KAFKA E TULIPANI   

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         –         di Massimo Moscarella       –                            tulipani scaled KAFKA E TULIPANI   

 In pensione!

Amanda aspettava con impazienza questo momento, che per colpa della Legge Fornero sembrava non arrivare più.

Oggi dovrebbe dunque essere un giorno di festa, ma la frase infame di quella iena di Enza ha rovinato tutto.

Proprio ora che Amanda poteva sentirsi libera, si sta macerando dalla rabbia.

In verità, sentirsi libera di fare cosa, ancora non l’ha deciso, ma qualcosa le verrà in mente. Ancora non ha pianificato la nuova vita da pensionata, tuttavia è convinta che qualunque decisione prenderà, certamente non proverà nostalgia di Enza.

Quella stronza è rimasta zitta per anni, aspettando proprio il giorno del congedo di Amanda per rendere pubblicamente nota l’avversione che ha sempre provato nei suoi confronti.

Ma come si è permessa?

E poi, altro che avversione!  Invidia si chiama quella roba là.

Quando ha preso la parola nella sala del rinfresco, la stronza pareva che stesse scherzando. Com’è che ha detto? Ah sì. Ha asserito che Amanda se ne sarebbe andata con la certezza che una della sua risma in ufficio non ci sarebbe più stata.

– Risma? Una della mia risma? Ma come ti permetti? – Ha reagito con veemenza Amanda – E poi, senti un po’ da quale pulpito arriva la predica!

Avrebbe voluto aggiungere altro, ma si è innervosita e ha cominciato a balbettare. A quel punto è intervenuto il direttore dell’ufficio, e con il poco di autorità che possiede ha imposto a tutti di stemperare i toni.

Enza a quel punto ha finto di scusarsi, ma si vedeva benissimo che era felice come un gatto che ha appena afferrato un grasso topolino.

Anche le altre colleghe davano l’impressione di godersi il momento. Lo facevano in modo meno esplicito, ma sicuramente fra loro avranno   sghignazzato alle spalle di Amanda per tutto il resto di quello schifo di festa.

Di balbettare non le capitava da anni. Era una cosa che credeva di essersi lasciata definitivamente alle spalle, e quella bagascia di Enza gliel’ha fatta tornare!

I colleghi maschi presenti hanno, quello sì, gettato acqua sul fuoco, ma se ci fosse stato Biagio, altro che stemperare i toni come aveva chiesto di fare il direttore con il suo intervento: Biagio avrebbe dato addosso a quella troia come meritava.

Purtroppo da un anno è in pensione.

Eh già. Biagio era veramente un amico.

Per una vita Amanda ci ha lavorato a contatto di gomito, e lui si è sempre comportato da signore.

Ora che ci pensa, è da tre mesi che non telefona. Almeno per quella mattina, lei una chiamata se la sarebbe aspettata. La cosa è alquanto strana. Beh. Vorrà dire che l’indomani gli manderà un messaggino, e scherzosamente lo rimprovererà per non essersi fatto vivo.

Mentre sta guidando, pensa che delle colleghe d’ufficio farà molto volentieri a meno; giusto un po’ le mancheranno Paolo e Antonello. I rapporti con loro, tutto sommato sono stati buoni.

Ma con Biagio per quarant’anni era stata tutta un’altra cosa.

A lui era affezionata. Certo, quando entrambi erano giovani dovette più volte bloccarne le velleità. A quei tempi lui le confidò senza usare mezzi termini, che avrebbe divorziato anche subito, se solo Amanda si fosse resa disponibile. Lei gli rispose che un marito lo aveva già. E anche una figlia. Dunque, che non si mettesse in testa delle strane idee. Però non gli costruì davanti un muro. Pensò che, tutto sommato, non aveva granché da perdere, nel coltivare quell’amicizia.

Anzi, da un collega di grado superiore che le sbavava dietro, non poteva che trarne profitto.

