COVID-19: TUTTO QUELLO CHE GLI ALTRI NON POSSONO O NON VOGLIONO DIRVI (e che non vi diranno mai) – XI PUNTATA

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“PILLOLE” DI IGIENE

 –         di Luigi Cobianchi       –         

Nella scorsa puntata vi avevo preannunciato che, ritenendo di aver esaurito (salvo future, ulteriori provocazioni) la doverosa fase «destruens» delle assurde pratiche igieniche che certi ‘fenomeni’ mediatici vorrebbero imporci, avrei dato corso, come doveroso, a una fase «costruens», dedicata soprattutto ai giovani, cogliendo l’occasione di questo virus per diffondere qualche buona prassi, da portarsi per la vita.

Quante volte abbiamo assistito al tristo spettacolo di vedere i nostri ragazzi seduti a terra per strada, soprattutto nei luoghi della movida, magari su di una bella chiazza di liquidi essiccati, verosimilmente di natura organica (urina, vomito, ecc.). Dopodiché, con quegli stessi indumenti, si stravaccano sul divano di casa, se non sul letto, magari appoggiando le suole delle scarpe sulle coperte

Ci vuole forse una laurea in Scienze Biologiche o in Medicina per capire che siffatte abitudini sono folli, se non criminali, atteso che, per la sporcizia ed il menefreghismo di uno, si rischia di contaminare (o contagiare) un’intera famiglia, la propria comunità, i luoghi pubblici frequentati?

Certamente anche a voi sarà capitato di vedere, poi, nelle scuole e nelle università, scene apocalittiche di piedie, quindi, di scarpeappoggiati dappertutto, sugli stessi banchi sui quali, poco dopo, si depongono libri e blocchi per gli appunti, sulle sedute, addirittura contro i muri!

Conservo, al riguardo, un ricordo indelebile dello sgomento del mio professore di Scienza delle Costruzioni, Luciano NUNZIANTE – sicuramente una delle persone che ha lasciato una traccia più forte nel mio percorso formativo – allorquando vide un allievo, mio collega di corso, che, essendo in ritardo, prese a camminare sui banchi dell’aula gradonata ove facevamo lezione, per raggiungere un posto a sedere il più avanzato possibile. Lo chiamò alla lavagna e prese a fare un disegno, all’inizio incomprensibile – a mo’ di quelli che il compianto etologo MAINARDI eseguiva, per Piero ANGELA, a SuperQuark – ma che, dopo un po’, apparve per ciò che era: uno spaccato assonometrico del singolo scranno, parzialmente in sezione. Indi gli disse più o meno così, con la sua inconfondibile ‘r’ leggermente arrotata’, alla ‘barone Zazà’, propria di ogni ‘napolitano’ di antico lignaggio, che si rispetti: io ora le insegno una regoletta che le sarà utile per tutta la vita quando tornerà qui, al cinema, in chiesa (anche se non penso che ci vada: filosofia, religione non mi sembrano cose per lei), per la quale mi ricorderà con gratitudine. Di poi, dopo aver preteso che il ragazzo ricopiasse il disegno sul proprio blocco per gli appunti, prese ad indicare sulla lavagna, ‘armato’ della sua bacchetta accademica, dettandogli finalmente la cennata regula, che lo obbligò ad appuntarsi per iscritto: consta lo scranno di tre parti, una mensola, per l’appoggio di libri, quaderni e quant’altro; una pedana dove – lo dice la parola stessa, comprende? – si mettono i piedi, e solo quelli; e, infine, una seduta, dove si appoggia il cu… e, anche qui, solo quello. E, ora, vada fuori, perché in queste aule gli orangotanghi non sono ammessi!

Benedetti i Professori di quei tempi, educatori e formatori, prima che insegnanti, ma anche i genitori che, da casa, li appoggiavano, per il bene dei loro figli, anziché essere sempre pronti a ‘difenderli’, addirittura ricorrendo all’arma del ricatto, piuttosto che alla minaccia di denunce!

Tornando al nostro discorso, vogliamo parlare dei bagni, soprattutto quelli riservati agli esseri umani di sesso maschile, trasformati in latrine per l’abitudine di urinare ‘a canide’, senza neanche badare a prendere più o meno correttamente la mira, nel menefreghismo più totale verso chi verrà dopo ma, soprattutto, per l’onesto LAVORO di chi deve mantenerne la pulizia e il decoro? Sarebbe interessante far osservare a questi ‘irroratori selvaggi’, neanderthaliani quanti schizzi di urina restano sui propri pantaloni, nell’espletare, in tal guisa, la predetta funzione organica, gli stessi sui quali, magari poco dopo, in un momento di romanticismo da sapiens sapiens, faranno dolcemente accoccolare l’ignara sventurata, oggetto del proprio amore.

