– di Vincenzo D’Anna * –
Un popolo frastornato, intimorito e disinformato si avvia stancamente e senza soverchie illusioni alle urne. Non sono poi molti quelli convinti di andare a votare, nella speranza che le cose, in generale, possano realmente migliorare.
Quali cose precisamente? Ecco gli auspici. Che l’era del SARS-CoV-2 possa affievolirsi con il mutare genetico del virus verso forme sempre meno aggressive e letali e che il progredire dei sistemi di cura trasformino la malattia in una normale influenza curabile a casa. Che la politica italiana ritrovi incisività e prestigio. Che l’economia, rifocillata dal cospicuo intervento keynesiano, ancorché prodotto con soldi del debito statale, riprenda slancio e produttività. Che ci assista la genialità e l’inventiva italiana e, perché no, anche lo stellone della fortuna da sempre invocato nel Belpaese.
Oltre alle schede predisposte per le elezioni amministrative, comunali e regionali, in quei contesti ove si rinnovano Municipi e Regioni, gli elettori di tutta Italia riceveranno la scheda per il quesito referendario. Un referendum confermativo della legge approvata dal Parlamento che ha modificato la previsione sul numero di deputati e di senatori previsti dalla carta costituzionale. Duecento deputati e cento senatori in meno, che saranno eletti in futuro, se dovessero vincere i SI sancendo la conferma della legge.
Sui motivi del referendum poche le informazioni corrette. Moltissima, invece, la disinformazione. La legge che taglia la rappresentanza dei cittadini in Parlamento è un vecchio cavallo di battaglia dell’antipolitica, ovvero di tutti quei movimenti e partiti politici sorti negli ultimi trent’anni in Italia. Paradossalmente, tutti coloro che hanno cavalcato la tigre della demagogia del populismo, della critica aspra, spesso omissiva e mendace, contro le istituzioni politiche e parlamentari, hanno poi finito per vincere le elezioni sorretti dall’enfasi di un popolo protestatario per natura che spesso sfoggia faccia tosta e memoria corta. Con l’aiuto dei social e della loro capillare diffusione, artefice una puntuale campagna di false notizie e di esagerazioni, talune menzogne sono assurte a verità, perché quelle notizie venivano condivise ed amplificate acriticamente dagli utenti del web.
La storia di cinquant’anni di consociativismo parlamentare, sindacale, imprenditoriale e di leggi connesse a quella pratica gestionale, cancellate del tutto. Scomparsi come d’incanto milioni di beneficiati da leggi compiacenti senza coperture di spesa, restavano sul banco degli imputati i soli legislatori e, più in generale, il ceto politico e parlamentare. Innanzi a questa opera di stravolgimento della storia italiana, il popolo trovava una propria palingenesi che lo emendava da ogni colpa e da ogni pregresso beneficio, da ogni pratica clientelare, nel mentre chiunque avesse fatto politica veniva linciato dalla furia iconoclasta dell’antipolitica. Un combinato disposto, una miscellanea di azioni concordi di moralisti, giustizialisti, protestatari di ogni colore sostenuti da quella parte di stampa che era pronuba del disegno politico da realizzare.
Fu così che in un Paese con un debito statale di duemilacinquecento miliardi di euro, pari al centocinquanta percento del PIL annuo della nazione, la fonte di spesa da tagliare divennero lo stipendio dei parlamentari, ridotto finora del trentacinque percento, i vitalizi pensionistici, già aboliti per legge ma sempre al centro delle critiche, ed il numero stesso dei parlamentari. Un costante richiamo all’odio sociale, reclamato peraltro da tutti coloro che ancora vivono con pensioni calcolate coi vitalizi statali, baby pensioni, evasioni fiscali e contributive, lavoro nero, sussidi e redditi senza lavoro.
Ovviamente, quando l’onda della protesta antipolitica diventa consenso e quest’ultimo il mezzo per giungere al potere, le cose cambiano. Chi è al potere gestisce e si adegua, come nel gioco dell’oca che a Roma chiamano politica, e gli sconfitti diventano contestatori a parti e ruoli invertiti. Come uscire da questo pantano che ormai dura da circa trent’anni? Leggiamo la storia e ricordiamoci della rivoluzione francese. Non serve uno scontro tra giacobini e monarchici come nella Vandea. In effetti occorre veramente una riforma dell’Ancien Régime, una modernizzazione dello Stato. Occorre pero’ rintuzzare i giacobini farlocchi presenti oggi in tutti partiti, secondo le convenienze e le circostanze, con una forza riformista, moderata, forte e come tale tranquilla.
Vengono avanti, dunque, i girondini. Uomini e donne che non coltivano odio sociale, ma che non la bevono, come gli Apoti di Prezzolini. Studenti, professionisti, commercianti, imprenditori, artigiani, partite IVA, tutti coloro che chiedono riforme dello Stato senza demagogia. Occorre che scocchi una scintilla, dopo il
Referendum, e che possa partire dalle colonne di un giornale di provincia non è’ fuori luogo pensarlo. L’intelligenza non ha confini.
*ex parlamentare