Cinque anni fa, lui divorziò dalla moglie e tornò alla carica. Amanda dovette sudare per tenerlo a distanza, tuttavia non gli sbatté la porta in faccia. Un po’ di amore platonico non si nega a nessuno, pensava, tanto, per quel che le costava …

Come a un fratello. Amanda sente che a Biagio ha voluto bene come a un fratello. In certi momenti l’attaccamento morboso di lui le diede fastidio, ma non ritenne conveniente troncare quello strano rapporto. Nei momenti difficili se lo era ritrovato vicino, pronto a servirla. Per esempio, quando le diagnosticarono un tumore, fu lui a sbattersi per trovarle in tempi rapidi un posto-letto in ospedale. Perfino gli esami e le visite, le prenotava. E dopo l’intervento di asportazione dell’utero, spesso l’accompagnò ai controlli medici, sacrificando volentieri un po’ delle sue ferie.

Mentre pensa a tutte queste cose, Amanda sospira; due lacrimucce scendono a bagnarle il viso, quando si accorge di essere arrivata nel vialetto dove abita; parcheggia, si guarda nello specchietto, si asciuga le lacrime, si soffia il naso, inspira profondamente un paio di volte e dice a sé stessa:

– Coraggio, scema. Lo sapevi che un giorno sarebbe finita.

Sta cercando nella borsa la chiave, quando suo marito spalanca la porta. Pensa che le abbia preparato una sorpresa, ma si rende conto che si sbaglia. Il tono di Domenico, infatti, è lo stesso cui è abituata da anni: piatto.

– Ah, sei qui. Non ti aspettavo così presto. Stavo per uscire. Gino e Alberto mi aspettano al bar per la partitina a briscola. Immagino che in ufficio abbiate festeggiato …

Mentre si toglie scarpe e soprabito, lei lo riprende:

– Già. Abbiamo fatto proprio una festa del cavolo! Però anche tu, che diamine! Non dico che dovessi accogliermi con i fuochi d’artificio, ma un mazzo di fiori potevi farmelo trovare.

Per tutta risposta, lui sogghigna.

– Ah si? E che cosa avresti preferito?  Le orchidee, le rose? … O forse ti aspettavi i tulipani? Non sarebbero stati freschi come quelli che volevo portarti quindici anni fa. Te li ricordi quei tulipani, Amanda?

– Tulipani?  E ora che c’entrano i tulipani? – Sbotta Amanda – E poi, scusa, che ragionamento mi fai? Che cosa è successo, quindici anni fa?

Lui richiude la porta e va a sedersi sul divano.

Evidentemente ha deciso di rinunciare alla partita a carte.

Rimangono in silenzio, guardandosi negli occhi. Dopo un po’ lei sbuffa spazientita e va in camera. Si toglie il resto dei vestiti e indossa pigiama e vestaglia. Si mordicchia un labbro.  È nervosa.  Torna in soggiorno.

Domenico è ancora seduto. Sta fumando una sigaretta.

Amanda resta in piedi e lui la squadra per benino.

– Sei invecchiata. Forse non te ne rendi completamente conto, ma sei invecchiata.

Lei gli risponde con fastidio:

– Eh, beh, certo! Lo so bene che sono invecchiata. Perché, tu credi di essere un giovanotto?

Lui sorride, spegne la sigaretta nel posacenere e si alza con calma.

– Vuoi sapere la differenza che c’è fra il tuo modo d’invecchiare e il mio?

Questa è una di quelle domande per cui l’interrogante non si aspetta una risposta dall’interlocutore: provvede egli stesso a fornirla.

Amanda fa una smorfia che significa che quel tipo di ragionamenti non le interessano poi tanto.

– Guarda, Domenico. Se me lo vuoi dire, bene. Altrimenti…

Lui ordina:

– Siediti.

Sua moglie, piccata, ha un moto di stizza.

– Ma insomma, si può sapere che vuoi? Questa doveva essere per me una giornata di festa, e con il tuo spirito da quattro soldi me la stai rovinando. Bada che se insisti, ti mando a quel paese.

