“E’ necessario giungere ad un Testo Unico dello Sport che lo riformi anche in senso lavoristico. La legge 91/81 è anacronistica ed affida alle Federazioni la definizione di chi sia professionista e chi no”. Lo ha detto nel corso di una audizione a Palazzo Chigi Alfredo Mancini, Vice segretario generale della Fesica Confsal e segretario nazionale del comparto “Terzo settore e sport”.
“La Corte di Giustizia Europea ha rilevato che i dilettanti svolgono attività economica indipendentemente dalla circostanza che un’associazione o federazione qualifichi un atleta come dilettante. Infatti, chi oggi viene definito non professionista svolge la stessa attività ma – spiega Mancini – non ha il riconoscimento in senso lavoristico; anche gli amatori, spesso sono dei professionisti mascherati grazie alla fiscalità di favore concessa allo Sport. Il nostro impegno è rivolto alla emersione di chi svolge tali attività come unica forma di reddito per avere il giusto riconoscimento anche sotto il profilo delle tutele previdenziali ed assicurative. Forniremo a Palazzo Chigi tutti gli elementi necessari per far sì che ciò avvenga. In questa prima fase della Riforma complessiva, lo Stato ha l’obbligo di farsi carico delle tutele di questi lavoratori che svolgono attività che vengono definite dilettantistiche e/o amatoriali e che, invece, sono una professione di fatto, senza far gravare i costi sulle associazioni. Se si vuole realmente fare la riforma oggi è possibile; non si può – ha concluso Mancini nel suo intervento – soggiacere ad interessi di parte che sono sempre contrari al riconoscimento dello sport come lavoro”.
Se non vi sbrigate a fare la riforma i centri sportivi che dichiarano il reddito e pagano le tasse e i contributi ai dipendenti dovranno chiudere. Resteranno in piedi solo le attività commerciali mascherate da associazioni che usano i compensi sportivi per tirare fuori i soldi in nero.
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