ROMA – Il Coordinamento Nazionale dei Diritti Umani invia un comunicato stampa con cui vuole dire la sua sull’usanza delle spose bambine, che in Turchia potrebbe diventare addirittura una legge: “Il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani intende portare all’attenzione di tutti il tragico fenomeno delle spose bambine che non solo persiste, ma che potrebbe diventare legge in Turchia. Pochi mesi fa, infatti, tra le varie riforme presentate al Parlamento turco è stata proposta, come già precedentemente nel 2006, la normativa Matrimonio riparatore che concede a chi è accusato di stupro la possibilità di far cadere le denunce sposando la propria vittima. È stato inoltre precisato che la differenza di età tra colpevole e vittima non deve superare i 10 anni, anche se la persona violata non ha raggiunto la maggiore età. Ora se si tiene presente che tra le regole islamiche sulla pubertà e le nozze il matrimonio tra un adulto e un adolescente (da 9 a 12 anni) non solo è ammesso, ma è considerato lecito, ne consegue che diventa davvero complesso per l’Unione europea conciliare la richiesta della Turchia di entrare a far parte dell’ONU con questo fenomeno che lede i diritti dei bambini. È evidente che la notizia giunta dal parlamento turco ha sconvolto l’opinione pubblica mondiale, e ciò è comprensibilissimo perché se passasse la legge in questione, si correrebbe il rischio di far aumentare il numero delle violenze che si tramuterebbero, di conseguenza e con consenso della LEX, in matrimonio riparatore. Ma nessuno, all’interno del Parlamento, ricordava che da tempo la Turchia vuole entrare nell’Unione europea? Erano davvero tutti d’accordo? Ovviamente no! Le voci di dissenso sono arrivate puntuali e numerose proprio durante la seduta. Ma non sono state prese in considerazione, nonostante le accese manifestazioni di protesta e il presumibile eco mediatico che una tale proposta di legge avrebbe generato. E così tale disegno di legge che calpesta i diritti delle vittime e dell’infanzia è andato avanti noncurante del fragore generato. C’è un’altra cosa che inoltre spaventa e preoccupa a livello planetario. Se questa legge passasse, anche lo stupratore di una bambina ne potrebbe usufruire e potrebbe trasformare il suo reato in matrimonio riparatore. La natura del problema è ovviamente legata ad una radicata cultura maschilista che crede nel riparo al torto subito, che crede di potere preservare l’onore di una famiglia. In Italia quest’ultimo, che affondava le radici nel codice Rocco del ventennio fascista, fu abolito solo nel 1981. Abbassiamo gli tutti gli occhi ogni volta che ce ne ricordiamo, perché poco meno di quarant’anni fa la legge nel Nostro Paese permetteva di mutare una violenza sessuale in matrimonio per restituire onore e onorabilità alla vittima e alla sua famiglia. La legge 530 lo spiegava in modo chiaro: “Il matrimonio che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato”, quindi, bastavano poche parole di legge per far diventare innocente un colpevole. Negli ultimi anni la situazione è molto cambiata perché i matrimoni precoci risultano essere in contrasto con i principi della Convenzione sui diritti del fanciullo redatta a New York nel 1989. Nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile e l’uguaglianza di genere le Nazioni Unite hanno adottato l’eliminazione del matrimonio riparatore e soprattutto di quello infantile diffusissimo in tanti Paesi votati alla Shari’a, nell’Asia meridionale e nell’Africa subsahariana. Il CNDDU vuole sottolineare con forza che il matrimonio riparatore rappresenta la sconfitta del diritto, perché nasce da un pensiero distorto secondo il quale le donne, peggio ancora le bambine, possono essere private della propria libertà di scelta in merito a decisioni esistenziali, come se fossero oggetti per i quali si può rivendicare il possesso. Il matrimonio precoce è una delle più grandi violazioni dei Diritti Umani perché tocca l’Infanzia e coinvolge oltre 700 milioni di spose bambine in tutto il mondo. A tal proposito l’Unicef sta lavorando nei Paesi coinvolti per migliorare le leggi, le politiche e i servizi sociali. I risultati finora ottenuti sono incoraggianti, ma ancora lontani dal pieno traguardo. Bisogna quindi continuare su questa strada e promuovere, nei Paesi in cui il fenomeno è radicato, una scuola che lavori incessantemente sulle tematiche della parità di genere e che permetta alle bambine di svincolarsi dai barbari retaggi del passato che non permettono la piena realizzazione dell’esistenza. Tuteliamo la loro esistenza. Difendiamo le spose bambine con la forza del diritto. Non è solo un hashtag quello che ora lanciamo, ma un urlo di speranza! #BAMBINENONSPOSE”.