Orbene, l’urina non è acqua pura e, se contiene flora patogena – acquisita anche per via sessuale – o virus, può essere fonte di contagio. In ragione di ciò, è veramente VERGOGNOSO urinare al vento, per strada, su marciapiedi, in giardini pubblici, ma anche privati. Al riguardo, proprio qualche sera fa, nel rincasare, ho assistito a due scene raccapriccianti (e non è la prima volta), figlie della movida incontrollata che regna sovrana nella nostra Città, in assenza di un’Amministrazione che sappia regolare e disciplinare anche le attività più elementari: due ragazzi, alquanto alterati, i quali, in pieno centro urbano, svolgevano un bisogno fisiologico attraverso le sbarre di un cancello che disciplinava l’accesso ad una proprietà privata, mentre altri due, loro sodali, un po’ più in là, inondavano, attraverso una grata di aerazione, un sventurato signore che stava ricoverando la propria autovettura in un’autorimessa ipogea. Non vi dico le (sacrosante) urla, colme di (meritatissimi) improperi, del malcapitato alla volta dei due deficienti de quibus. Sono fatti che definire ‘incivili’ è un eufemismo. Ah, se ciascuno di noi si preoccupasse realmente di dare un’adeguata educazione ai giovani, con quei buoni, sani metodi che hanno funzionato per secoli, censurati da certi psicologi tanto bravi nel demolire ciò che è consolidato, quanto incapaci a fornire soluzioni alternative, valide.

Per par condicio, veniamo alle ragazze. Gentilissime, sappiate che gli assorbenti sono ‘igienici’ solo di nome. Se il vostro sangue dovesse essere infetto, lo sbarazzarsene nei posti più impensabili, magari in bella vista, in un cestino gettacarte, improvvidamente destinato a un uso diverso e improprio, è roba da codice penale! Vero è che, in tutti i bagni pubblici in cui appare sacrosantamente un cartello che invita a non disfarsene nel wc per motivi tecnici, ma soprattutto di inquinamento, dovrebbero esservi, per obbligo di Legge, dei contenitori a tenuta ove depositare questi presidi, e il contenuto andrebbe smaltito tra i rifiuti speciali. Mi spiegate, invero, perché una garza o qualsiasi altro dispositivo medico venuto a contatto con il sangue debba vedere (correttamente) questa come unica via di smaltimento, mentre gli assorbenti intimi no?

Vi è mai capitato, poi, di assistere alla scena di qualche giovincella, magari un po’ più ‘alternativa’ (ma neanche più di tanto), che disfà le valige? A me sì, e non so quante volte i miei occhi hanno dovuto registrare un ‘dramma igienico’, quello delle scarpe, oltretutto prive di qualsivoglia contenitore protettivo, frammiste ai vestiti e, perfino, alla biancheria intima! Ora, io comprendo che per il gentil sesso la calzatura possa arrivare a rappresentare una parte di sé, che possa essere l’oggetto del desiderio per una delle più agognate tra le collezioni, divenendo, addirittura, strumento di seduzione; lo so che io per primo mi sono dichiarato ‘paladino dell’immunità di gregge’, ma quando è troppo, è troppo! Ora non pretendo che tutti abbiano le fisime che sono state inculcate a me, ovvero di viaggiare con una borsa a parte per le sole scarpe, ma, in considerazione di ciò che è presente sulle suole, è troppo pretendere come fatto assiomatico che, se proprio occorre sistemarle, in valigia, assieme alla biancheria, siano almeno confezionate preventivamente in un’apposita custodia, magari doppia?