È questo il suo modo di ribellarsi. Nel passato, spesso ha chiuso una discussione che rischiava di diventare per lei scomoda, buttando lì quella frase.

Se insisti, ti mando a quel paese.

Per lei significa: chiudiamola qui, che è meglio per tutti.

Amanda ha sempre divagato, quando certe discussioni diventavano imbarazzanti. Finora le è andata di lusso, ma sente che il marito stavolta non le permetterà di sottrarsi al confronto. Quel “siediti” è stato troppo perentorio. Dunque ci sarà da battagliare, ma è fiduciosa che, qualsiasi argomento tirerà fuori Domenico, lei saprà cavarsela.

Si siede in poltrona e lo invita:

– Avanti. Sentiamo cos’hai da dirmi di così importante.

Lui non si scompone.

– Cara Amanda, ho aspettato un bel po’ prima di decidermi. Era da tanto che volevo togliermi una soddisfazione. Per la precisione, da quindici anni. Tanto è passato dal giorno in cui tornasti dal lavoro con una confezione di bulbi di tulipano. Pochi giorni prima eravamo stati al cinema a vedere “Pane e tulipani”, e a te venne voglia di piantarli in giardino.

Lei sembra sinceramente sorpresa.

Domenico quasi s’intenerisce, ma si riscuote prontamente: presto lei ricorderà, e allora…

– Avevo fiducia in te, Amanda. Ti rispettavo. E ti amavo. Con te mi ero messo in testa di costruire qualcosa di duraturo, e per un bel po’ l’ho fatto, non lo puoi negare. Avrei voluto che tutto andasse avanti così anche invecchiando, ma quindici anni fa successe qualcosa che mi fece sentire come uno al quale hanno tolto il terreno da sotto i piedi.  In un primo momento non volevo credere che fosse tutto vero, ma poi approfondii le ricerche e scoprii una verità amara. E allora, piano piano, smisi di amarti.

La faccia di Amanda sta cambiando espressione.

Adesso è attenta. Molto attenta.

Suo marito in tono calmo continua il racconto:

– Come ti dicevo, dopo aver visto Pane e tulipani, notando il tuo entusiasmo per quei fiori, pensai di farti una sorpresa. L’indomani presi un giorno di ferie e venni sotto il tuo ufficio. Di mercoledì c’era il mercato rionale, e ricordavo bene il banco del fioraio, dove tu spesso acquistavi i fiori freschi e le pianticelle da interrare in giardino.

Lei fa uno sforzo di memoria; poi sbatte le palpebre tre, quattro volte; deglutisce; le labbra le tremano un po’.

Domenico nota il rossore sul volto della moglie; sicuramente lei si è ricordata di una vicenda che fino a poco prima avrebbe considerata morta e sepolta.

Avendo deciso di non darle tregua, va avanti, implacabile:

– Avevo parcheggiato la macchina in una viuzza laterale, piuttosto distante dall’ufficio, perché volevo essere certo che non ti accorgessi del mio arrivo. Mi avvicinai al banco dei fiori e stavo per chiedere un mazzo di tulipani, quando udii distintamente la tua voce che diceva “E allora, Biagio, ti decidi ad andare a prendermi i bulbi di tulipano? Datti una mossa, che se aspetti ancora un po’, mi sa che non ne trovi più.”

Tace di botto e si gode per un po’ l’evidente stato confusionale in cui sembra precipitata la moglie, che inizia a impappinarsi:

– Ma-ma-ma di che-che-che sta-sta-stai pa-pa-parlando?

– Che fai, Amanda? Balbetti?

Lei ha un moto di stizza, si alza in piedi e con un ampio gesto del braccio lo manda a quel paese.

Suo marito non se ne cura troppo.

Amanda si avvicina alla finestra e guarda fuori. Prova a dimostrare indifferenza, ma lui la conosce bene, e sa che è tutta una finta.

