OMICIDIO DI MARIELLA CIMÒ: ANALISI DI ALCUNE DICHIARAZIONI DI SALVATORE DI GRAZIA

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malke OMICIDIO DI MARIELLA CIMÒ: ANALISI DI ALCUNE DICHIARAZIONI DI SALVATORE DI GRAZIA   

 –          di Ursula Franco  *      –    

In Statement Analysis partiamo dal presupposto che chi parla sia “innocente de facto” e che parli per essere compreso. Pertanto, da un “innocente de facto” ci aspettiamo che neghi in modo credibile e che lo faccia spontaneamente. Ci aspettiamo anche che nel suo linguaggio non siano presenti indicatori caratteristici delle dichiarazioni di coloro che non dicono il vero.

Un “innocente de facto” non ci sorprenderà, negherà in modo credibile già nelle prime battute.

Un “innocente de facto” mostrerà di possedere la protezione del cosiddetto “muro della verità” (wall of truth), un’impenetrabile barriera psicologica che permette ai soggetti che dicono il vero di limitarsi a rispondere con poche parole in quanto gli stessi non hanno necessità di convincere nessuno di niente.

Da Salvatore Di Grazia ci aspettiamo pertanto che neghi in modo credibile di aver ucciso sua moglie e che possegga il cosiddetto “muro della verità”. 

Una negazione credibile è composta da tre componenti:

  1. il pronome personale “io”;
  2. l’avverbio di negazione “non” e il verbo al passato “ho”, “non ho”;
  3. l’accusa “ucciso tizio”.

La frase “io non ho ucciso mia moglie Mariella”, seguita dalla frase “ho detto la verità” o “sto dicendo la verità” riferita a “io non ho ucciso mia moglie”, è una negazione credibile. Anche “io non ho ucciso mia moglie, ho detto la verità, sono innocente” è da considerarsi una negazione credibile. Una negazione è credibile non solo quando è composta da queste tre componenti ma anche quando è spontanea, ovvero non è pronunciata ripetendo a pappagallo le parole dell’interlocutore.

MARIELLA CIMÒ SALVATORE DI GRAZIA OMICIDIO DI MARIELLA CIMÒ: ANALISI DI ALCUNE DICHIARAZIONI DI SALVATORE DI GRAZIA
SALVATORE DI GRAZIA e MARIELLA CIMÒ

– Da un’intervista rilasciata a Simone Toscano

Salvatore Di Grazia: Non c’è una prova, perché non c’è nemmeno… dove sono i ragionamenti… che fanno? Ah questo, quello, quel… abbiamo fatto. Ma che cosa avete fatto? Cosa c’è? Da che cosa si deduce che io ho ucciso mia moglie?

Di Grazia, invece di negare di aver ucciso sua moglie Mariella, cerca di convincere il giornalista che gli inquirenti non abbiano provato l’omicidio. Trentotto parole contro una decina di parole che gli sarebbero bastate per negare in modo credibile. Peraltro, il Di Grazia ha condito la sua tirata oratoria con una bella ammissione tra le righe: “io ho ucciso mia moglie”.

Salvatore Di Grazia: Se tutti gli adulte… gli adulteri, in Italia, mmmm… commettessero omicidio, mi pare che non ci… nnnn… non ci si troverebbe più… non ci sarebbero più né mo… mogli né mariti.

Ancora una tirata oratoria di trenta parole che non equivale ad una negazione credibile e rivela il bisogno del Di Grazia di nascondersi tra la folla.