Per tutti, ragazze e ragazzi, soprattutto per i più giovani vale una raccomandazione fondamentale, un tempo sacrosantamente ripetuta da ogni genitore, oggidì immolata (tra mille altre cose) sull’altare del modernismo e del relativismo, che non lascia in pace neanche la Scienza: va assolutamente evitato lo scambio di bicchieri e sigarette (di ogni tipo e natura…), se non con il proprio partner (rispetto al quale, con buona pace di svarioni e crisantemi, non avrebbe senso, per ovvi motivi…) e, tutt’al più – sempre che realmente non se ne possa fare a meno – con propri familiare stretti. È davvero sciocco scambiarsi virus come il SARS-CoV-2, che dà la COVID-19, ma anche l’HSV, 1 e 2, che dà, rispettivamente, l’Herpes labialis (o «febbre delle labbra») e l’Herpes genitalis, e il VZV, che dà la varicella e l’Herpes zoster (alias «Fuoco di Sant’Antonio»).

Sempre per par condicio, vengo ai genitori, alcuni dei quali, mamme in testa, mi staranno dicendo a distanza, a difesa dei loro figli ‘sozzosetti’: vabbè, ma tanto a casa nostra si lava tutto, frequentemente in lavatrice… Miei cari, sappiate che il lavaggioa mano, ma anche a macchinasoprattutto alle basse temperature, nella migliore delle ipotesi (si vedono stesi al sole certi asciugamani ingrigiti…) renderà gli indumenti apparentemente puliti e (si spera) profumati, ma dal punto di vista microbiologico e virale a volte, al termine del ciclo, la carica di patogeni risulta addirittura aumentata!

É, perciò, buona norma aggiungere sempre un additivo disinfettante certificato come «presidio medico chirurgico» al lavaggio; utilizzare le temperature più alte almeno per il bucato (non inferiori a 60°C, con buona pace di certi ecologisti) e, soprattutto, stirare, stirare sempre, stirare tutto con abbondante vapore, a cominciare dalla biancheria intima (che, invece, per contro, è la ‘cenerentola del ferro da stiro’).

Ancora. Certamente non sarò il solo ad essermi imbattuto, nei bagni di qualche dimora privata, in set di tappetini che circondano gli apparecchi igienici, in particolare, la tazza. E come ne vanno fieramente orgogliose le padrone di casa! Puntualmente, se si legge la loro etichetta di lavaggio, essa reca l’indicazione di utilizzare solo basse temperature e di non candeggiare. Non ci vuole uno scienziato per immaginare, qualora si effettuasse un patch su questi ‘complementi di arredo’, cosa ne verrebbe fuori, grazie al calpestio e all’azione degli irroratori seriali de quibus. Eppure, non si esita a lavarli in lavatrice, a 30 – 40°C. Dopodiché, nella stessa macchina – divenuta, in tal guisa, un ‘covo di patogeni’ – senza indugio, magari immediatamente dopo, si lava biancheria intima e altri indumenti delicati che, ovviamente, al termine del lavaggio, risulteranno contaminati! Per grazia di Dio non ho mai assistito di persona, ma sembrerebbe che, addirittura, ci sia chi metta assieme indumenti e tappetini. Quelle horreur! Per non parlare del lavaggio, sempre in lavatrice, delle scarpe da ginnastica (neanche a dirlo, a bassa temperatura). Se proprio non ci si può astenere da siffatti usi igienicamente criminali della macchina de qua, che almeno, dopo avervi introdotto calzature, zerbini e quant’altro si esegua un ciclo a vuoto, a 90°C, con ipoclorito di sodio (candeggina), in concentrazione efficace, o con i richiamati additivi disinfettanti, certificati come «presidio medico chirurgico» (anche qui, seguendo scrupolosamente le dosi consigliate).

Sempre con riferimento ai bagni delle nostra abitazioni – scuserete l’insistenza, ma non ci vuole una laurea specifica per comprendere che, unitamente alle cucine, sono i locali in cui più facilmente possono realizzarsi proliferazioni di patogeni – se almeno noi italiani non riusciremmo mai a rinunciare a quella indiscussa conquista della civiltà e dell’igiene che è il bidet, apparecchio igienico che, per la prima volta, i «piemontizzatori» conobbero nella nostra Reggia, catalogandolo come vaso per piante, non avendo idea di cosa potesse essere…; se nessuno di noi si sognerebbe mai di far porre in opera la moquette in questi ambienti (almeno spero, salvo qualche architetto inguaribilmente nostalgico dello stile «postmoderno», anni ’70) per contro, in molti ci si gloria di utilizzare nel WC delle oscene gabbiettecontenenti pasticche che, in teoria – ma solo in teoria – dovrebbero sbiancare e igienizzare il predetto apparecchio, ad ogni utilizzo dello sciacquone. Ora, che la prima funzione sia un’utopia è sotto gli occhi di tutti: tipicamente il lento consumarsi della compressa lascia un’antipatica scia colorata azzurrastra o verdognola che imbratta il wc, in luogo di pulirlo. Ma il problema ben più serio è quello igienico: in corrispondenza delle predette gabbiette, i batteri (e altri ‘patogeni’) proliferano vieppiù – favoriti dalle particolari condizioni di temperatura e umidità, e, soprattutto, da quell’ottimo terreno di coltura rappresentato dai residui organici delle nostre deiezioni e dell’urina – raggiungendo una carica tale da diventare spesso visibili (come colonia, ovviamente) financo ad occhio nudo, allorquando formano tipiche areole brune, o nerastre. Questo fatto è noto da sempre, eppure i predetti complementi continuano a essere prodotti e a venduti, mercé anche un intenso battage pubblicitario.

