DIVIDE ET IMPERA=DIVIDI E CONQUISTA. DIVISIONI, RIVALITÀ, DISCORDIA GIOVANO A CHI VUOLE DOMINARE

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       –         di Nicolò Antonio Cuscunà           –   

Carlo Calenda si candida a sindaco di Roma? Il PD non sbatte la porta in faccia al sostenitore dell’area AZIONE, recepisce la necessità di “aprire il confronto” oltre la sinistra per interrompere le “nefandezze della Raggi”. Da parte sua la Raggi, consapevole di non avere più i consensi dei romani e dei 5 Stelle, fugge in avanti per vendere cara la pelle. Il Centro-destra apre oltre i partiti guardando al modello vincente di Genova e Venezia- Bucci – Brugnaro- sindaci di area ma non di partito.

I 5 Stelle aprono alle liste civiche ed all’associazionismo.  Di Maio intuendo l’avvicinarsi di fine corsa e l’arrivo di tutti i nodi al pettine, punta ai cittadini auspicando alleanze con altri schieramenti con programmi condivisi.  Sono lontani i tempi in cui sottoscriveva accordi di governo con Salvini (1° governo Conte) pur di non confondersi col diavolo del PD.  Di Maio, persa la “turris eburnea” -verginità- si palesa disponibile a “miti consigli” e creste abbassate. Le ultime elezioni amministrative regionali e referendarie, di fatto, hanno sancito la liquefazione del movimento pentastellato. Movimento in lenta trasformazione in partito, oramai e forse, non in grado di fare neanche la stampella al PD.  Di Maio consapevole del tempo residuo rimastogli, punta solo al secondo turno -ballottaggi- nel tentativo di fare l’ago della bilancia pur di salvare il salvabile e, (DIBA permettendo) potrebbe svendere la Raggi e Appendino.

A Roma, per l’area Liberal-riformista, Calenda potrebbe rappresentare la ciliegina sulla torta caduta al posto ed al momento giusto. Per il PD di Zingaretti ricorrere alle primarie, per la scelta del candidato sindaco, non sarebbe cosa semplice. Le primarie oltre a dilanianti sono divisive. Le amministrative di Roma, uniti o divisi, per PD e M5S sono determinanti alla vita del Governo Conte 2°. Ed a meno di un miracolo Roma Capitale verrà discussa fuori sacco e non al tavolo degli altri capoluoghi di regione e province.    Milano, Napoli, Torino -Caserta, Benevento e Salerno, e tutti gli altri capoluoghi di regione e provincia, come dichiarato da entrambi gli schieramenti – CD e CSX-, verranno discussi in un tavolo romano con manuale Cencelli alla mano. A Caserta, i rappresentanti di Lega, FdI. e FI fingendo di non saperlo, arrancano nella formazione delle liste ma abbondano in promesse di sindacatura.

Trovare il “matto pure competente” disposto a sacrificarsi per Roma non è neanche di Enrico Letta, per cui un doppio paccotto alla Raggi accontenterebbe tutti, anche i grillini. Quest’intendimento chiamato Calenda potrebbe rappresentare la fine del “martirio Roma capitale”.

Per il momento non è così per Caserta. Un altro “matto competente” servirebbe ma non è facile trovarlo. Per sconfiggere Marino è d’obbligo la celebrazione del 2° turno. Il ballottaggio dev’essere l’obiettivo del mondo antagonista e avverso all’attuale podestà di Caserta.  Al momento, nella fungaia della città della Reggia nascono candidati sindaci come chiodini, porcini e champignon. Non s’individuano linee di demarcazione ideologiche, programmatiche, metodologiche, strategiche e di dignità. Alle fughe in avanti per non cadere in dietro, s’assiste allo scollamento degli schieramenti politici nazionali. I partiti del centrodestra continuando a non dialogare tra loro, come ordinato dai vertici, RISCHIANO LA CAPORETTO.    La sinistra divisa, frazionata e confusa, per riparare i danni politici e d’immagine causati dal “corpo estraneo” Carlo Marino, tenta su due fronti. Uno parallelo votato al cambiamento è fermamente giurato contro l’uscente sindaco. L’altro, quello possibilista, è intenzionato al mantenimento di poltrone e guadagni, allestisce liste di PEONES con la testa di ponte della “NAZIONALE degli USCENTI”. Riusciranno a portare a termine il campionato -elezioni- senza contrarre infezioni da “Covid 19”?

Come in evidenza sono tutti intenti ad imbandire tavoli, ad invitare commensali, a preparare manicaretti e nessuno rammenta che a fine pasto si deve pagare il conto. La somma dei consumi l’addiziona l’oste e, questo, sono i cittadini alle urne. L’oste, come il “padreterno”, pretende il pagamento tutti i giorni non solo la domenica.