– di Vincenzo D’Anna* – Abbiamo già trattato, dalle colonne di questo portale, alcuni aspetti non certo esaltanti che riguardano le manchevolezze del ceto politico locale. In special modo l’incapacità di saper fare lavoro di sintesi e fronte comune, per la migliore tutela degli interessi della provincia di Terra di Lavoro. Insomma, di aver accentuato il senso di impotenza decisionale che impera attorno ai tavoli politico-sociali-imprenditoriali ove le forti volontà e gli interessi “napolicentrici” la fanno da padrone. Scomparsi i partiti politici (poco più che ectoplasmi quelli oggi operanti a Caserta), la babele delle liste civiche sagacemente organizzate dal leader maximo Vincenzo De luca – anch’egli stabilmente ondivago, politicamente parlando – ha fatto il resto. Ecco allora una squadra di eletti in Consiglio regionale sparpagliata e scompaginata su di un vasto fronte civico e quindi verosimilmente dedita a dare attenzione a problemi ed interessi politico amministrativi, per lo più orientati verso singole realtà municipali. Un mercato da piccolo cabotaggio, per intenderci. Uno dei rilievi mossi a questi improvvisati “Re Travicelli” della famosa fabula di Esopo, è l’assenza di una vera capacità contrattuale nei confronti del “padre padrone” De Luca, in grado di incidere e decidere sui grandi problemi che attanagliano, da decenni, la vasta comunità provinciale casertana. Uno dei principali punti deboli rilevati in questa compagine? L’incapacità di sintonizzarsi tra loro, nonostante pure operino nella medesima maggioranza di governo di governo, e di rendersi così disponibili nel concorrere al “divide et impera” dell’ex sindaco di Salerno. Latitante da tempo è anche la rappresentanza parlamentare. E questo vale anche per onorevoli e senatori noti e di lungo corso, magari rinnovati nei mandati eppure mai pervenuti ad una proposta, una protesta, un interpello. Una delle principali critiche da deficit politico, evidenziate sia per il livello regionale che nazionale, è stata inoltre quella riferita alla colpevole incuria di non aver mai fatto fronte comune per tutelare e sostenere le istituzioni sanitarie casertane anche nel tempo della pandemia. Sembra quasi che Caserta e la sua provincia vivano in una sorta di aurea sufficienza sanitaria, con una rete ospedaliera adeguata, un’area territoriale di servizi distrettuali organizzata, una rete specialistica a gestione pubblica e privata accreditata efficiente ed operante, un eccellente programmazione ed un finanziamento adeguato al reale fabbisogno delle prestazioni specialistiche. Ahimè! Solo una chimera questo ipotetico stato di ragionamento. Quindi aleatoria come la soddisfazione delle reali esigenze di salute da parte dei casertani!! La verità? Siamo alle prese, da anni ormai, con il blocco delle prestazioni specialistiche ambulatoriali (analisi, radiografie, visite specialistiche varie). Un triste ritornello che si perpetua a partire dall’esaurimento dei budget di spesa nell’ultimo trimestre dell’anno, con l’aggravante della chiusura degli ambulatori direttamente gestiti dalla Azienda Sanitaria a causa del Covid. Alla fine, nel silenzio generale, ecco il politico di turno pronto a dissertare sulla “funzione pubblica del servizio sanitario” confondendolo con la gestione statale del servizio medesimo. Orecchianti che ripetono quel che hanno sentito dire e dei quali l’unica traccia di attività che ne segnali la presenza negli ambiti socio sanitari, è il tramestio quotidiano della svariata sequela di raccomandazioni per i galoppini elettorali di turno. Tuttavia, in queste ore, sale un’astiosa contestazione a mezzo stampa o quantomeno di quella stampa meno supina alla politica cosiddetta del “quieto vivere”. Sostanzialmente vengono evidenziati, da parte di certi organi d’informazione, dati di positività al contagio da coronavirus piuttosto elevati in provincia e, successivamente, si punta il dito sui ritardi e le insufficienze organizzativi anti Covid. Altro che sanità che funziona!! I fatti, d’altronde, sono opinioni testarde e col virus diventano addirittura incontrovertibili. Potremmo anche azzardare giudizi più aderenti al vero per una collettività che spesso scopre le insufficienze del sistema sanitario solo quando ne diventa utente e vittima al tempo stesso. Un discorso, quest’ultimo, che ci porterebbe lontano, fino a fare l’analisi della mentalità, dei comportamenti civici, delle scelte politiche di una collettività abulica e disincantata fino a che non si accorge della fallacia dell’intero apparato, burocratico e statalista, della gestione pubblica in sanità. Gestione rivolta alle rendite elettorali che questa garantisce ai politici del momento. Ma in tempo di emergenze eccezionali il comune sentire dovrebbe essere improntato alla concordia, alla critica costruttiva e pacata. Se le ambulanze non arrivano, se i posti per i ricoveri nei centri anti Covid si esauriscono è certo il caso di evidenziarlo. La consapevolezza poi di ricordare che scontiamo antiche carenze in campo sanitario a Caserta e provincia dovrebbe aprire al dialogo ed al sostegno con coloro che governano la macchina sanitaria. Insomma: si svegli sia la protesta che la proposta. I dati veri e complessivi narrano di più tamponi effettuati e quindi di più positivi emersi. Ma non si conteggia la maggiore gravità del morbo dal numero dei positivi al tampone, essendo spesso fallaci i risultati di quelli rapidi “fai da te” e perlopiù a carico di soggetti asintomatici. Caserta sconta anch’essa scelte e strategie sbagliate assunte dal Governo e adeguatamente drammatizzate da De Luca. Questi bene sa che il sistema sanitario regionale risponde ad altre logiche ed e tuttora fatto di cartapesta, regolato dalla politica non dall’efficienza e dalla sufficienza. Tuttavia il virus non fa sconti. Caserta, oh cara.
*già parlamentare