– di Mariantonietta Losanno –
Benjamìn Esposito è un funzionario del Pubblico Ministero in pensione. Dopo una vita trascorsa a rincorrere assassini, decide di dedicarsi alla stesura di un romanzo, una sorta di memorandum della sua vita. Scrivendo, gli torna alla mente un vecchio caso irrisolto, il caso Morales, avvenuto negli anni Settanta e archiviato dalla polizia: una ragazza fu stuprata e uccisa da una persona che è rimasta impunita. Perché decidere di riportare alla luce, dopo più di vent’anni, questa indagine? Semplicemente perché tutta la sua vita è stata segnata da questo evento, il suo sguardo è ancora fermo a quel momento. In questo percorso a ritroso di Esposito, si inserisce anche il legame con Irene, segretaria del Pubblico Ministero: un sentimento sempre vivo ma mai realmente vissuto.
Tratto dal romanzo di Eduardo Sacheri (co-sceneggiatore del film insieme a Campanella), “Il segreto dei suoi occhi” è un insieme di racconti racchiusi in un’unica storia: il senso di colpa, il risentimento e la vendetta sono il fulcro della vicenda. Esposito scrivendo le “sue memorie” prende coscienza della sua frustrazione e della sua infelicità; si ritrova da solo, senza una famiglia ed un lavoro, con addosso il peso della responsabilità per aver lasciato che un reo confesso restasse libero.
Benjamìn non è riuscito a prendere in mano la sua vita e ad affrontare le sue paure, e mentre il colpevole è rimasto in libertà, lui ha vissuto la sua vita come se si trovasse in una prigione interiore costituita da ricordi e rimpianti.
Gli occhi non mentono mai, che siano quelli dell’amore o dell’assassinio. Il regista sfrutta l’uso dei primi piani per far emergere i sentimenti: in alcune scene non ci sono battute né musica, sono soltanto gli sguardi a parlare. È questo aspetto che eleva e contraddistingue l’opera di Campanella, di cui è stato realizzato, nel 2015 da Billy Ray, un remake con Julia Roberts e Nicole Kidman che ha -purtroppo- distrutto totalmente l’assetto dell’opera, creando un prodotto commerciale, lontano dalla profondità del dramma della pellicola originale.
Gli occhi sono rimasti fermi sul corpo martoriato della ragazza uccisa venticinque anni prima: quella paura irrisolta è troppo difficile da tollerare. Attraverso flashback, la pellicola viene raccontata su due diversi livelli temporali: è la nostalgia a legare il passato al presente e a tenere in piedi la storia. “Il segreto dei suoi occhi” è un’opera atipica in cui ogni sguardo evoca un’emozione: il bisogno di fare giustizia per un caso insoluto si collega alla necessità di riprendere le fila di una vita che per troppo tempo è sembrata vuota e senza senso. Campanella evita di far pesare eccessivamente il clima storico della vicenda -quello della dittatura- per concentrare l’attenzione sulla dimensione emotiva. È atipico anche il modo di descrivere l’amore (sia quello di Esposito verso Irene che quello del marito della ragazza assassinata), che è avulso dal bisogno di sensualità o ammiccamenti, e che si rivela, quindi, in controtendenza. La storia sta in piedi da sé, al regista non serve distrarre lo spettatore attraverso “giochi di prestigio” della macchina da presa: anzi, lo spettatore non deve in alcun modo distrarsi per poter cogliere un atteggiamento anche solo da uno sguardo. Ed è una forma di eloquenza molto più forte anche di un disperato urlo o di un’espressione colorita. Per voltare pagina e ricominciare bisogna sempre però far pace con se stessi: l’inquietudine che pervade la narrazione dei fatti si attenua solo alla fine, grazie ad un drammatico -e per certi versi necessario- colpo scena. Non restano che i ricordi, e perché non influiscano negativamente sul futuro bisogna far in modo di trasformare il dolore in un sentimento più costruttivo.