MORTE DI DAVID ROSSI: UN SUICIDIO

1

malke MORTE DI DAVID ROSSI: UN SUICIDIO         

         –      di Ursula Franco  *      –       

Perdersi nei frames del video in cui si vede un luccichio o in quelli in cui si vede l’ombra di un passante o nelle fantasie di fantomatici festini a luci rosse, non è il modo di affrontare un caso giudiziario, l’unico approccio è l’analisi globale dei fatti da un punto di vista criminologico.david rossi MORTE DI DAVID ROSSI: UN SUICIDIO

Le Procure devono dare risposte precise su tutti i punti ai familiari dei suicidi altrimenti rischiano ciò che sta succedendo in questo caso e in altri casi simili.

I familiari di un suicida difficilmente accettano di non aver saputo interpretare i segnali del disagio psichico del proprio caro, per questo motivo le dietrologie trovano in loro terreno fertile e gli impediscono di elaborare il lutto incapsulandoli in una vita di odio, di rabbia e di battaglie legali che li devastano moralmente ed economicamente e che producono danni anche a soggetti estranei ai fatti che vengono accusati di aver commesso omicidi che nessuno ha commesso.

Non esiste un modo per cambiare gli accadimenti già avvenuti, ciò che è accaduto, una volta accaduto, resta immutabile, per questo motivo nulla può trasformare un suicidio in un omicidio. In questo caso sono agli atti fatti insuperabili che pesano come macigni sul piatto della bilancia del suicidio.

IL SUICIDIO

Dopo la morte di David Rossi, nel cestino del suo studio, sono stati trovati tre messaggi d’addio da lui scritti e indirizzati alla moglie, Antonella Tognazzi:

“Ciao Toni, mi dispiace ma l’ultima cazzata che ho fatto è troppa grossa. Nelle ultime settimane ho perso”.

“Ciao Toni, Amore, l’ultima cosa che ho fatto è troppa grossa per poterla sopportare. Hai ragione, sono fuori di testa da settimane”.

“Amore mio, ti chiedo scusa ma non posso più sopportare questa angoscia. In questi giorni ho fatto una cazzata immotivata, davvero troppo grossa. E non ce la faccio più credimi, è meglio così”.

Dalla lettura dei messaggi trapela la decisione di David Rossi di farla finita. Non solo il fatto che scriva: “Hai ragione, sono fuori di testa da settimane” è la conferma che, nelle settimane precedenti alla sua morte, David aveva manifestato difficoltà psichiche e che sua moglie, evidentemente, per spronarlo a reagire, lo aveva messo di fronte al fatto che fosse fuori di testa.rossi MORTE DI DAVID ROSSI: UN SUICIDIO

Il 4 marzo 2013, due giorni prima della sua morte, alle 10.13, David ha inviato all’amministratore delegato del Monte dei Paschi, Fabrizio Viola, in ferie a Dubai, una email dal contenuto esplicito: “Stasera mi suicido, sul serio. Aiutatemi!!!!”, avente come oggetto “help”, la riprova che David da giorni aveva preso in considerazione l’ipotesi di suicidarsi.

Già la presenza dei tre messaggi d’addio alla Tognazzi e della email a Fabrizio Viola associate ad una morte per precipitazione, che è frequentissima in caso di suicidio, non lascia spazio ad altre ipotesi, né all’incidente, né all’omicidio.

Antonella Tognazzi, insospettita dall’utilizzo nei messaggi d’addio a lei rivolti da parte del marito di alcuni termini inusuali ha ritenuto di dover interpellare due grafologi, il Prof. Giuseppe Sofia ed il Dott. Antonio Sergio Sofia. I consulenti, pur ritenendo che i messaggi fossero stati scritti da David Rossi, “hanno ravvisato nella sua grafia delle irregolarità ed anomalie, in particolare la contemporanea presenza di tratti fluidi e sciolti e di movimenti lenti, incerti o stentati suggerendo una realizzazione presumibilmente forzata, psicologicamente e fisicamente, e quindi una scrittura condizionata dalla mancanza della piena libertà dei movimenti”.