Riprende fiato e prosegue:

– Come ti stavo dicendo, da sotto la finestra del vostro ufficio sentii la tua vocetta stridula che ordinava a Biagio di andare a comprare i bulbi. La cosa poteva non significare niente, ma un sospetto feroce mi attraversò la mente. A quel punto mandai al diavolo la sorpresa che volevo farti e pensai che fosse giusto indagare. Nei giorni successivi in casa mi comportai come se niente fosse successo, ma avevo già preso qualche informazione. Appresi che tu, sfruttando l’attaccamento che mostrava per te Biagio, gli davi confidenza, ottenendo in cambio un sacco di favori. E la cosa durava già da anni.

– Ma-ma lui era un a-amico.  Fra noi non c’è ma-ma-mai  stato nie-nie-niente. –  prova a scusarsi Amanda, rigirandosi a guardarlo.

Lui ignora la precisazione.

– I miei informatori mi illuminarono. Seppi così che la moglie di Biagio certamente doveva essersi accorta di quella passione morbosa, ma taceva per vigliaccheria. La tapina evidentemente aveva paura di perdere quel mezzo marito che si ritrovava. E lui continuò a fare il comodo suo. Questo chiaramente è un modo di dire, perché secondo me standoti sempre addosso, lui ha fatto una vita schifosa. E fra poco te ne spiegherò la ragione.

Amanda si lascia ricadere in poltrona. Sembra afflitta.

Prova a metterci una pezza:

– Gua-guarda, Do-Do-Domenico. Ti giu-giuro da-da-davanti a Di-Dio che fra me e Bi-Biagio non c’è mai stato nie-niente.

– Ah, tu dici? – sghignazza suo marito – Vuoi convincermi che il tuo collega ha scelto di fare una vita di merda inseguendo una fantasia? Ebbene, puoi risparmiarti il fiato, perché di quello mi sono convinto da solo.

Fa una pausa, si alza dal divano, le va vicino e le carezza la testa in un gesto che sa di scherno.

– Tu sei furba, e con Biagio hai raggiunto tutti i tuoi scopi senza dargli niente in cambio. Sei riuscita a farti servire gratis.

– Ma non mi sembra di aver fatto qualcosa di male! – Urla Amanda.

Lui nota che ha smesso di balbettare. Verosimilmente la rabbia deve averle infuso la carica necessaria a reagire. Meglio così. Vuol dire che combatteranno ad armi pari, e fra poco sarà libero di non farsi troppi scrupoli, quando la massacrerà.

Torna a sedersi sul divano.

– Se dicendo che non avete fatto niente di male ti riferisci al sesso, puoi risparmiarti le parole. Infatti sono sicuro che tu e Biagio non avete trombato neanche una volta. Però la sostanza non cambia, cara Amanda. Sei stata furba, ma hai fatto l’errore di non prendere in considerazione l’idea che io potessi esserlo più di te. In poco tempo le mie indagini sul rapporto che si era instaurato fra voi diedero degli egregi risultati. Appresi che la pausa di mezzogiorno la trascorrevate sempre insieme nel ristorantino che c’era in piazza Italia, oppure nella trattoria di Via Risorgimento. Venni pure a sapere che il conto lo pagava quasi sempre quel fesso. In ufficio tu non ti ammazzavi di lavoro, ma ci pensava lui a coprirti. Poi cominciò a venirti a prendere con la macchina sotto casa, e la sera ti riaccompagnava. Quando te ne chiesi la ragione, dicesti che lo faceva per farti risparmiare la benzina. Per rendere la cosa credibile, aggiungesti che lui per andare in ufficio doveva comunque passare da queste parti.

