– di Mariantonietta Losanno – Indizi nascosti, azioni dissimulate e grandi prove d’attore: “Contrattempo”, diretto dal regista e sceneggiatore catalano Oriol Paulo, mette in scena un raffinato gioco delle verità. Adrián Doria, businessman recentemente eletto come uomo dell’anno, è accusato del brutale omicidio della sua amante. Le prove contro di lui sembrano schiaccianti, l’unico modo per cercare di essere scagionato è assumere -su consiglio del suo fidato collaboratore- una rinomata avvocatessa che non ha mai perso una causa. Per affrontare il processo e per costruire una difesa solida, però, c’è bisogno di sapere ogni singolo dettaglio su quello che è realmente accaduto sul luogo del delitto. La regia è abile nel rendere probabile l’impossibile, insinuando dubbi e poi contraddicendosi da sola: “Contrattempo” sfida lo spettatore che partecipa ad una diabolica caccia al tesoro messa in atto con astuzia, in cui le carte vengono mescolate fino al sorprendente colpo di scena finale. Quello che sembra essere chiaro e inconfutabile, è totalmente messo in discussione: quanto si è capaci di fingere? Eppure, il regista si serve di un espediente visto e rivisto: in “Scappa – Get out”, un incidente con un cervo preannuncia un pericolo, stessa cosa in “Elle” o “La cura dal benessere”. Lo spettatore, dunque, pensa di potere condurre il gioco, immaginando come evolveranno le cose, ma il regista è sempre un passo avanti. Quando, poi, il colpo di scena viene svelato, il pubblico si rende conto del fatto che ogni indizio è sempre stato lì, di fronte ai suoi occhi, e niente è stato mai nascosto. Paradossalmente, è proprio mettendo tutte le carte in tavola che il regista riesce ad ingannare. Nessun effetto speciale, nessuna macchinazione: si deve ragionare con intelligenza, e soprattutto, con un grande senso di giustizia e di onestà. È tutto meticolosamente studiato: l’equilibrio c’è anche se non si vede.
Nel 2018 è stata realizzata una versione italiana che riprende l’originale in modo fedele: “Il testimone invisibile”, diretto da Stefano Mordini e interpretato da Riccardo Scamarcio, Miriam Leone e Fabrizio Bentivoglio. Riprendendo una sceneggiatura così valida e sostituendosi in maniera decisamente capace alla regia, il film conserva facilmente il phatos dell’originale.