Non è certo la regola che un suicida si accomiati con un testo scritto. La logica ci permette di escludere senza ombra di dubbio che, in un luogo pubblico, uno o più soggetti decisi ad uccidere David, nel tentativo di coprirne l’omicidio ed accreditare l’ipotesi suicidiaria, abbiano perso tempo nel costringerlo a scrivere tre messaggi d’addio alla moglie, rischiando di venir scoperti, questo prima delle 19.43.43, quando negli uffici del Monte dei Paschi si trovava ancora del personale. 

E’ parimenti fantascientifica l’ipotesi che il povero David Rossi abbia scritto tre biglietti d’addio alla Tognazzi, abbia poi abbandonato il suo proposito suicidiario e sia invece stato ucciso da uno o più soggetti che ne abbiano simulato il suicidio. 

Non è neanche credibile che i fantomatici assassini siano entrati nello studio di David dopo che lui aveva scritto e buttato nel cestino i biglietti d’addio, si siano trattenuti oltre il tempo della commissione dell’omicidio e abbiano gettato l’orologio più di mezz’ora dopo la precipitazione del Rossi (19.43.43- 20.16).

Pertanto non solo si può escludere che uno o più sicari si siano trattenuti nello studio di David per fargli scrivere su dettatura tre messaggi d’addio alla moglie ma anche che questi soggetti siano rimasti nello studio del Rossi dopo la caduta fino alle 20.16, momento in cui, secondo alcuni, avrebbero gettato dalla finestra l’orologio della loro vittima nel vicolo. Facendo un calcolo approssimativo gli assassini sarebbero dovuti rimanere nello studio di David per un tempo interminabile; se lo avessero forzato a scrivere i messaggi d’addio, lo avessero ucciso e ne avessero gettato l’orologio nel vicolo. 

Non è una coincidenza che il segno presente sul polso sinistro di David sia compatibile con una lesione da impatto a terra dovuta alla presenza del suo orologio; nello specifico, l’impatto dorsale della mano e del polso sinistri sono ben visibili nel video registrato dalla telecamera di sorveglianza, è logico supporre che il suo orologio, dopo averlo ferito, si sia sganciato dal cinturino e che sia finito a poco distanza dal corpo. Questa ben documentata circostanza non lascia spazio alla possibilità che la lesione al polso sia riferibile ad una colluttazione pre-precipitazione con un soggetto dotato di una forza sovrumana.  

Riguardo alla testimonianza della collega del Rossi, Lorenza Bondi, che ha riferito agli inquirenti di aver visto la porta aperta dello studio di David intorno alle 20.00, mentre si accingeva a lasciare il posto di lavoro, porta che intorno alle 20.30 Giancarlo Filippone e Carolina Orlandi trovarono chiusa,  non è difficile pensare che solo la Orlandi e il Filippone abbiano avuto motivo di far caso allo stato della porta dello studio di David Rossi, visto che lo stavano cercando, e che la collega Bondi abbia invece involontariamente riferito una circostanza non vera perché non aveva avuto motivo di fissare nella sua memoria lo stato della porta dello studio del Rossi che innumerevoli volte al giorno vedeva sia aperta che chiusa (rimando su questo punto ai testi di psicologia della testimonianza).

A conferma del fatto che David fosse in difficoltà a gestirsi da un punto di vista psichico non sono agli atti soltanto la email a Viola ed i messaggi d’addio alla moglie ma anche le testimonianze di familiari e colleghi. 

E’ particolarmente esplicativo lo stato di preoccupazione di Antonella Tognazzi la sera stessa del suicidio. David sarebbe dovuto rientrare alle 19.30, la Tognazzi, già prima delle 19.41 manifestò al collega del marito, Giancarlo Filippone, al telefono, e alla figlia Carolina, al suo ritorno a casa alle 20.10, una prematura preoccupazione, tanto che entrambi si recarono in banca. 

