– di Mariantonietta Losanno –
“Perché ha voluto parlare proprio di quel periodo?”, “Per tre ragioni: perché quella fu la prima grande guerra contro il fascismo, perché fu la prima grande dimostrazione di solidarietà internazionale fra lavoratori, e infine per far conoscere alle nuove generazioni una pagina di storia occultata spiegando come e perché era nata una rivoluzione vera, come e perché fu uccisa. È una storia che merita di essere raccontata oggi, con i disoccupati in costante aumento e il fascismo di nuovo alle porte. (…) Io però sono più ottimista di George Orwell (che combatté in Catalogna): con venti milioni di disoccupati qualcosa “deve” cambiare. Ma è facile parlare di rivoluzione qui a Cannes”, ha detto Ken Loach, a Cannes nel 1995 in un’intervista per il Corriere della sera. “Terra e libertà” racconta uno dei capitoli cruciali della storia, quello che è stato definito come il primo vero conflitto moderno. Tra il 1936 e il 1939, la Spagna tu sconvolta da una drammatica e sanguinosa guerra civile: un conflitto che si caricò di accesi antagonismi ideologici, trasformandosi in uno scontro tra democrazia e fascismo, fra rivoluzione sociale e reazione conservatrice. Loach ricostruisce le componenti politiche della repubblica spagnola aggredita dall’esercito controrivoluzionario di Francisco Franco, nettamente superiore sul piano militare, con l’appoggio decisivo delle truppe spedite da Mussolini e Hitler. Il fronte repubblicano si dilania tra comunisti e anarchici, che in Spagna in quegli anni raggiunsero un vasto consenso di massa. Il film trae spunto dal ritrovamento da parte dei nipoti di alcune foto e ritagli di giornale del defunto nonno. Proprio dai suoi ricordi, ma attraverso gli occhi del presente, si ripercorrono passaggi di una generazione antifascista europea che accorse in Spagna per battersi a difesa della repubblica.
Sarebbe stato limitativo ridurre tutta la storia ad un contrasto fra “buoni” e “cattivi”, repubblicani contro franchisti: con rigore storico, Loach racconta il fallimento di una rivoluzione, alternando momenti lirici a quelli delle battaglie. È un racconto che potremmo definire sobrio: lo stile di Loach è lineare e raffinato, non c’è un dettaglio fuori posto, ogni scelta è controllata, le interpretazioni sono -ognuna a suo modo- essenziali, persino quelle delle parti più brevi. L’aspetto più originale (oltre al fatto che il film è stato girato nell’ordine in cui lo vediamo e non -come quasi sempre si fa al cinema- girando prima alcune scene e poi altre, per comodità ed economia, evitando di smontare e rimontare i set), è la capacità di Loach di coniugare una componente celebrativa con un linguaggio anti-retorico e critico. La narrazione si concentra sul tema della disillusione: sembra quasi che il regista si chieda se la libertà (nell’accezione più ampia del termine) sia un lusso che non ci si può permettere nel corso di una guerra, dal momento in cui la guerra è per sua natura irrazionale e quindi, soggetta esclusivamente alla logica dell’azione.
“Terra è libertà” è molto di più di un film politico, è la rappresentazione da un punto di vista personalissimo della guerra civile spagnola. La forza del cinema di Loach sta tutta nell’equilibrare impegno e cuore, senza mai forzare la commozione. Il regista si sofferma sulla comprensione di quei fatti dolorosi (più che sul fallimento dell’esperienza) che deve servire come spunto di riflessione per il presente. “Terra e libertà” si presenta, dunque, quasi come un racconto intimista che sa dosare la componente realista con quella rievocativa.