– di Mariantonietta Losanno – “Cattive Acque” (Dark Waters), diretto da Todd Haynes, racconta una vicenda realmente accaduta, un caso inquietante e pericoloso a livello mondiale. Mark Ruffalo interpreta Robert Bilott, un avvocato ambientalista protagonista dell’estenuante battaglia legale durata ben diciannove anni (e non ancora conclusa) contro il colosso chimico DuPont. Con ostinazione, Bilott ha rappresentato settantamila cittadini dell’Ohio e della Virginia, la cui acqua potabile era stata contaminata dallo sversamento incontrollato di PFOA (acido perfluoroottanoico).
Ci vuole coraggio a sfidare il Potere e i Potenti, ma non solo. Non si tratta di andare in contro alla paura, quanto piuttosto di tollerare le conseguenze psicologiche di una tale azione. Bilott lentamente si consuma, perde ogni certezza, si sente solo e viene definito persino pazzo, perde l’affetto delle persone a lui più care. È quindi sufficiente avere solo coraggio? Ci vuole molto di più. C’è bisogno -paradossalmente- di un senso di incoscienza. È la salute mentale, oltre quella fisica, che viene meno.
“Cattive Acque” smuove le coscienze e invita a riflettere sul fatto che ci sono volte in cui bisogna sapersi difendere da soli, rischiando persino di guardare in faccia la morte. La pellicola è mesta, ma potente ed impegnata. Non basta neanche impegnarsi per diciannove anni per ottenere giustizia: non si smette mai di combattere. Bilott sta ancora lottando. C’è un desiderio irrefrenabile di verità, lo stesso che aveva mosso i cronisti del Washington Post in “Tutti gli uomini del presidente”: abbiamo bisogno che queste storie vengano raccontate, e ne avremo sempre bisogno.
“Cattive Acque” inevitabilmente rimanda ad altre opere simili, tutte storie vere, tutte battaglie combattute -e vinte- da uomini e donne comuni, con cui si empatizza: “Erin Brockovich – Forte come la verità”, che racconta il dramma di Erin Brockovich (interpretata da Julia Roberts, premio Oscar 2001 come Migliore attrice), una donna sola, con due divorzi alle spalle e tre figli, estremamente tenace e diretta, spesso anche sfrontata, che è riuscita ad imporsi come segretaria in uno studio legale, pur non essendo un avvocato; o “Civil Action”, in cui è l’avvocato Jan Schlichtmann (John Travolta) ad insistere per arrivare alla verità, ed infatti, con il suo piccolo studio legale fa causa a due potenti industrie del Massachusetts, colpevoli di aver inquinato le acque di Woburn provocando la morte di dodici bambini. Quello che accomuna le storie è la tenacia, la voglia di difendere la vita e di non sottostare ad abusi o a forme di coercizione.