“THE GENTLEMEN”: IL RITORNO ALLE ORIGINI DI GUY RITCHIE

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di Mariantonietta Losanno 

“I gentiluomini” di Guy Ritchie sono sbarcati finalmente su Amazon Prime Video, dopo essersi vista negata l’uscita nelle sale cinematografiche (un’opportunità che soprattutto in questo caso, avrebbe giovato alla riuscita del film). Per il regista britannico – spesso tacciato di fare “copia e incolla” da Tarantino – questa pellicola è l’occasione per rispolverare tutto il suo stile autoriale tra scrittura, caratterizzazione dei personaggi e montaggio. Una sorta di ritorno alle origini per un affezionato del gangster movie come Guy Ritchie, che ha diretto “Lock & Stock – Pazzi scatenati”, “Snatch – Lo strappo”, “Sherlock Holmes”, “Revolver”, “RocknRolla”

%name “THE GENTLEMEN”: IL RITORNO ALLE ORIGINI DI GUY RITCHIELa storia di “The Gentlemen” è essenzialmente quella di due uomini che trascorrono la serata insieme per discutere il piano per attuare un ricatto. Il ricattatore, un giornalista della stampa scandalistica di nome Fletcher (Hugh Grant), chiede 20 milioni di sterline per nascondere una storia che descrive nel dettaglio le operazioni del trafficante di droga Mickey Pearson (Matthew McConaughey), rivelando i suoi sanguinosi scheletri nell’armadio e i luoghi segreti delle sue piantagioni. Mentre il reporter racconta tutto ciò che ha scoperto a Ray (Charlie Hunnam), fidato consigliere di Mickey, si inserisce un “film nel film”, perché attraverso i flashback viene raccontata la vicenda principale, ovvero la storia di Mickey e il suo impero della droga, e vengono svelati tutti i tradimenti e le implicazioni che coinvolgono anche un altro trafficante (un ex miliardario russo ex spia del KGB) e un gangster di nome Coach (Colin Farrell), a capo di una band di rapper e lottatori. Guy Ritchie dovrebbe essere perfettamente a suo agio in questo genere di film (a cui deve, sostanzialmente, la sua notorietà), eppure l’energia di un tempo sembra essersi spenta. “The Gentlemen” ha il difetto di avere troppe ripetizioni: la formula – tarantiniana principalmente, ma non solo – gangster movie, violenza, volgarità assortite, colpi di scena e una certa dose di umorismo non funziona perché (purtroppo) è vista e rivista. È evidente come Ritchie sia fiero dei suoi personaggi sopra le righe, così come è innegabile come gli ingredienti per uno “spettacolo in grande stile” ci siano tutti: intrigo criminale, continue rivelazioni, cast di eccellenza, adrenalina e tensione ai massimi livelli. L’impressione che si ha è che sia tutto un po’ “forzato” e che il regista sia pressato dall’obbligo di andare di fretta e dall’insieme di personaggi e linee narrative. 

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Ritchie, forse, ha esplorato a sufficienza quel mondo di gangster e criminalità? “The Gentlemen” indubbiamente intrattiene e diverte, ma non riesce ad inventare nulla di nuovo. Il regista propone un prodotto che i suoi fan conoscono già bene, addirittura rimarcandone la classicità (il film ha tutto il sapore di un gangster movie anni ‘90), provando ad inserire attraverso il personaggio di Fletcher un narratore esterno, sviluppando così un doppio arco narrativo. “The Gentlemen” è, dunque, un esercizio di stile che non ha nulla di nuovo, ma che riporta il pubblico in terreni conosciuti e precedentemente apprezzati, che dimostrano la passione di Ritchie per un genere di cinema che ha fatto diventare il suo marchio di fabbrica. Per il regista è un’occasione per soffermarsi sul piacere del racconto cinematografico e sui percorsi narrativi che ha sempre messo in atto attraverso il suo cinema. “The Gentlemen” resta un apprezzabile tentativo di ritornare agli esordi e una volontaria riaffermazione di appartenenza ad uno specifico modo di concepire il cinema.