– Uno stralcio delle dichiarazioni spontanee

Salvatore Di Grazia: Consentitemi di leggere queste poche note che ho vergato. Sono nato nella primavera del 1936 sul versante dell’Etna che degrada verso il mare dei ciclopi […] Non ho mai forzato i confini etnici e giuridici. Ho lavorato dall’età di 15 anni a tutt’oggi […] Tralascio per ovvie ragioni di tempo i miei trascorsi di vita fino all’incontro con mia moglie che avvenne il 28 dicembre del 1968. Eravamo entrambi travolti dalla tempesta della vita. Io affranto e stordito dal dolore per la perdita di un figlio di 4 mesi frutto di un disastroso matrimonio andato in frantumi. Lei affannata a raccogliere gli esigui cocci di vita esitati da una tormentata relazione con un uomo rivelatosi sposato con moglie e figli. Ci siamo abbracciati per salvarci e lo siamo rimasti per 43 anni. Ancora oggi mi ha creato innumerevoli notti insonni, non riesco a capire e giustificare cosa sia successo il 25 agosto 2011. Ma neanche gli inquirenti del resto hanno capito. Hanno deciso anche in assenza di prove per l’inverosimile teorema dell’omicidio […] Sono stato eee… 53 giorni in carcere, sono stato assegnato per 3 anni ai domiciliari  e un anno all’obbligo di firma e dal 4 luglio del 2017 obbligo di presentazione alla autorità e sono stato finalmente dichiarato libero il primo ottobre del 2018 oggi sono qui dinanzi a voi per essere nuovamente giudicato perché forte della mia innocenza che mi è… aiutato a superare indenne questi 7 anni […] Questa Corte prevalente per genere, che in un processo per femminicidio scoraggerebbe chiunque, ma io conosco molto bene le donne tanto da sapere che l’utilizzo di un diverso emisfero cerebrale le pone in condizioni di pensare e decidere con più umanità. […] Sicuro della vostra scrupolosa attenzione confido in una serena esegesi degli eventi che certamente condurranno alla verità reale che diventerà giudiziaria con un ineluttabile riconoscimento della mia innocenza.

Solo questi stralci raggiungono le 293 parole, molte in più delle 10/13 parole che sarebbero bastate a Salvatore Di Grazia per negare in modo credibile di aver ucciso sua moglie.

“Non ho mai forzato i confini etnici e giuridici” non è una negazione credibile perché atemporale e aspecifica.

Dicendo “Ho lavorato dall’età di 15 anni a tutt’oggi”, “Io affranto e stordito dal dolore per la perdita di un figlio di 4 mesi frutto di un disastroso matrimonio andato in frantumi”, “Ci siamo abbracciati per salvarci e lo siamo rimasti per 43 anni”, “Sono stato eee… 53 giorni in carcere, sono stato assegnato per 3 anni ai domiciliari  e un anno all’obbligo di firma e dal 4 luglio del 2017 obbligo di presentazione alla autorità”, “Questa Corte prevalente per genere, che in un processo per femminicidio scoraggerebbe chiunque, ma io conosco molto bene le donne tanto da sapere che l’utilizzo di un diverso emisfero cerebrale le pone in condizioni di pensare e decidere con più umanità” il Di Grazia tenta di ingraziarsi la Corte. Si tratta del cosiddetto “Ingratiation Factor”. 

Si noti l’uso della parola “giustificare” nel seguente stralcio: “Ancora oggi mi ha creato innumerevoli notti insonni, non riesco a capire e giustificare cosa sia successo il 25 agosto 2011”. “Giustificare” cosa?

Si noti la presenza di “anche” nel seguente stralcio: “Hanno deciso, anche in assenza di prove, per l’inverosimile teorema dell’omicidio”.

Riguardo ai due riferimenti alla sua innocenza: “forte della mia innocenza”, “ineluttabile riconoscimento della mia innocenza”, dirsi innocenti non equivale a negare l’azione omicidiaria. Peraltro, all’epoca di queste dichiarazioni spontanee, Di Grazia “innocente de iure” lo era.

CONCLUSIONI

Salvatore Di Grazia non solo non ha mai negato in modo credibile di aver ucciso sua moglie Mariella Cimò e ha mostrato di essere un manipolatore, ma ha ammesso di averla uccisa.

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ursula franco 1 OMICIDIO DI MARIELLA CIMÒ: ANALISI DI ALCUNE DICHIARAZIONI DI SALVATORE DI GRAZIA* Medico chirurgo e criminologo, allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari