– di Nicolò Antonio Cuscunà – Esistono ancora la “destra e la sinistra”, anche e solo embrioni, o è solo una residuale finzione indicativa di spazio-luogo? Nell’attuale scenario politico, cosa resta di riferimento valoriale di quelli che furono i “genitori malvagi” (fascismo e comunismo) di questi simulacri? Destra e sinistra conservano collegamenti con spauracchi e fantasmi di cui sono evocatori? Esprimono potenziali significati culturali, e le posizioni contrapposte sono credibili o servono solo a babbiare il mondo intero? Gli avvenimenti degli ultimi 30 anni, a cavallo del secolo e del millennio, chiariscono senza lasciare dubbi: “contenitori vuoti”. Ad onore del vero, nei cinque continenti insistono sacche di resistenza, tentativi di sopravvivenza e di restaurazione delle idee generatrici ” fascismo e comunismo”. Maldestri tentativi di riesumare questi due ambiti che delle origini conservano solo violenza, morte e privazione delle libertà individuali. Fascismo e comunismo mantengono ancora cariche vitali da cui perdurano forme evocative simili ma non uguali, sacche di resistenza senza i presupposti sociali e economici sovrapponibili (uguali) con gli originali. La storia non ha “gemelli”, corsi e ricorsi storici non significa ricostruire fascismo e comunismo, riesumare cadaveri da tenere in vita serve solo a “utili idioti” di cui, purtroppo, il mondo è pieno.
Fascismo e comunismo, simulacri e fantasmi, mantengono una pericolosissima carica comune ad entrambi: “la violenza dell’ignoranza”. Degli originali valori-ideali non conservano nulla, entrambi ed a diverso titolo esprimono il peggio dell’umano agire: sfruttamento, violenza, morte, miseria, privazione di tutte le libertà.
Destra e sinistra non sono embrioni residuali degli “ismo” del XX secolo, conservano la funzione d’evocarli (all’abbisogna), mantengono l’indicazione degli emisferi spazio-luogo necessari a svolgere politica esprimendo la natura conflittuale di cui si nutrono (M.Veneziani-la cultura della destra- Ed.Laterza).
Destra e sinistra hanno esaurito la carica ereditata (dai genitori malvagi) per inoltrarsi verso nuove forme aggregative, plurali e alternative. Nel bipolarismo-democratico”, pur rimanendo residui di contrapposizione ideologica, ha prevalso l’antagonismo di potere fine a se stesso. I residui ideologici, cordone ombelicale degli “ismi”, sono stati recisi, mancano i collegamenti del collante culturale. Restano i simulacri vuoti – destra e sinistra- sui quali ha avuto il sopravvento il qualunquismo del potere di partigiano; non può l’abito fare il monaco e la chierica il prete!
La cosiddetta “democrazia dell’alternanza” per nascere ed attecchire doveva mietere vittime, la destra è stata la prima. Così non è stato a sinistra, ambito da sempre attento all’ecclettismo d’immagine, capace d’appropriarsi di parole d’ordine cui dare il significato più utile alla causa, sinistra per tutte le stagioni alle quali s’è saputa adattare. La “stagione bipolare” ha visto lo sdoganamento degli eredi del “fascismo”, l’ingresso al governo dopo lo sbiancamento di Fiuggi e la successiva liquefazione in mille rivoli. Non più la destra, ma le destre contaminate dal variegato mondo generato dai tempi. Non più la “cultura di destra, ma la “non cultura” delle destre.
Cultura dei nuovi soggetti, da scrivere rispetto agli scenari di: globalizzazione e mondialismo, migrazione, sovranismi, populismi, social-media e varianti pandemiche. Scenari nebulosi, irti d’incognite e trabocchetti, in cui i nuovi soggetti ancora definiti destra – per semplicità d’individuazione spazio-luogo- annaspano rischiando d’affogare.
Fine della democrazia dell’alternanza, fallimento della stagione riformista, ritorno alle ammucchiate informi del nuovo “proporzionale di nominati”.
Questa fase è caratterizzata dalla fine della politica intesa nel senso tradizionale del termine. Assenza delle ideologie, del senso religioso della patria, fine dei valori della famiglia, avanzare di nuove frontiere della vita, assistenzialismo sostituto del lavoro, social-nozionismo sostituto della scuola, l’immagine sostituta dell’essere, avvento dell’opportunismo lobbystico. In questo humus attecchiscono sviluppandosi reazioni incontrollate fatte di “parole d’ordine” ad effetto, prive di sostanza e di progetti. M5Stelle e Lega sono i prodotti finali. Esaurita la stagione della “rivoluzione liberale” restano ruderi e simulacri nostalgici.
Sfrenato ritorno all’accaparramento di posizioni elettorali utili alla sopravvivenza della specie. Populismo e sovranismo nuovi “spazi-luogo” indicativi di posizionamenti utili all’alternanza conflittuale non costruttiva e fine a se stessa. La “democrazia” trasformata in reality di figuranti da grande fratello, non eletti ma scelti, privi di competenze, sprovvisti del senso comune dell’essere costruttori della “Res Publica”. Parlamento spodestato e reso muto, silenzioso certificatore di decisioni assunte al di fuori di esso. Decisioni ordite da pletore d’esperti pagati dall’abusivo maniaco della decretazione d’urgenza. Questi film sono prodotti al centro come in periferia, nulla cambia, solo i figuranti. Democrazia malata, democrazia non partecipata, democrazia sospesa, democrazia violata. Presidenti del consiglio, delle regioni, delle provincie (non più eletti direttamente dal popolo), sindaci arroccati nei loro fortini difesi da mercenari senza divisa pagati con salari contrattati all’abbisogna. Il nuovo credo ideologico dell’UNO vale UNO ha sostituito competenze, rettitudine e onestà. Quest’ultimo vessillo distintivo identitario, ha smesso di garrire al vento ammainato dall’opportunismo del potere, l’incoerenza divenuta valore pragmatico.
La stagione dello “scilipotismo” (infedeli) sostituita dai “responsabili-costruttori”. Si chiamino Sandra Lonardo Mastella (ex di tutto, compreso F.I.), Gregorio De Falco e Mario Michele Gianrusso (ex M5S), o Domenico Guida, Donato Tenga o Massimiliano Marzo, nulla cambia, il loro valore va oltre la destra e sinistra, va oltre il bene ed il male, va oltre e basta. Servono, questo è l’unico valore conosciuto, servono a Giuseppe Conte o a Carlo Marino (sindaco di Caserta), importante è esistere ed essere utili e guai a chi li tocca. Il valore del “nuovo politico” non è garantire stabile progresso alla società che l’ha generato, non è elargire servizi di qualità, lavoro, istruzione, sicurezza sanitaria personale e collettiva. Il valore del “nuovo politico” è resistere incollato alla poltrona conquistata, tenerla il più a lungo possibile, non importa con quale maggioranza, importa solo possederla mantenendola a qualsiasi costo. Eccoci la fine dei partiti, di quelli di destra e di sinistra. Resistono solo i “simulacri”, spaventapasseri e manichini evocatori di nostalgiche occasionali ricorrenze.
Contenti loro……