Purtuttavia, ciò che, più di ogni altra cosa, può trasformare i nostri bagni in luoghi insalubri è rappresentato dai gravi, eppure comunissimi errori che si commettono nelle fasi di pulizia (come per esempio, cominciare le operazioni dal wc, con prodotti inadeguati, per poi proseguire con gli altri pezzi igienici, senza cambiare guanti e panni utilizzati per la detersione del primo, o, almeno, senza averli preventivamente disinfettati adeguatamente) al termine delle quali, a fronte di un apparente lindore, specifici, quanto banali test (patch) dimostrerebbero un aumento (talora assai rilevante) della carica di patogeni.

Ci sarebbe tanto ancora da dire, ma mi dilungherei troppo e, invece, un’ulteriore riflessione che mi sembra doveroso condividere con voi, sempre in tema di servizi igienici, è l’ (ab)uso dei bagni pubblici.

Orbene, alle nostre latitudini non ci sono ambienti a più elevato rischio per contrarre infezioni, stanti soprattutto le modalità, spesso oscene, con cui vi si effettuano le pulizie, per mancanza assoluta di formazione del personale.

Eppure, vi è mai capitato di partecipare ad una gita in pullman con elevata presenza di signore, di qualsiasi età e condizione sociale/culturale? Sì? E, allora, certamente sarà capitato anche a voi di assistere al fatto che, se durante il percorso si facessero dieci fermate, ebbene alcune rappresentanti del gentil sesso sarebbero capaci di andare in bagno per dieci volte di seguito, neanche si trattasse di stazioni di una ‘via crucis’, in cui il rispetto per la pia pratica e la devozione non consentono di saltarne neanche una.

Fermo restando che un anomalo, frequente stimolo all’atto minzionale rappresenta, soprattutto nelle donne, con elevatissima probabilità, un sintomo di infezione alle vie urinarie (più spesso ‘basse’, per fortuna, ma, talora, anche ‘alte’) – sia che ad esso faccia seguito una concreta, corposa produzione di urina (poliuria), sia che, invece, si produca poca urina (pollachiuria) – mentre nell’uomo, in special modo dai 45 anni in su, può anche indicare uno stato congestizio della prostata, da tenere sotto immediato controllo, atteso che potrebbe essere correlato a una neoplasia, è così difficile capire che può essere più opportuno trattenersi, piuttosto che utilizzare questi servizi, magari sedendosi sulla tazza apparentemente pulita, senza protezione, rischiando, in concreto, di contrarre infezioni, legate anche a manovre errate, come il non lavarsi le mani anche prima della minzione (oltre che dopo), piuttosto che il maneggiare maniglie, pulsanti di dispenser o di macchine asciugatrici, rubinetti, ecc. e, poi, toccarsi accidentalmente le parti intime?

Altra buona norma è non utilizzare mai la carta igienica ivi presente che, nella maggior parte dei casi, è divenuta ‘antigienica’, essendo stata inserita negli appositi distributori da addetti non adeguatamente formati, con mani sporche, piuttosto che indossando gli stessi guanti con cui sono state effettuate le ‘pulizie’ o, ancora, perché – come è accaduto sotto i miei occhi inorriditi in più di un’occasione – la stessa è caduta accidentalmente a terra, magari proprio a ridosso del wc… La medesima regola andrebbe seguita, ahinoi, anche negli alberghi. Ci si servirà di carta o fazzoletti monouso portati da casa.

