LE EMOZIONI SONO TUTTO NELLA VITA, E QUANDO SIAMO MORTI È FINITA

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PEPPE ROCK scaled LE EMOZIONI SONO TUTTO NELLA VITA, E QUANDO SIAMO MORTI È FINITAChe incanto, le emozioni! Ci esaltiamo nel vederci sempre un’espressione della Natura, del cuore, dell’anima e si sa tutto quello che è naturale viene percepito (da me no) come cosa sana, ma poi è proprio così? L’innamoramento per esempio è un’emozione, tra le più belle, ma quando passa è una catastrofe, soprattutto se a uno passa e all’altro no. Il motivo più crudele di chi lascia qualcuno è proprio in quel “non ti amo più”, non provo più nulla per te, levati dalle palle. Quasi non fosse una colpa. E in realtà non lo è, quindi? Che valore avrà l’amore, se non dipende da noi?

Una volta le emozioni erano semplicemente definite «passioni» o «accidenti dell’anima», poi dal 1830 in poi prendono il nome attuale, tutto merito di Thomas Brown, filosofo inglese. Invece a sviscerarle in tutta la loro Natura biologica fu l’immenso Charles Darwin, con un saggio del 1872 “L’espressione delle emozioni dell’uomo e negli animali”. Non ci sentiamo responsabili delle nostre emozioni perché gli attribuiamo una Natura animale, quindi non umana, non cioè legata alla ragione. La ragione, quindi la razionalità, è continua rimozione delle emozioni dunque, ossia di quella parte del cervello che le provoca: l’amigdala, nascosta nella profondità dei lobi temporali. Provare rabbia è umano per esempio, saltare addosso a qualcuno per morderlo come farebbe uno scimpanzé molto meno. Eppure si chiama istinto, che è tutto ciò che ci lega a tutti gli altri esseri viventi, e quando ci fa comodo lo elogiamo, altre volte lo condanniamo.

Quante emozioni esistono? Più di quanto crediamo di saperne. Se volete conoscerle tutte basta dare un’occhiata all’Atlante delle emozioni umane (Tiffany Watt Smith), pubblicato nel 2015. Ne ha catalogate ben 156, non poche, ovviamente dalle più comuni come l’allegria, la rabbia, l’apatia, il coraggio, la curiosità, la delusione, l’eccitazione, e molte altre di cui non avete mai sentito parlare ma abbiamo tutti una volta provato. Per esempio esiste la noia e la paranoia, ma anche la pronoia, cioè quella strana e inquietante sensazione che si prova quando vi sembra che tutti vogliano farvi solo del bene. Io la provo spesso, dai miei genitori, i miei fratelli e da chi mi vuole bene, che si preoccupano se fumo, se mi alcolizzo, se sono depresso o di come mi alimento, cosa mangio e cosa non mangio, ora però posso finalmente dirgli che così mi stanno rompendo le palle e vado in pronoia. Che bello.

Poi esiste l’ambiguofobia, che è invece un’invenzione di David Foster Wallace, descrive il disagio che proviamo quando concediamo spazio alle interpretazioni degli altri, e io, da Persona amante della scrittura, questa la provo ogni volta che qualcuno cerca di spiegarmi un mio post Facebook o un mio articolo, come se non lo sapessi già di mio.

Non parliamo poi della basoressia, ossia l’impulso improvviso di baciare qualcuno, a chi non è mai capitato? È così naturale! Se noi umani ci comportassimo come gli altri animali ci processerebbero per molestie, perché gli altri animali, come ad esempio i cani, per conoscersi si annusano tranquillamente i genitali, se lo facesse un essere umano sarebbe affetto da genitoressia, e non che non ce ne venga la voglia ma mica possiamo metterci ad annusarci.

Esiste poi la cybercondria, catalogata tra le emozioni scoperte di recente, chiamata così quando si è dipendenti da pc e cellulari, e può portare a sentire il tecnostress, oggi chi non è un tecnostressato? Io, al contrario, sono tecnostressato quando non ho una connessione a cui attaccarmi.

Mentre in luogo affollato, per esempio proviamo l’ansia da squillo, squilla un cellulare e iniziamo a frugarci addosso senza sapere se è il nostro.

Quasi tutte le Donne, invece, sono colte da Broodiness, l’istinto alla cova, cioè ogni volta che vedono un neonato o un bambino piccolo, soprattutto se non sono madri.

Esistono poi emozioni segretissime, non dichiarabili, riservate, come la Schadenfreude, quel brivido di gioia inaspettata che proviamo quando veniamo a sapere della tragedia che ha colpito qualcun altro. Aspettare invece qualcuno guardando freneticamente dalla finestra è un’ansia chiamata Iktsuarpok, da noi assimilabile all’ansia di ricevere la risposta di un messaggio Whatsapp o controllare le reazioni di un nostro post su Facebook.

L’eccitazione, invece, nasce da scariche di noradrenalina, di epinefrina, e di dopamina, e chi è responsabile delle proprie eccitazioni? A me una volta successe di avere un’erezione, quando, passeggiando, mi comparve d’improvviso Cristina D’avena e dopo due chiacchiere glielo dissi pure e lei si offese. Ma come, non sono importanti le emozioni? Non era un naturale, meraviglioso omaggio alla bellezza? Non è forse stata una dichiarazione emotiva molto più sincera di un bel mazzo di rose rosse?

PepPe Røck SupPa