Il fatto che la Tognazzi si sia mostrata seriamente preoccupata in seguito al ritardo di pochi minuti del marito, è un segnale del fatto che la Tognazzi era consapevole delle difficoltà psichiche del Rossi.

Venerdì 1 marzo 2013 David Rossi aveva esternato alla moglie il suo timore che all’indomani sarebbe stato arrestato.

Martedì 5 marzo 2013, Carolina Orlandi, figlia di Antonella Tognazzi, notò che David aveva alcuni tagli ai polsi. Interrogato da Antonella sul come se li fosse procurati, Rossi le riferì inizialmente di essersi tagliato accidentalmente con della carta, in seguito di esserseli procurati volontariamente: “hai visto, nei momenti di nervosismo, quando vuoi sentire dolore fisico per essere più cosciente” e “…sai com’è quando uno ha quei momenti in cui perde la testa per ritornare alla realtà ha bisogno di sentire dolore”.

Nel 40-60% dei suicidi, durante l’esame medico legale, si riscontrano segni di autolesionismo.

Sempre martedì 5 marzo 2013, David Rossi, per paura di essere intercettato aveva preso a comunicare con i familiari per iscritto. Ecco la testimonianza di Carolina Orlandi: “Dopo di ciò egli iniziò a comportarsi in modo alquanto strano, prendendo un blocchetto e cominciando a scrivere ciò che mi voleva dire. Nel primo foglio scrisse: “Non parlare di questa cosa né fuori né in casa”, io allora stando al suo gioco e ritenendo che si riferisse non solo ai segni sulle braccia ma alla situazione in generale scrissi: “mai fatto… ma ci sono le cimici?”, lui a quel punto mi guardò e annuì. Questo modo di colloquiare durò per circa cinque minuti. Davide allora strappò i fogli su cui avevamo scritto e se li tenne per sé. lo allora tornai nella mia camera e presi un blocco sul quale scrissi: “Nonostante tu in questo periodo non abbia molta considerazione di me, di me ti puoi fidare. Ma mamma lo sa? Anche i nostri telefoni sono sotto controllo?”, egli lesse il mio scritto, dicendo che per la prima parte il discorso non tornava, rimaneva sul vago sul discorso relativo alle intercettazioni e al fatto se mia mamma Io sapesse o meno. Lui prese i fogli e li strappò, strappò anche quello con la scrittura ricalcata. Poi li consegnò a me. Dopo circa una decina di minuti, visto che mi accingevo ad uscire per recarmi in contrada, David mi seguì fuori delle scale dicendomi a voce bassa di buttarli lontano e di guardarmi attentamente intorno mentre lo facevo”.

Il 7 marzo 2013, il Presidente del Monte dei Paschi dell’epoca, Alessandro Profumo, sempre riguardo al 5 marzo, giorno precedente alla morte di David, sentito dagli inquirenti, ha dichiarato: “Ricordo che due giorni fa lo invitai a raggiungermi nel mio ufficio per ragioni di lavoro e lui in quell’occasione mi rinnovò la sua preoccupazione; temeva in particolare di poter subire conseguenze penali dalle indagini in corso, mostrava preoccupazione addirittura di essere arrestato“.

Carolina Orlandi ha riferito agli inquirenti che proprio il 6 marzo 2013, poco prima che Rossi uscisse di casa per recarsi al lavoro aveva sentito sua madre rivolgersi a lui con tono preoccupato invitandolo a reagire e ad uscire dallo stato in cui versava. La Tognazzi, a riprova del fatto che aveva motivo di essere allarmata per lo stato psichico del marito, non appena lo stesso uscì di casa, chiamò al telefono il cognato, Ranieri Rossi, dicendogli piangendo che era molto preoccupata per Davide, che era giunto a compiere atti di autolesionismo, e invitandolo a parlare con lui. Proprio quel giorno, durante il pranzo David disse a Ranieri di essere preoccupato per una cavolata che aveva fatto e che un suo amico/conoscente di cui si era fidato lo aveva tradito”.

