BARACCHE DI IERI, DI OGGI… DI SEMPRE

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–       di Nicolò Antonio Cuscunà       –                %name BARACCHE DI IERI, DI OGGI… DI SEMPRE

Passa anche il Decreto “regolarizzazione dei migranti, badanti e colf”, non cesseranno le umane ingiustizie dello sfruttamento degli uomini contro i propri simili, né scompariranno le baracche. Le baracche di oggi e lo sfruttamento dei braccianti in agricoltura, nell’edilizia o nei lavori domestici, ad opera dei caporali, non è un fenomeno circoscritto ai nostri tempi. È una endemica, antica pratica, utilizzata nell’Italia Unitaria, prefascista, fascista e repubblicana. Le località geografiche in cui si pratica non hanno differenze tra nord, sud o centro penisola. Cambiano solo periodi e stagioni, lo sfruttamento rimane sempre uguale. Approfittare di povertà, miseria e ignoranza, appare da sempre necessità, cambia solo la differente cultura (migranti) degli sfruttati. La storia dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo è lunga e mai risolta, anche se periodicamente riceve l’attenzione di letteratura e cinematografia. I pescatori nelle tonnare, i raccoglitori di olive, zappatori, mietitori, lavandaie, carusi di solfatare e saline, filatrici e tessitrici, serve, balie, mondine, donne per le case di tolleranza, moderne schiave del sesso, braccianti stagionali, sono tutte facce delle stesse medaglie. Cambiano latitudini, epoche, sistemi politici, lo sfruttamento si allarga e si riduce come la fisarmonica, ma la musica è sempre la stessa. Da sempre, fino al secondo dopoguerra, le “mondine” tra fine aprile ed inizio di giugno lavoravano nelle risaie del vercellese, mantovano e pavese. Eliminavano dalle coltivazioni di riso le erbe infestanti. Per 8 o 10 ore al giorno, rese schiave e pagate metà del salario degli uomini, le gambe immerse nell’acqua melmosa zeppa di sanguisughe, rischiavano malattie e violenze. Dormivano ammassate le une alle altre, nei fienili, casermoni delle masserie, senza servizi igienici, cibandosi solo di riso grezzo. L’avvento dei diserbanti e delle nuove tecnologie pose fine a quest’orrendo lavoro. I “braccianti” stagionali, raccoglitori di mele, asparagi, pomodori o agrumi, sfruttati in Trentino, Puglia, Campania o Calabria sono tutti uguali. Quelli di ieri come di oggi, cambia il colore della pelle, la fede religiosa ma restano sempre sfruttati e schiavi. Vivevano, vivono e vivranno nelle baraccopoli anche dopo questa sanatoria. Di fatto, riceveranno visibilità ma non case e salari adeguati. Nella piana di Gioia Tauro, in Capitanata, in agro pontino o nel metaponto le baraccopoli resteranno catapecchie anche se censite all’anagrafe per la residenza. Fortunato Seminara, scrittore e giornalista, meridionalista, esponente di spicco del verismo e del neo-realismo letterario, nel 1942, in pieno fascismo, pubblicò il romanzo ” le BARACCHE”. La figura dello scrittore calabrese – Maropati RC-  le Sue opere letterarie e sociali, sono stati trattati da mia figlia Rossella Anna, nella sua tesi di laurea in italianistica -110 e lode-. Le baracche di ieri come le attuali, in cui erano costretti a vivere, ed ancora vivono, braccianti di famiglie calabresi indigenti (inchieste del giornalista Domenico Iannaccone RAI TRE), migranti avvolti dalla solitudine, miseria, arretratezza umana, sfruttati ieri dai “campieri”, sfruttati oggi dai “caporali”. In epoche “molto” sospette si ascrivono esempi di differenti rapporti tra potere economico e forza lavoro. Azzardiamo affermare: “… anticipazioni d’avanguardia sociale e, d’ultramoderni riconoscimenti in tema di “giustizia del diritto al lavoro”. Oggetto di studi, resta la sperimentazione  dello “Statuto o regolamento” della popolazione di San Leucio”. Reale sito o colonia delle antiche fabbriche e setifici reali del Belvedere in Caserta. Re Ferdinando IV di Borbone importò dalla Francia un modello di lavorazione tessile con tecnologia all’avanguardia per quell’epoca (telai Jacquard). Gli operai ed operaie vennero istruiti e la intera popolazione di quella Reale Colonia, godette di salario adeguato al proprio lavoro. Abitavano case costruite per i loro bisogni, lavoravano in luoghi idonei e salubri percependo giusti compensi. Usufruivano di una cassa di mutuo soccorso, assistenza medica, religiosa e scuole per i figli.  