Il deputato 5Stelle Antonio Del Monacosi espresso in merito a quanto emerso nella trasmissione di Giletti andata in onda una settimana fa.
“La possibilità degli arresti domiciliari di cui stanno beneficiando, volta per volta, nomi noti della criminalità organizzata sta lasciando senza dubbio tutti più che basiti. È inaccettabile che sia concesso tale privilegio ad ex boss della mafia e della camorra. L’argomento è stato già oggetto di alcune mie riflessioni, – dichiara l’on. del Monaco – ma vorrei aggiungere un ulteriore mio disappunto nato a seguito della trasmissione di Giletti “Non è l’Arena”, andata in onda domenica 3 maggio. Il continuo attacco al Dap, per le mancate risposte di quest’ultimo al Magistrato di Sorveglianza di Sassari in merito alla recente questione Zagaria, mi ha lasciato piuttosto perplesso: è impensabile accusare esclusivamente il Dap quando ciò che andrebbe considerato è un evidente concorso di colpa, giacché, come io stesso ho sottolineato in un mio precedente intervento, questi atti di scarcerazione hanno riguardato anche le magistrature di Milano e non solo.
E dunque perché accanirsi contro il Dap e i suoi funzionari per la questione Zagaria, gettare fango non tenendo conto, tra le tante cose, che l’unico ad essersi dimesso è proprio Francesco Basentini, Capo del Dap. Della mancata collaborazione è giusto che rispondano entrambe le parti, perché è impensabile sostenere il contrario, laddove molte sono le cose ancora da chiarire in questa delicata vicenda. Giletti, col suo agguerrito “processo” unilaterale non ha portato un esempio di buon giornalismo in TV, salvaguardando ostinatamente la Magistratura e condannando il Dap. Quando viene a mancare la comunicazione tra tutte le parti in causa è logico presumere che l’errore non stia solo da una parte.
Il dibattito in trasmissione si è valso poi della telefonata del noto magistrato Nino Di Matteo, per il quale nutro stima e ammirazione. Durante il suo intervento, però, comunica alcune sue perplessità in merito all’operato di alcuni organi dello Stato, lasciando addirittura trapelare che un Ministro della Repubblica possa essere stato in qualche modo condizionato, forzato ad agire a favore della criminalità.
Di Matteo, dunque, decide improvvisamente, dopo due anni, di dichiarare cose gravissime, gettando altra benzina sul fuoco. Mi è sembrato un intervento poco genuino: perché non ha disposto delle indagini illo tempore? Perché non ha denunciato? Perché parlarne solo ora, pubblicamente, dando spazio a gravi insinuazioni? Credo si debba fare maggiore chiarezza in merito al comportamento omertoso del magistrato.
Questa “new entry” ha fatto immediatamente gola al centrodestra che, senza pensarci un solo istante, ha cavalcato l’onda presentando una mozione di sfiducia contro il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, a prima firma dei capigruppo di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia in Senato con la quale si chiedono le dimissioni del Guardasigilli. Trovo l’accusa del tutto fuori luogo, un vile attacco gratuito. Viviamo una crisi senza precedenti, venutasi a creare per questa inaspettata e disastrosa emergenza sanitaria, per la quale l’intero Paese sta combattendo una dura battaglia. C’è grande bisogno di coesione e collaborazione per superare questa delicatissima fase delle nostre vite, e dunque non credo che alimentare polemiche, creare altro caos, sia il modo più onesto di agire, soprattutto se cinicamente finalizzato a generare sfiducia nel Governo da parte dei cittadini.
Non è dunque crocifiggendo il Dap o i suoi funzionari che i problemi vengono risolti, tantomeno il ministro Bonafede, che ha proposto un decreto, un vincolo normativo, a cui sono completamente favorevole, per ripristinare l’immediato rientro di questi criminali nel solo luogo che spetta loro: il carcere duro del 41bis. Non c’è problema di salute che tenga: gli arresti domiciliari non sono contemplati per personaggi come Zagaria, Bonura, Iannazzo o il feroce La Rocca. Fine pena o no, se malati verranno curati come giusto che sia, ma continuando a pagare per i loro reati come previsto dalle sentenze, in carcere fino all’ultimo giorno”.