Fa una pausa e riprende, con più veemenza:

– Invece non era vero! Biagio faceva una deviazione di quattordici chilometri, per servirti. A te sembra normale? Quattordici chilometri all’andata e quattordici al ritorno fanno ventotto. E se sai fare un po’ di conti, ventotto al mattino più ventotto alla sera sono cinquantasei. Per non parlare di quando ti ammalasti seriamente. Come ricorderai, ero intenzionato a chiedere alla mia azienda un periodo di aspettativa per accompagnarti a fare la chemioterapia, ma soprattutto per starti vicino in quei giorni difficili. Credevo che fosse importante il mio appoggio affettivo. Ma tu facesti la sostenuta e rifiutasti il mio aiuto. Dicesti che non avevi bisogno di me; che preferivi affrontare il tuo problema di salute da sola. Affermasti con orgoglio che con la forza di volontà avresti superato quella prova. Peccato che scoprii che Biagio sopperiva alla mia assenza accompagnandoti alle visite specialistiche, alle sedute di chemio e a fare i periodici prelievi del sangue. Per te era diventato una specie di secondo marito. Anzi no. Tranne che per il sesso, tu lo adottasti come un marito autentico: io ero ormai uno sposo di scorta.

Amanda è impietrita. Tenta una reazione:

– Scusa, ma se sapevi da tempo tutte queste cose, perché non me le hai rinfacciate prima?

Domenico si limita a guardarla. Lei allora riprende coraggio:

– Sta bene. Ammetto che qualcosa di vero c’è. Ma non metterti delle cattive idee in testa, per piacere. Il rapporto di amicizia con Biagio era uguale a quello che avevo con le colleghe. Anche con loro andavo a pranzo. Non tutti i giorni, ma ci andavo. E quando mi diagnosticarono il tumore, Biagio m’indirizzò da un bravo oncologo. Sì, lo ammetto, un paio di volte mi ci ha portata lui, ma non è vero che mi accompagnava in ospedale a fare la chemio o le analisi. Sarà successo due o tre volte, non di più. Normalmente ci andavo da sola. E poi, prima hai detto di essere consapevole della mia innocenza. E fai bene, perché io non ti ho tradito. Puoi aver sentito tante voci maligne di gente invidiosa, ma io e Biagio siamo stati solo degli ottimi amici.

– Guarda che non ho detto che sei innocente. Ho solo detto che con quello scemo non hai scopato. Un tradimento si compie anche non finendo insieme a letto con l’amante. Tu a Biagio non hai spalancato le gambe, ma è come se l’avessi fatto.

– Ma che modo gentile di parlare che hai! – dice sua moglie in tono risentito – Scopare … spalancare le gambe … eh già. È tutto molto elegante, non c’è che dire.

Lui ignora l’appunto e inizia a esporle un ragionamento:

– Anche quando eravate giovani, non avete fatto niente. Vuoi sapere perché ne sono così convinto?

Lei sbuffa, ostentando indifferenza. Domenico non se ne dà peso.

– È l’atteggiamento tenuto in tutti questi anni dal tuo amichetto, a farmi pensare di avere ragione. Se tu una volta sola ti fossi concessa completamente, a lui sarebbe passata la fissazione. Avrebbe scoperto che a letto non valevi più di una puttana, e la cosa sarebbe finita lì. Ma tu andasti oltre. Con lui sei stata un’abile burattinaia, e hai manovrato con perizia, questo devo ammetterlo, la tua marionetta.

– Ma come ti permetti? – Scatta Amanda.

Domenico le dà uno spintone, ributtandola in poltrona.

– Rimani seduta!  Con te non ho ancora finito.  Adesso viene il bello.

Sua moglie lo guarda stranita. Lui sorride.

– Stavo parlando del periodo giovanile. Adesso voglio illustrarti la sensazione che ho avuto di te, e del tuo affezionatissimo stronzo, negli ultimi anni, quando il vostro rapporto è diventato patetico.

Dopo una pausa studiata, inizia a darle il colpo finale:

– Vi credevate intelligenti. Pensavate che quelli che stavano intorno a voi potessero bersi tutte le sciocchezze che volevate fargli credere. Esibivate una purezza alla quale nessuno prestava credito. Perchè gli altri non erano scemi come voi speravate. Era solo per quieto vivere, che fingevano di non aver capito. La moglie di Biagio in primis. E dietro di lei, tutti gli altri. I vostri colleghi, le amiche tue e gli amici di Biagio. Piano, ma inesorabilmente, è poi sopraggiunta la vecchiaia, e anche la maturità per confezionare la mia lucida vendetta.