Tutto regolamentato in un Codice comportamentale, in cui venivano indicati anche i modelli d’abbigliamento dei lavoranti, giovanette, donne sposate e bambini. Correva l’anno 1789. Altro esempio d’iniziativa economico-sperimentale moderna per quell’epoca fu la bonifica dagli acquitrini e paludi della piana di Gioia Tauro. Opera eseguita con capitali privati dal generale dell’esercito borbonico Vito Nunziante. Aiutante di Campo di Ferdinando IV di Borbone, meritevole d’armi e fedeltà alla Dinastia di Borbone. Sostenne l’Armata della Fede del Cardinale Fabrizio Ruffo di Calabria, scacciò i francesi , arrestò ,processò e fucilò Gioacchino Murat.  Ottenuto il titolo di Marchese, intraprendente nelle armi e con interessi nell’economia, chiese ed ottenne dalla Corona l’incarico di bonificare la piana compresa tra i fiumi Mesima e Petrace. In cambio dell’impegno, ottenne in proprietà 3/4 dei terreni bonificati… Completò i lavori prima dello scadere dei 5 anni del tempo stabilito, nell’occasione fondò un villaggio ” le CASETTE”. Oggi quel villaggio è un comune della piana in provincia di Reggio Calabria, chiamato ” San Ferdinando”. San Ferdinando purtroppo è tristemente famoso per la baraccopoli che ospita in totale miseria, centinaia di migranti sfruttati dal “caporalato”.  Tra il 1818 e il 1822 il comandante marchese Vito Nunziante, fece edificare le casette per gli operai impegnati nella bonifica, costruì anche il palazzo nobiliare, la chiesa madre e il monastero con asilo e scuole per i figli dei contadini. Gli operai, carrettieri, vanghieri, artigiani venivano retribuiti con contratti di colonia partecipativi. Nel villaggio erano presenti un sacerdote e un medico pagati del marchese. Le terre bonificate vennero messe a coltura di agrumi, olivi, foraggi e primizie orticole, infine venne praticata la “gelsobachicoltura”, produrre seta indispensabile ai setifici di San Leucio. A distanza di 200 anni in quei luoghi lo sfruttamento schiavista del lavoro continua. Inutilmente ancora si discute come porre fine allo sfruttamento della forza lavoro, ed il rilascio di PERMESSI di SOGGIORNO ai migranti non risolverà il problema, non è la prima volta né sarà l’ultima. L’attuale governo, mosso solo da interessi elettorali e non morali e sociali, regolarizzando la posizione di 200.000 migranti, non li sottrae al degrado delle baraccopoli né allo sfruttamento lavorativo. Non risolve l’integrazione tra indigeni e extracomunitari, al contrario erge un ulteriore muro divisorio e d’incomprensione con i lavoratori italiani non disposti a farsi sfruttare nei campi con salari non adeguati. Il governo di Giuseppe Conte sa di giocare sporco, di giocare al ribasso perché “regolarizzazione” non significa “salario adeguato e garantito. Zingaretti, Fratoianni, Renzi e Di Maio sono interessati solo a carpire consenso elettorale dai loro amici salottieri-benpensanti. Dopo il disastro del Covid 19, le elezioni amministrative d’autunno e le politiche di primavera saranno un duro campo di prova. Sanatoria vergognosa che non concede “diritti” ai disperati impegnati nei lavori stagionali. Sanatoria di facciata, sanatoria del mucchio selvaggio. Sanatoria tesa a tranquillizzare gli imbianchini di sepolcri, gli habitué dei salotti bene della nuova borghesia liberal-sinistrorsa amanti del “bel vivere e di bella ciao”.

Baracche di ieri, baracche di oggi, baracche future.

Romanzi, racconti, film, musica: Riso amaro – film di Giuseppe De Santis- La risaia – film – di Raffaello Matarazzo. Malavoglia di Giovanni Verga. Padre padrone di Gavino Ledda. Fontamara di Ignazio Silone. Canale Mussolini di Antonio Pennacchi. Acciaio di Silvia Avallone.  Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi. Baracche di Fortunato Seminara.