ROMA – Diventa sempre più urgente la definizione di un piano strategico per il settore tabacchicolo nazionale. Quanto resta del settore in Italia non può essere messo ulteriormente in discussione per l’assenza di scelte politiche e provvedimenti normativi e di incertezze di mercato. Lo ha sottolineato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti intervenendo al webinar sul futuro della filiera del tabacco. L’incontro è stato promosso da Confagricoltura, Cia Agricoltori e Unitab.
Giansanti ha indicato le priorità: politica nazionale per il comparto, con una grande attenzione ai cambiamenti necessari, in termini di innovazione e sostenibilità; impegni concreti e pluriennali delle major a continuare ad investire in Italia; migliore gestione di tutta la filiera proiettata nel lungo periodo.
Altro aspetto su cui intervenire, per il presidente di Confagricoltura, è quello legato alla fiscalità del settore. Va semplificato l’attuale impianto normativo, rimuovendo tecnicismi complessi, programmando gli eventuali incrementi fiscali, per evitare brusche variazioni della domanda, e contestualmente garantire gettito per lo Stato ed equità fiscale.
La situazione di stallo e di indecisione sia sui prezzi, sia sul prodotto realmente consegnato a fronte del contrattato – anche a causa delle numerose calamità atmosferiche – da troppo tempo non permette alle aziende una programmazione appropriata della coltivazione e dei relativi nuovi investimenti necessari, tutto ciò a fronte della concorrenza sempre più agguerrita dei mercati internazionali.
“Siamo di fronte a un settore che, nonostante la contrazione dei volumi prodotti negli ultimi anni, ha saputo mantenere la sua vitalità, facendo della sostenibilità, della qualità e dell’aggregazione i propri punti di forza – ha osservato Massimiliano Giansanti -. Quello che chiediamo è un vero e proprio progetto di resilienza. Cogliere le difficoltà del momento per riemergere più forti di prima”.
Confagricoltura ha posto in evidenza come, nel giro di appena sei anni, il numero dei produttori delle due principali varietà sia diminuito del 43% (-35% per il Burley, -24% per il Bright), passando complessivamente da 2.269 a 1.327 imprese. Solo una parte delle superfici dismesse sono state recuperate da agricoltori che hanno continuato a coltivare, ampliando le proprie superfici. Ciò ha portato ad una riduzione complessiva delle produzioni consegnate delle due varietà del 29%. La produzione totale di Bright e Burley è passata da 50.200 tonnellate del 2014 a 36.100 stimata per il 2020.