“CARNAGE”: POLAŃSKI PORTA IN SCENA IL TEATRO NEL CINEMA

0

di Mariantonietta Losanno

È una carneficina senza spargimenti di sangue, quella di Roman Polański, ma solo perché mancano le armi. Un avvenimento banale (un litigio tra ragazzini) porta due coppie di borghesi “piccoli piccoli” a massacrarsi: quella che doveva essere una conciliazione (tra persone mature) diventa l’occasione per abbandonare la facciata “perbenista” e dare il via al massacro. Emerge il fallimento, lo sconforto di chi è consapevole che, in nome dei figli, ha tenuto in piedi un matrimonio solo per salvare le apparenze. È paradossale come il fattore scatenante sia il litigio tra due adolescenti: in realtà, sono proprio i loro genitori, che avrebbero dovuto trovare un punto di incontro mantenendo toni civili e pacati, a non reggere più il “peso” di indossare quella “maschera moralista della borghesia”. Le due coppie esplodono (letteralmente), proprio perché stremati: quella apparente facciata tirata su con tanta pazienza e premura finisce inesorabilmente per rivelarsi. E si svela anche la vera natura di questo quartetto: la loro vanità, il loro ego insaziabile, il loro atavico impulso alla violenza. %name “CARNAGE”: POLAŃSKI PORTA IN SCENA IL TEATRO NEL CINEMA

Polański dimostra nuovamente quanto il teatro si sposi bene con il cinema (così come con “Venere in pelliccia”, anch’esso tratto da un adattamento teatrale e che del teatro fa proprio il protagonista): il potenziale di “Carnage” (tratto dalla pièce teatrale “Le Dieu Du Carnage”, in italiano “Il Dio della Carneficina”, di Yasmina Reza, che firma assieme allo stesso Polański la sceneggiatura), sta tutto in una stanza, nella performance di un cast d’eccezione (Kate Winslet, Jodie Foster, Christoph Waltz, John C. Reilly) e nei loro dialoghi taglienti ed efficaci. I quattro protagonisti sono l’emblema del menefreghismo, dell’insoddisfazione, della frustrazione. Nessuno di loro riesce minimamente ad assumersi la responsabilità delle parole che dice. Tra provocazioni ed insinuazioni, le due coppie arrivano a scoppiare e ad abbandonare l’ipocrisia iniziale per mostrare le loro vere personalità; l’incidente dei figli passa, dunque, totalmente in secondo piano, e il fulcro della discussione diventano il matrimonio, lo status sociale e le fragilità personali. Si incolpano a vicenda, mostrando atteggiamenti decisamente sopra le righe, e -come se non bastasse- subentrerà anche l’alcool ad esasperare ulteriormente la situazione.

%name “CARNAGE”: POLAŃSKI PORTA IN SCENA IL TEATRO NEL CINEMA

La pellicola scorre in modo fluido, con momenti persino spassosi: lo spettatore si diverte a “prendere in giro” quelli che dovrebbero essere dei genitori responsabili ed educati che, in realtà, sanno essere decisamente più infantili dei bambini. Polański, attraverso le inquadrature, enfatizza l’espressività dei personaggi e consente al pubblico di percepire l’atmosfera dell’appartamento, senza avvertire mai la minima sensazione di forzatura o esagerazione. Il regista mostra come può crollare facilmente quel muro di cortesia ed ipocrisia e come una banale lite tra ragazzi si possa trasformare in una “guerra tra adulti”. “Carnage” è una battaglia all’ultimo insulto, un’opera di autentica perfidia, che tocca temi importanti come l’educazione da imporre ai propri figli, la violenza, le disparità economiche, la contrapposizione tra il pensiero maschile e quello femminile. Eppure, i bambini, senza il bisogno dell’aiuto dei genitori sono stati in grado di appianare le proprie divergenze: sono gli adulti, allora, ad essere così vendicativi e privi di qualsiasi forma di innocenza e di buon senso. Le due coppie non solo si massacrano a vicenda ma massacrano anche il concetto di famiglia e di amore filiale. È proprio l’ultima immagine ad essere la (geniale) rappresentazione dell’inutilità di scannarsi in modo irragionevole per due bambini che stanno già di nuovo giocando insieme.