– di Nicolò Antonio Cuscunà – Al tempo del corona virus seconda ondata, in attesa del mutante inglese, tra i proclami di Conte e i piani vaccino di Arcuri, ascoltare le previsioni elettorali primaverili comunali di Caserta è un’autentica goduria. Previsioni argute, fini ed intelligenti, per inermi, pazienti grulli provinciali. Citare Nostro Padre, il fondatore dell’Italia L’Alighieri Dante è d’obbligo e fa moda. In sintesi: ” …non serve e non è utile contrastare il “governo-potere” dell’imperatore al comando, in quanto direttamente investito da Dio e dai suoi “capizona”. Al pari del presidente regionale De Luca, Carlo è ammantato dall’alone divino della pandemia. Salvifica pandemia calata dal cielo a protezione-continuativa dell’opera mariniana. De Luca senza la “manna divina” del covid 19 avrebbe perso le elezioni. Il popolo, costatato l’origine divina del flagello, ha confermato il conosciuto-sperimentato, non rischiando coll’incerto-seminuovo. Il mutante covid 19, la seconda e, forse, la terza ondata pandemica consiglieranno i casertani, guidati da capizona e pasdaran a riconfermare sindaco di Caserta Carlo Marino. Così è detto, così è divinamente stabilito, così sarà.
È inutile sognare la “città che vogliamo”.
La tecnologia e modernismo hanno cambiato usi e costumi. Internet influenza mode e produce like insignificanti, non corrispondenti a fatti e azioni. Il 70% degli scrittori da tastiera non capisce niente, scrive di argomenti che non conosce, sempre uguali, ripetitivi e noiosi. Ovvietà, elencazione scontata delle cose assenti e desiderate. Il web non concede discussioni, smarrisce lucidità d’analisi, addormenta intelligenza e eleganza. Solo in pochi mantengono distacco e non subiscono coinvolgimenti emozionali. Il web ha interrotto il rapporto tra vertice e base impedisce il dialogo, acuisce permalosità e intemperanze. Siamo sconosciuti a noi stessi e abbiamo dilatato l’incomunicabilità generazionale. Manca la partecipazione all’agone politico con l’aggiunta del timore di mettersi in discussione. Di contro c’è il “nocciolo duro” dei “politici storici”. Questo campo è strutturato, bene organizzato e, negli anni, ha fatto corpo conquistando e gestendo consensi a piacimento. Non è facile combattere il “nocciolo durissimo”. La città della “pianura” è pressoché assente, tutto a vantaggio delle aggregazioni delle “frazioni(casali). È assai triste, ma questa è la realtà. A nulla servono programmi e proposte, o meglio, i programmi 3 giorni prima delle elezioni vengono “arravugliati” a favore delle convergenze magnetiche delle proprie convenienze. Caserta non è città univoca, compatta, stretta tra le proprie mura identitarie. Caserta non è. Il controllo dei consensi è demandato alla organizzazione familistica, il rispetto dell’amico, al parente, al compariello. Caserta controllata dai “capizona” possessori di voti posseduti e facili da spostare a convenienza e utilità. Non esistono più le “delegazioni” (eliminate per un falso risparmio economico e per carenza di personale), ma resistono i “delegati-capizona”, anonimi, ma esistono. Caserta ha nostalgia dei SOVRANI.
In questo stato dei fatti, chi sta nelle istituzioni è avvantaggiato.
Le mamme che si lamentano per la chiusura delle scuole, gli automobilisti per i danni causati dalle voragini stradali, i commercianti per la moltiplicazione del commercio da grande distribuzione, finiranno per confermare chi è all’origine delle LORO lagnanze. Si vive un disorientamento che di fatto induce a non scegliere, a non rischiare il nuovo (come per De Luca, non lasciare la strada vecchia perchè non sai come sarà la nuova). Meglio il male conosciuto allo sconosciuto. Inoltre ci troviamo al cospetto di maggioranza e minoranza “NAVIGATE”, veterani del controllo di voti non disposti a mollare. Nocciolo duro contro il “non visibile”, il frammentato, l’indefinito, il litigioso, l’impossibile a fare quadra. Pertanto vince sempre anche e solo l’impresentabile “nocciolo duro”.
Sindrome di Stoccarda, dipendenza psicologica o più si viene maltrattati, più ci si affeziona all’aguzzino, resta il “quadro desolante e drammatico” di una città che sopravvive alla giornata.
….lavorare per i posteri, onde questi ricavino un arricchimento dalle loro fatiche, così come essi stessi sono stati arricchiti dal lavoro degli antichi. Stia quindi pur certo di aver mancato al proprio dovere colui che, dopo aver fruito di tanti insegnamenti forniti dalla comunità, non si cura poi a sua volta di recare qualche contributo al bene comune: egli infatti non è un “albero che lungo il corso delle acque porta frutti nella sua stagione”; piuttosto è una voragine perniciosa che ingoia sempre senza restituire quanto ha ingoiato. Perciò, ripensando spesso fra me queste cose e non volendo un giorno essere tacciato di avere colpevolmente sotterrato il mio talento, desidero non solo accrescere la mia cultura, ma anche portare frutti per il bene PUBBLICO, dimostrando delle verità che altri non hanno mai affrontato. (Dante nostro padre- capitolo IV -Politica- M. Veneziani-Vallecchi-FI)