Amanda lo guarda timorosa, e in silenzio ascolta il resto.

– Dopo che Biagio e sua moglie divorziarono, sicuramente qualche proposta più concreta lui te la fece, ma tu volevi continuare a giocare su due tavoli. Perdesti allora un treno importante. Io, al contrario, non mi lasciai sfuggire l’occasione per sparare qualche cartuccia.

Domenico prova una sensazione di trionfo mentre le spiega:

– Io non avevo intenzione di tradirti. Ero determinato a resistere alle moine che una donna mi faceva da qualche tempo, senza che tu te ne accorgessi. Ma una sera andammo a vedere “Pane e tulipani”, e dopo venne tutto quello che ho spiegato. Fu allora che incominciai a riconsiderare un po’ di cosette. In fin dei conti, comportandomi in un certo modo mi limitati a seguire il percorso che tu avevi intrapreso. Perché fosti tu, cara Amanda, a inaugurare la stagione dei tradimenti.

– Ma quali tradimenti. – protesta lei – Hai appena detto di essere convinto che io e Biagio non siamo mai andati oltre a cose di poca importanza …

Domenico ha uno scatto:

– Sei proprio un’ingenua. Se fossi andata a letto con lui, forse ti sarebbe passata la frenesia di approfittare di quello stronzo, e saresti tornata la donna che credevo tu fossi, con buona pace tua e mia. Ma tu facesti qualcosa di peggio, Amanda. Non tradisti la mia fiducia: tu tentasti di ingannare la mia intelligenza. Per un po’ ci riuscisti, lo ammetto, ma poi scoprii il tuo gioco. Ed è per questo che adesso ti dirò una cosa, e tu ci resterai di sasso.

Amanda è stordita. Lui, al contrario, si sente un guerriero che sta per assestare lucidamente il colpo di grazia all’avversario battuto.

– Negli ultimi anni ho avuto una relazione stabile con Elisabetta. Eh già. Proprio con lei. Era Elisabetta la donna che mi faceva le moine di cui ti ho parlato. Elisabetta. La tua migliore amica.

Amanda si riscuote dall’annichilimento; i suoi occhi lanciano dei lampi rabbiosi.

– Ma allora tu sei un porco! Dio mio. Che schifo. Che squallore! Ma ti rendi conto di quello che hai combinato? Io forse non sono stata troppo corretta, lo ammetto, ma Biagio me lo sono tenuto buono solo per convenienza. Mentre tu… Mamma mia, non ci posso credere! Tu con Elisabetta! Mi sembra di stare vivendo una vicenda kafkiana.

Lui salta su dal divano e con un balzo le è addosso. Con le mani la afferra per le spalle e la scuote violentemente due, tre, quattro volte.

– Kafkiana? Tu parli di vicenda kafkiana? Ma che cazzo ne sai, tu, di Kafka? In vita tua non hai mai letto un libro!

La lascia andare.

Lei butta la testa all’indietro e lo guarda dal basso verso l’alto con lo stesso timore che si può provare guardando un pazzo.

Rimangono per un po’ in silenzio a fissarsi. Occhi negli occhi.

Poi è Amanda a parlare:

– E ora che succederà, Domenico?  Che ne sarà di noi due?

La voce è piagnucolosa.

Lui sorride in un modo amaro.

Non c’è più amore, nel suo cuore. Solo una calma dolorosa.

– E che vuoi che succeda, Amanda?

Torna a sedersi e si prende la testa fra le mani.

Lei, rimanendo seduta in poltrona, si sporge in avanti. È titubante.

– Adesso mi lascerai? Andrai a vivere con Elisabetta?

Lui esplode in una risata cattiva. Poi torna di colpo serio.

– E a che servirebbe lasciarti? A parte il fatto che con Elisabetta ho chiuso, tu evidentemente ancora non ti sei resa conto di che cosa siamo diventati.

Fa una pausa e riprende:

– Due vecchi, Amanda. Io e te siamo solo due vecchi stanchi e malati della stessa ipocrisia.

