DRAMMI AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

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     –      di Nicolò Antonio Cuscunà     –          

C’è poco da stare allegri anche continuando a sperare nel miracolo di Natale, non si tratta d’essere ottimisti per vedere il solito bicchiere mezzo pieno, tra poco, oltre all’assenza del contenuto, non vedremo neanche più il contenitore.

Siamo vittime di noi stessi, della nostra cecità, del nostro assuefarsi alla corrente del fiume, alla incancrenita costumanza di girarsi dalla parte opposta dei problemi. Non dedichiamo un istante della nostra vita al tentativo di comprendere la realtà, raddrizzando testa e schiena per costruire il nostro futuro senza deleghe a nessuno. Esterniamo costumanze del peggiore fatalismo ottocentesco: “come canne piegate al vento per non farsi spezzare”. Accettiamo l’assuefazione alla tristezza, al disagio, alla rinuncia dei più semplici diritti.  Ingannati nel ricordo della più bella Costituzione al mondo, garante di libertà nel lavoro, impossibilitati a concretizzarla.  Siamo diventati soggetti non più reattivi al senso comune della vita. Ridotti alla totale assuefazione fatalista al punto d’accettare impassibili la conta dei morti giornalieri per Covid 19 (62.000 in 10 mesi). La vita umana trasformata in pallottoliere percentuale. Morte suddivisa per fasce d’età, per cui, i deceduti OVER 80 assumono un minore drammatico significato. Morte quantizzata in costi-benefici. L’anziano diventa di troppo, gravoso peso della società, non più scrigno contenitore-elargitore di affetti, valori, esperienza, storia e amore da tramandare. Il vecchio quale fardello inutile, peso o zavorra da disfarsi come un contenitore ingombrante, inutile e da smaltire per fare posto ad altri. Aspettiamo le giornaliere sceneggiate governative come le fiction patinate in TV, i soliloqui del premier come spettacolo da grande fratello. Ingozzati d’informazioni come le oche per ricavarne il foie gras. Ipnotizzati da esperti pagati e al servizio del potere, pilotati per infondere scompiglio e terrore. Disorientati al punto da perdere l’orientamento spazio-tempo e la comprensione logica degli accadimenti. I vecchi possono anche morire, i giovani vanno rinchiusi perché non inclini all’obbedienza. Libertà d’esistere e di pensare osannata a convenienza. Se i giovani vestono gli abiti di sardine esprimono libertà al servizio della democrazia, se tra loro si cercano desiderosi di musica e discussioni, diventano espressione della becera borghesia-nera.  Nell’uno e nell’altro caso si dimentica l’insegnamento di Konrad Lorenz: “… l’essere umano quale “animale sociale ” non può vivere in gabbia ma tra i suoi simili”. I giovani ridotti a massa, pesantemente puniti con la falsa libertà dei “social”, costretti alla dad, al bonus vacanze, monopattini e biciclette, resi numero impaurito (come gli gnu nella savana del Serengeti) e imprigionati col divieto di cercarsi.  Lavoro, salute e istruzione- non più certezze in libertà, ma concessioni centellinate a pagamento e in ragione della “salvezza del Paese”.

Diritti trasformati in “concessioni caritatevoli”, finalizzati a scongiurare disordini di piazza. All’abbisogna, sempre utile lo sventolio dei fantasmi del passato.  Il fascismo, attentatore alla democrazia repubblicana, il negazionismo pandemico, persuasore per ammutolire le masse. Uomo ridotto male al punto da non comprendere le verità dalle baggianate.   Politica spettacolo, servilismo informativo espressione dei peggiori regimi assolutisti.  Governo privo di consenso elettorale, presidente del consiglio sorteggiato e non eletto. Ministri esperti d’equilibrismo dell’incompetenza, dilapidatori di risorse economiche e morali. Parlamento spogliato delle sue prerogative “costituzionali”, passacarte di decisioni ignorate e assunte altrove. Parlamento trasformato in bivacco d’armenti consapevoli del mandato a termine non rinnovabile. Votato alla sopravvivenza, non finge più la coerenza (MES e Recovery Found – Governance) per adeguarsi all’opportunismo quotidiano. Terza guerra mondiale” -1 milione e 600.000 morti-.

Come tutte le guerre, anche questa combattuta per assoggettare i popoli alle regole della geo-politica del debito. Guerra non combattuta con armi convenzionali ma pandemiche. Guerra alla quale l’Italia partecipa impreparata e con generali incapaci e improvvisati. Costretti a combattere senza armi appropriate, isolati e ricattati dagli “alleati dell’Unione monetaria”. Paese Italia tenuto sotto chiave col terrore della seconda e terza ondata d’infezioni. Carenza e inadeguatezza di strutture ospedaliere, decessi di medici ed infermieri, deleghe decisionali a cosiddetti esperti, sono l’esatta foto-istantanea del fallimento “Conte & C.”.

Guai grandi e guai piccoli. Dal governo centrale ai periferici.

Diritti negati. Lavoro, sicurezza, studio, i principali pilastri delle società, negati o in minima parte concessi. Da Roma a Napoli passando per Caserta, unica e costante desolazione. Accontentati, gabbati, turlupinati e distratti da falsi miti o fantasmi da combattere. “Maradona o prima gli italiani”, sono rami dello stesso albero produttore di frutti con cui nutrire babbeità per le masse.

Cosa fare, come cambiare?

L’aumento di povertà materiali e sociali tamponate con “pannicelli caldi” riempitivi dello stomaco. Reddito di cittadinanza o reddito universale sono entrambi “catene dell’uomo schiavo”. Lotteria dello scontrino, ultima invenzione per il popolo inerte e fatalista. Popolo accontentato, gabbato, credulone-speranzoso, consigliato a stare buono col ricorso alla “dea bendata”. Uomo passivo, non pericoloso e mite, spugna assorbente senza diritti, prigioniero delle Sue miserie.

L’uomo diventa libero solo quando diventa artefice del proprio destino. Destino quotidianamente costruito con l’assunzione di coscienza di se. L’uomo consapevole di doveri e diritti rispetto al “prossimo” di cui dev’essere parte attiva.  L’uomo realizzato nella gioia del proprio lavoro, consapevole del bene creato per sé e per il proprio Paese.

Queste sono le regole che hanno mosso il mondo fin dagli albori. Regole smarrite in tutto o in parte ma mai superate.  L’uomo desideroso e bisognevole di sola materia diventa strumento assoggettato all’economia, e questa, genera solo “guerre”. Le guerre generano solo morte.