– di Nicolò Antonio Cuscunà –
Rimpiangere l’ex ministra PD Valeria Fedeli, fa comprendere cos’è l’attuale ministra alla P.I. la grillina Azzolina Lucia. Non è facile denigrazione, i danni causati alla Scuola sono visibili a tutti. Non una sola delle scelte fatte, risulta frutto di sensata partecipata concertazione svolta col mondo scolastico. Decisioni altalenanti assunte nelle segrete stanze del dicastero, sussurrate a più voci, da solerti ministeriali carrieristi. L’elenco delle decisioni assunte e successivamente ricusate, sono innumerevoli e non una sola chiara e definitiva, tutto ed il contrario dello stesso. Mondo della scuola lasciato in balia di se stesso, in costante confusione su cosa e come fare. Insegnamento a distanza e metodi di valutazione, riapertura e fine delle lezioni, programmi e modalità d’esami, ad oggi non si ha ancora la certezza della conclusione dell’anno scolastico. Stendiamo un velo pietoso sugli “asili e scuole materne”. La fascia d’età più importante della vita, da 0 a 3 e da 3 a 6 anni, completamente abbandonata. In moltissime regioni italiane, questo livello d’insegnamento è garantito non dagli EE.LL. ma dai privati. Imprenditori investitori salvezza nel sistema educativo pubblico colabrodo. Nel caos operante al ministero di viale Trastevere s’inserisce la vice ministra Anna Ascani del PD, la quale propone la riapertura delle scuole, dell’anno scolastico in corso, almeno e solo per l’ultimo giorno e per consentire agli studenti di salutarsi. Se non è follia …cos’è? Idiozia o imbecillità? Considerati i pochi problemi della scuola rispetto al disastro dell’economia, ci si può permettere di “annunciare cazzate, boiate da grassa ignoranza e provocazioni da cazzeggio da movida. Della ministra Azzolina si conosce anche la difficoltà ad esprimersi in italiano, d’altronde non è la prima né la sola di questa compagine governativa e, crediamo, non sarà l’ultima, permanendo l’attuale condizione della scuola italiana. Conclusioni incerte e disastrose nell’anno scolastico della pandemia, non s’immagina cosa riserverà il prossimo venturo, e se riprenderà. La logistica del sistema istruzione italiano è diversificato, non è mistero la ottima e discreta situazione dell’impiantistica scolastica del nord Italia, mediocre e pessima diventa mano mano si scende al sud. Ci sono delle eccezioni in positivo e negativo in entrambe le parti, ma non fanno eccellenza né negatività. La pandemia ha finito con lo scoperchiare i nervi sensibili del Paese Italia. Economia, lavoro e produzioni traballanti, sanità dalle molteplici e differenti criticità regionalizzate, sistema formativo-educativo-scolastico con enormi ed incancrenite fragilità. Ed in piena instabilità politica, la ministra s’incunea con la pretesa di “regolarizzare i precari”. Precari della scuola di ogni ordine e grado, precari storici, precari cronici, precari sfruttati, precari schiavizzati, precari usati ed abbandonati. (n.d.r. il sottoscritto abilitato all’insegnamento nel 1976, idoneo in più concorsi, precario fino al 2001) Insomma, il “comparto dei lavoratori del sapere” lasciato in completo abbandono chiarisce la qualità del ” SISTEMA ITALIA”.
La politica utilizza la scuola come merce di scambio di favori tra componenti governative e correntizie.
La controversia scatenata su come e quando regolarizzare la posizione lavorativa dei precari, rappresenta la inconsistenza del vertice del dicastero e del governo Conte. Dei precari non si conosce la esatta consistenza giuridica e numerica: 150, 50, 60 o 80 mila, per cui, l’inizio dei distinguo sul sistema d’assunzione. Concorsi a quiz, concorso per titoli ed esami, abilitazione riservata? Questi i dilemmi autonomamente scatenati dalla politica, cieca e sorda agli appelli presentati dal ” Mondo della scuola”. A cosa servono i concorsi? A salvare la faccia alla politica rinsavita e non più disposta alle facili concessioni. La politica delle sanatorie sempre e comunque. Sanatorie pronte ad ogni piè sospinto, sanatorie agli abusi edilizi, all’espiazione di pene pecuniarie e non solo, sempre e solo sanatorie a go-go. Con tutti non si può, con la scuola invece si può e si deve il pugno di ferro ricattatorio. Quale utile porteranno i concorsi-farsa- rispetto a docenti da anni impegnati a svolgere un lavoro delicato, duro e malretribuito? Sottoposti a prova per verificarne le capacità di svolgere con efficienza il mestiere della loro professione? Interrogarsi se hanno percepito stipendi non meritati e pagati da uno Stato spendaccione? Il concorso come potrà determinare, in meglio o peggio, le capacità e stile d’insegnamento? I concorsi-farsa andrebbero sostituiti con “corsi di aggiornamento” per quanti sommano almeno 3 anni di servizio. Accertandone le capacità alla docenza e le spinte emotive-missionarie all’insegnamento, quindi, assumerli a tempo indefinito. Lo Stato dovrebbe concedere più risorse all’aggiornamento continuo dei docenti per stabilirne e certificarne il continuo rapporto con la realtà giovanile in costante evoluzione. Lo stato dovrebbe investire nella scuola risorse almeno pari agli altri Paesi dell’Unione. Questo governo s’accapiglia sul fine anno scolastico non sapendo se riuscirà a riaprirlo e quando. Fa le pulci ai precari della scuola mentre elargisce redditi “cosiddetti di cittadinanza” d’assistenza alla sopravvivenza. Impone lezioni a distanza senza conoscere la mappa geografica delle aree servite in rete, né le disponibilità tecnologiche e cognitive dei docenti e dei discenti meno ambienti. Insomma, come sempre, i governi incapaci e non legittimati dal consenso democratico-elettivo, con i deboli mostrano i muscoli, con gli arroganti e furbi calano le brache. Scuola, università, mondo della formazione e ricerca dovrebbero ritornare centrali agli interessi dello Stato, pena la fine dello stesso.
I precari meritano l’assunzione a tempo definito, indire i concorsi ma solo indirizzati all’aggiornamento e non alla selezione controllata dalla politica.