Lei si alza in piedi. Si muove per la stanza come un fantoccio.

D’un tratto si riscuote.

Il suo sguardo esprime una fierezza di cui non si credeva più capace.

Biagio.

Le rimane Biagio.

Ma certo! Biagio è l’unico uomo che l’ha capita.

Adesso gli telefonerà. Lui certamente saprà trovare le parole giuste per confortarla. Poi cercherà di riaccendere la fiamma del desiderio.

Chi ha detto che da vecchi non si possa essere felici?

Domani. Ecco.

Amanda gli proporrà di incontrarsi l’indomani.

Pranzeranno insieme, e progetteranno qualcosa per il futuro.

Domenico la vede uscire dal soggiorno.

Lei entra in camera con espressione soddisfatta e richiude la porta alle sue spalle.

Dopo una ventina di minuti Amanda ritorna in soggiorno. Le si legge in faccia che è annichilita. Ha pianto.

Evidentemente le cose non hanno preso il verso che lei sperava.

Suo marito di questo non ha mai dubitato. La guarda. Sorride.

Amanda gli punta contro l’indice accusatore.

– Tu… Tu lo sapevi, non è vero? Tu sapevi che Biagio…

Lui sorride di nuovo. Stavolta lo fa in un modo sprezzante.

Guarda sua moglie, ma non la riconosce più.

Per lui Amanda non è più una moglie.

Risponde in modo automatico:

– Certo che lo sapevo! Lei si chiama Graziella. E’ originaria delle sue parti. Da ragazzini erano fidanzati, ma crescendo si persero di vista. Un anno fa lei è rimasta vedova, Biagio l’ha saputo e le ha proposto di frequentarsi per un po’. La cosa deve aver funzionato, considerato che tre mesi fa si sono sposati.

Dopo una pausa, riattacca:

– Forse il tuo vecchio amico non ha trovato il coraggio di dirti tutta la verità. E allora lo faccio io.

Amanda lo guarda come allucinata.

Lui prosegue:

– Biagio e Graziella hanno comprato una casetta nel paese dove sono nati. Hanno deciso di andarci a vivere tre mesi fa, subito dopo il matrimonio. Lui deve aver capito di aver buttato, sbavandoti dietro, i suoi anni migliori.

Amanda scoppia in lacrime.

Domenico si avvicina alla finestra e guarda fuori. Aspetta che lei smetta di piangere.

Dopo un po’, vedendola mentre si asciuga gli occhi, riprende:

– Per te molto probabilmente non ci saranno delle altre occasioni per sentirti importante, Amanda. Forse, se fossi stata più onesta con me, ma soprattutto con te stessa, tanto tempo fa avresti trovato il coraggio per prendere in mano la tua vita, comportandoti come una vera donna.

Si interrompe.  Lascia passare qualche secondo e specifica:

– Dovevi lasciarmi quando eravamo giovani. Sicuramente ne avrei sofferto, però con il tempo me ne sarei fatta una ragione. Ma tu non volevi assumerti responsabilità. Non lo hai fatto sul lavoro, figurati se potevi farlo con me. Avevi voglia di comportarti da regina sciocca; desideravi che qualcuno, in tutte le situazioni della vita, si bruciasse le mani per te, cavandoti le castagne dal fuoco. Tu hai in buona sostanza sempre voluto intorno chi ti tenesse al riparo dai problemi, non certo qualcuno che ti amasse.

Amanda è distrutta.

Suo marito torna a guardarla.

Paradossalmente prova una grande pena per la donna che per anni lo ha ingannato. Si ricorda di averla amata, e gli viene la tentazione di dirle qualcosa che possa tirarle un po’ su il morale, ma non ci riesce.

È troppo tardi per i ripensamenti.

Non gli resta che darle il colpo finale:

– Resterò a vivere qui solo perché sarebbe troppo complicato fare altrimenti, ma è giusto che tu sappia che non provo più niente per te. Hai chiuso, Amanda. Sei vecchia. Sei sola. Devi rassegnarti.