(f.n.) – La morte di qualcuno che ci è caro, può essere solo dolore o qualcosa di più crudo e dilaniante…può essere dolore e rabbia, dolore e scoramento, dolore ed impotenza…può essere dolore e rimpianto intriso di “se avessero…forse”. Succede ad Aversa, all’Ospedale Moscati…un’altra morte che lascia dietro di sé dubbi e tormenti…una storia recente raccontata da un congiunto di un signore di 60 anni che, per ragioni di privacy, chiameremo Roberto, deceduto il 31 agosto u.s. Intorno alla metà di agosto, il signor Roberto fu ricoverato in codice rosso all’Ospedale Moscati di Aversa, a causa di una crisi respiratoria. Ai parenti fu comunicata la diagnosi di polmonite bilaterale interstiziale. Dal Pronto Soccorso il signor Roberto, fu trasferito nella UOC di Medicina generale; una dottoressa del reparto, riferì ai parenti che si sospettava che il paziente fosse affetto da Covid 19, ne presentava infatti tutti i sintomi e del resto la diagnosi stessa di polmonite interstiziale lo confermava. La dottoressa riferì inoltre, che il signor Roberto, era stato sottoposto a due tamponi con esito negativo ed avrebbero voluto farne un terzo perché “sembrava proprio che il paziente avesse il Covid”. Il congiunto del signor Roberto si chiedeva per quale motivo, dopo due tamponi negativi, si avesse ancora il dubbio che potesse trattarsi di Covid 19 e per quale motivo, con un dubbio simile non lo trasferivano nel reparto di Terapia intensiva o in isolamento e lo lasciavano nel reparto di Medicina assieme agli altri pazienti…Dopo qualche giorno il signor Roberto, iniziò a migliorare ed il suo parente dimenticò le domande ed i dubbi che lo avevano assillato, anche se molto altro in quel Presidio lasciava a desiderare…Il signor Roberto non era monitorato in alcun modo e molte volte raccontava ai parenti, che si recavano a trovarlo, che di notte le luci delle stanze venivano spente completamente e gli infermieri non passavano mai nel corso della notte, per controllare se i pazienti stessero bene o avessero problemi. Nell’orario di visita dalle 13 alle 14, il signor Roberto lamentava sempre una forte arsura e chiedeva continuamente acqua…spiegando che quando chiamava gli infermieri, costoro non rispondevano mai. Immaginiamo che sia già in atto una gara a colpi di “ma quando maiiii”, “noi rispondiamo sempre”…ebbene non è così, a quanto pare…Ma procedendo con il racconto del congiunto del signor Roberto, apprendiamo che un giorno, durante l’ora delle visite, un compagno di stanza del signor Roberto, iniziò a stare male…qualcuno chiamò i medici e li chiamò ripetutamente, ma soltanto mezz’ora dopo, arrivarono ed uno di essi, dopo aver visto il paziente dichiarò, con la classe che distingue alcuni campioni della nostra Sanità: “questo sta più là che di qua”…e se ne andarono…Il paziente, come raccontò lo stesso signor Roberto, fu trovato morto dagli infermieri, il mattino dopo. Immaginiamo che, leggendo il resoconto di come funziona la sanità al Moscati, qualcuno sfilerà la solita litania di pessimo gusto sull’accanimento mediatico contro i “santi” e qualcun altro presenterà la solita querela stantia e qualcun altro ancora imprecherà, ma nessuno di coloro che navigano a pagamento nelle paludi del nulla, si passerà la mano sulla coscienza. Proseguiamo nella ricostruzione degli ultimi giorni del signor Roberto. Trascorsi 15 giorni dal ricovero, il medico che lo aveva in cura, disse che avrebbe voluto dimetterlo perché stava meglio, ma il paziente, avrebbe dovuto alzarsi dal letto gradualmente, perché, dopo 15 giorni di immobilità, muovendosi avrebbe potuto avere un’altra crisi…Un’altra crisi?, respiratoria?, cardiaca? Non lo sapremo mai… il 31 agosto, a casa del signor Roberto arriva una telefonata: purtroppo il signor Roberto è deceduto. I congiunti si precipitano in Ospedale ed una dottoressa, secondo gli stessi, mai vista prima, perché appena rientrata dalla ferie, dichiara che aveva fatto alzare il signor Roberto per farlo andare in bagno…Ma come?, il medico del giorno prima, non aveva dichiarato che non avrebbe dovuto alzarsi? I parenti del povero signor Roberto sospettano, che anche il loro congiunto, come qualche tempo prima, il suo vicino di stanza, sia morto da solo di notte ed i sanitari, ne siano accorti soltanto il giorno dopo. I parenti ritenendo di avere il diritto di conoscere le cause della morte del signor Roberto, si recano dal primario della Uoc di Medicina, il quale, pare abbia riso loro in faccia mentre il caro dottor Arcangelo Correra (caruccio) rifiutandosi di parlare con loro si dava coraggiosamente alla fuga, inseguito dai parenti, per andare a rinchiudersi nella sua stanza. Dopo qualche insistenza, “cuor di leone” si decideva ad ascoltare le richieste dei parenti, che desideravano ricevere spiegazioni chiare, sulla morte del loro congiunto… ma… l’uomo dal ricciolo bruno e ribelle, troppo a lungo imprigionato sotto alla bandana, visibilmente spazientito, sbottava improvvisamente e li accusava di avere aggredito un pubblico ufficiale, minacciando inoltre di chiamare la polizia. A questo racconto che ripropone con forza, un saggio significativo dell’arrogante gestione del Moscati ed avanza l’ipotesi calzante di una approssimazione perniciosa nella cura e nell’assistenza del paziente, si aggiunge e non poteva mancare la nobile impronta del signor Correra, nonostante a noi risulti che forse in quel periodo avrebbe dovuto essere in quarantena, o no?
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