Tutto il personale che si occupa delle pulizie o del lavaggio di stoviglie, piuttosto che del servizio in bar e ristoranti, poi, anche se avventizio, dovrebbe seguire approfonditi corsi di formazione nell’ambito dell’igiene, con tanto di esame finale, cui dovrebbe seguire il rilascio di un patentino. Diversamente, si lasciano in balia del caso attività dall’elevato rischio per la salute, anche rispetto a profili epidemiologici, ciò che appare inammissibile.

Proprio qualche settimana fa, ho assistito ad una scena agghiacciante, in uno dei più eleganti bar di via Caracciolo, a Napoli: un giovane cameriere, apparentemente compito, si rovesciò un cocktail sulla divisa. Senza perdersi d’animo, si fece imprestare dal coordinatore del bar il panno in microfibra con cui stava pulendo il banco per la preparazione delle consumazioni. Con esso, dapprima, tentò di smacchiarsi gli abiti, per poi passarlo… sulle scarpe (anch’esse imbrattate dalla bevanda). Dopodiché, ad operazione completata, restituì la pezza al proprio superiore il quale, a sua volta, non avendola neanche sciacquata (figuriamoci se disinfettata!) la passò per benino su piani di lavoro, espositori, ecc. … Di lì a un metro troneggiava, spavaldo, un cartello su cui si leggeva: COVID-19. Locale sanificato a norma…!!!

Sanificato….de che?!

A conclusione di questa puntata, vorrei permettermi di sottoporre alla vostra attenzione un ultimo spunto di riflessione: la sacralità, in termini igienici, oltre che sotto ogni altro profilo, del desco.

Ebbene, meglio apparecchiare su una tavola pulita e igienizzata senza orpelli, piuttosto che mettere una tovaglia di stoffa, magari mal lavata e utilizzata più volte, su una mensa sporca. La superficie su cui si mangia, soprattutto se vi si appoggiano direttamente vivande sfuse, come il pane, deve essere ‘immacolata’. Eppure, quante volte si assiste alla scena di ragazzi che, nel rincasare, vi appoggiano sopra zainetti, portafogli, danaro, chiavi, ecc.; e le signore, le proprie borsette o le sacche utilizzate per la spesa, magari appoggiate precedentemente a terra o sui tappetini dell’auto! Indi, immediatamente dopo, talora senza neanche passare un panno per fare almeno finta di pulire, su quello stesso tavolo si stende la tovaglia e si apparecchia per desinare…

Non posso dilungarmi oltre: ci vorrebbero pagine e pagine.

Una cosa è certa: forse sarebbe il caso di ripensare, una volta e per tutte, la programmazione scolastica anche in quest’ottica, introducendo almeno un ciclo di lezioni, anno per anno, nelle Scuole Secondarie di primo e di secondo grado, sull’igiene personale e degli ambienti in cui viviamo e operiamo.%name COVID 19: TUTTO QUELLO CHE GLI ALTRI NON POSSONO O NON VOGLIONO DIRVI (e che non vi diranno mai) – XI PUNTATA

Come ripeteva un tormentone di qualche anno fa (caspita, ero bambino…):

Quanto a noi, se ne avrete voglia, alla prossima puntata!

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LEGGI LE PUNTATE PRECEDENTI:

X PUNTATA: ALTRI OBBROBRI DELL’IGIENE ‘2.0’

IX PUNTATA: CASTRONERIE ‘ANTIVIRUS’ BIS – GEL DISINFETTANTI E GUANTI: SONO BENEFICI, INCONFERENTI O NOCIVI?

VIII PUNTATA: CASTRONERIE ‘ANTIVIRUS’. IL POPOLO DELLE (PERNICIOSE) MASCHERINE

VII PUNTATA: LA ‘CHIUSURA ALL’ITALIANA’

VI PUNTATAGLI AGGHIACCIANTI PERCHÉ DI TANTE VITE UMANE SPEZZATE

PUNTATA: PERCHÉ CI HANNO RECLUSI

IV PUNTATA: IL MODELLO ANGLOSASSONE E LA “TERZA VIA”

III PUNTATA: EFFETTI INDESIDERATI E COLLATERALI DELLA CLAUSURA FORZOSA (SOPRATTUTTO PER CHI NON VIVE AL GRAND HOTEL)

II PUNTATA: EFFICACIA DELLA CLAUSURA FORZOSA

I PUNTATA: EFFICACIA GIURIDICA DELLE RECENTI RESTRIZIONI GOVERNATIVE