La testimonianza della coach Ciani, insieme alle innumerevoli dichiarazioni di parenti e colleghi del Rossi, permette di farsi un’idea sul fragile stato psichico di David Rossi. 

La Ciani ha riferito agli inquirenti il contenuto di una conversazione della mattina del 6 marzo tra lei e Rossi: “Mi ha manifestato una situazione di ansia derivante dalla perquisizione subita, in un contesto già problematico disse che era un momento in cui gli stava cadendo addosso il mondo… la morte del padre, la crisi del Monte, lo stato di salute della moglie, e perquisizioni da lui subite. Insomma lui si sentiva dentro una serie di situazioni negative che non riusciva a gestire (…) Si sentiva quasi il senso di disgrazia imminente, questo era fortissimo tant’è che usava espressioni quali “ho paura che mi possono arrestare’ “ho paura di perdere il lavoro” (…)  Lui mi ha detto che addirittura pensava che io fossi lì per aiutarlo a comunicare le sue dimissioni (…) Abbiamo considerato che la sua leva motivazionale al lavoro era basata sul prestigio. La sua leva prestigio era molto forte e di conseguenza nel momento in cui l’ha visto a rischio o ha immaginato che lo fosse a rischio il suo ruolo, è entrato in angoscia perché fino ad allora si è sentito protetto… Lui mi disse: “io mi sto comportando male, da quando ho subito la perquisizione ho fatto una cavolata dietro l’altra” (…) disse di aver fatto una cavolata mandando uno comunicazione a VIOLA chiedendo protezione, in ciò quindi mostrando la sua fragilità all’azienda e dall’altra temendo di aver messo a disagio Viola se non addirittura irritato (…) A me ha dato l’impressione che perso il lavoro avrebbe perso se stesso, proprio perché non c’era in lui un distacco tra vita privata e vita lavorativa, quasi che il suo ruolo professionale fosse tutta la sua vita. Lui mi continuava a dire di aver fatto delle cavolate, ma l’unica cavolata rappresentatami come tale è stata questa mali scritta a VIOLA. Ho cercato di capire quale altre cose avesse fatto, ma non mi ha rivelato alcunché. Tornava su questa definizione di aver fatto delle cavolate, dichiarando di essersi comportato come un pazzo. Ribadisco il plurale riferito all’espressione cazzate commesse. Poi il riferimento ad una cazzata al singolare, evidentemente quella più recente, mi è stata spiegata in relazione alla mail scritta al dott. Viola. Quando ha iniziato a parlarmi della frustrazione, a prefigurarsi delle pre-immagini negative, mi parlò della paura di essere arrestato, del fatto che sua moglie non fosse in condizioni di sostenersi; che avrebbe perso il lavoro se fosse successo qualcosa di grave”.

Leggendo le dichiarazioni della Ciani, non può sfuggire come il contenuto dei messaggi d’addio di David ad Antonella riprendano il tema della conversazione con la coach: “ho fatto una cavolata dietro l’altra”, “disse di aver fatto una cavolata”, “aver fatto delle cavolate”, “cazzate commesse”, “cazzata”, e della conversazione di quello stesso giorno con il fratello Ranieri: “una cavolata che aveva fatto”, dati che ci confermano che David non scrisse i messaggi d’addio alla moglie sotto dettatura di uno o più fantomatici assassini ma lo fece spontaneamente.

L’IPOTESI OMICIDIARIA

Volendo percorrere l’inconsistente ipotesi omicidiaria con un movente da ricercare nel timore che David rivelasse ai magistrati informazioni che avrebbero danneggiato un fantomatico assassino o mandante, due sarebbero le possibilità: l’omicidio d’impeto o l’omicidio premeditato.

