi sono illusioni.
Tutto questo per dei circuiti neuronali e scambi di impulsi elettrici tra neuroni e sinapsi, e per lo sviluppo di quella corteccia prefrontale (secondo me a molti non si è ancora sviluppata) che distingue noi Homo Sapiens dagli altri animali. Del resto anche a spazzare via l’idiozia dell’anima basterebbe l’Alzheimer.
Esistenzialmente parlando, credo sia un vero affare vivere e ricordare solo ogni minuto, soprattutto per ciò che noi umani chiamiamo felicità. Come si può essere felici con la coscienza del passato, del presente, della morte? Comunque Henry non era affatto una Persona infelice, domani è un altro giorno, ma per lui ogni minuto era una nuova vita. Ma ci pensate? Gli facevano ripetere mentalmente una serie di numeri, riusciva pure a superare molti test mnemonici, anche per trenta minuti consecutivi come fa una persona normale quando deve ricordarsi un numero di telefono, solo che poi quando rientrava il ricercatore Henry gli domandava «Lei chi è?». Io ho pensato subito che potrebbe essere una soluzione per molti matrimoni in crisi, una moglie o un marito nuovo ogni minuto. L’aveva capito anche quel geniaccio di Andy Warhol: «Sono un registratore con un solo tasto, con su scritto CANCELLA».
Non per altro molte filosofie orientali costruiscono la propria saggezza proprio sul vivere l’attimo, e a non farsi schiacciare dal Tempo, come il buon vecchio Carpe Diem di oraziana memoria. Ho detto memoria oraziana? Orazio chi?
Io lo conosco un Orazio ,ma nn sto qui a ricordartelo…w la memoria sempre ,anche se io ultimamente mi sta abbandonando!
Complimenti sempre ,sei un genio!
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