OMICIDIO D’IMPETO

Ipotizziamo un omicidio avvenuto in seguito ad una lite con un collega: 

1) le indagini hanno escluso che David avesse mai avuto contrasti con i colleghi della Banca che potessero essere culminati in un atto violento;

2) la collega Bondi, ancora presente in Banca, avrebbe sentito David discutere con il suo aggressore;

studio rossi MORTE DI DAVID ROSSI: UN SUICIDIO3) è difficile pensare che la scelta omicidiaria sarebbe stata una defenestrazione;

4) se, dopo una colluttazione, uno dei colleghi avesse gettato David Rossi dalla finestra del suo ufficio, avrebbe riportato anch’egli i segni della colluttazione, segni  che nei giorni seguenti sarebbero stati visibili a chi indagava e agli altri colleghi;

5) nello studio di David Rossi si sarebbero dovuti rilevare i segni della colluttazione mentre sul termosifone sottostante la finestra dalla quale è precipitato David i fogli erano ordinatamente impilati e nelle immediate vicinanze un contenitore di cartone risultò integro, mai calpestato da alcuno.

OMICIDIO PREMEDITATO

Ipotizziamo un omicidio premeditato commesso da uno o più colleghi o da uno o più sicari pagati da un ex pezzo grosso della banca:

1) chi poteva temere eventuali dichiarazioni di David ai magistrati non avrebbe ucciso, né avrebbe pagato qualcuno per uccidere il Rossi all’interno della banca per evitare che si collegasse inevitabilmente l’omicidio alla situazione finanziaria della banca stessa e quindi a lui;

2) nessuno avrebbe premeditato un omicidio correndo il rischio di essere ripresoda una telecamera della banca o di essere visto dai colleghi del Rossi, in specie in un orario durante il quale i movimenti in entrata e in uscita dalla banca non potevano che essere limitati; 

3) David non sarebbe dovuto essere in ufficio all’ora in cui è precipitato dalla finestra (19.43.43);

4) anche in questo caso mancano, su mobili e suppellettili presenti nello studio di David, gli inevitabili segni della colluttazione che avrebbe dovuto precedere la defenestrazione;

5) nessuno ha riferito di aver visto estranei aggirarsi negli uffici della banca intorno alle 19.43;

6) nessuno ha riferito di aver udito grida o discussioni prima delle 19.43. 

In conclusione, da un punto di vista criminologico non vi è alcun dato a sostegno dell’ipotesi omicidiaria e sia l’autopsia psicologica che le circostanze in cui David ha perso la vita, depongono per un suicidio.

P.S. Per chi mette in dubbio il suicidio di Rossi, sostenendo che David non si sarebbe gettato di schiena, sono rivelatrici le foto scattate e il video girato il 20 maggio 2018 durante il suicidio di Fausto Filippone.

Filippone, come David Rossi, si è suicidato gettandosi di schiena da un viadotto.rossi indagini MORTE DI DAVID ROSSI: UN SUICIDIO

Dall’articolo di repubblica.it: CHIETI – “Ha perso un foglio mentre si lasciava cadere di schiena dal Viadotto Alento (…) Quando è arrivata sul viadotto, Fausto ha alzato la bimba per i fianchi e l’ha lanciata di sotto. Quindi ha scavalcato in un punto senza rete di contenzione e si è sistemato sulla soletta di cemento. La soletta esterna. Sette ore, un’estenuante trattativa, a fasi, e l’ha fatta finita anche lui. Lanciandosi di spalle (…)”.

*******************

ursula franco 1 MORTE DI DAVID ROSSI: UN SUICIDIO* Medico chirurgo e criminologo, allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari

1 commento

  1. Ci sono molti errori, quel tardo pomeriggio Rossi aveva appuntamento con qualcuno per il taglio delle sponsorizzazioni sportive, aveva segni da afferramento e colpi all’inguine, qualcuno si è affacciato nel vicolo durante l’agonia, molto prima di Mingrone e Filippone, la colluttazione non è avvenuta in ufficio, dove poi è stato trascinato, vedasi segni sulle scarpe.

Comments are closed.