– di Mariantonietta Losanno –
Ed è un famoso professore di astrofisica, Amy è una studentessa. Lui viaggia molto per lezioni e congressi, ha famiglia e figli in un’altra città; lei si mantiene gli studi facendo la stuntgirl – un’attività che considera catartica – rischiando ogni volta la vita, mossa da un profondo senso di colpa che si trascina per una tragedia familiare. L’unica scena in cui i due amanti si vedono è quella che apre il film, da lì in poi il professore scompare. Sembrerebbe una partenza come un’altra: i due si scambiano e-mail, messaggi, frasi d’amore. Durante una conferenza all’università viene però annunciata la morte del professore, a causa di una lunga malattia.
L’amore va oltre. La bellezza e la sensibilità di questo film riescono a mostrare come un amore assoluto, fatalmente connesso anche alla morte, possa sopravvivere. Ed continua a mandarle messaggi e video che arrivano alla ragazza con estrema puntualità e in coincidenza con i momenti importanti della sua vita. È possibile, dunque, amarsi anche in assenza di corpo. Scienza e anima, materia e spirito si uniscono in un film che pur mostrandosi romantico e struggente, non si riduce mai all’enfasi e al sentimentalismo. Grazie alla presenza/assenza del professore, Amy riesce a laurearsi a pieni voti, a ricostruire il rapporto con la madre e ritrovare se stessa. “La corrispondenza” racconta un amore che sfida spazio e tempo, che è vivo e dà vita. Quello di Ed e Amy è un rapporto fatto di attimi rubati al mondo, e non vuole intendere che si possa amore qualcosa di astratto o inesistente: si può provare un sentimento anche verso una persona che fisicamente non è più presente, possono essere anche soltanto i ricordi e le parole a tenere in vita un legame. Il regista, esplorando un terreno pericoloso (quello dell’amore al di là di ogni limite, persino al di là la morte o di legami precedentemente instaurati), sceglie inevitabilmente di coinvolgere maggiormente un pubblico predisposto a cogliere il senso del film: uno spettatore con un’innata empatia potrà apprezzarlo in modo più naturale e spontaneo.
Il professore non vuole essere per Amy come un fantasma che la tormenta o le impedisce di andare avanti con la sua vita: il suo intento è quello di tenere in vita l’amore e i ricordi che lo hanno caratterizzato, di sostenerla ed aiutarla a seguire la propria strada, di fare in modo che abbia meno paura di lasciarlo andare. Sarà Amy, quando sarà pronta, ad accettare la fine: da quel momento in poi, il ricordo le farà compagnia da lontano, in modo meno invadente o sofferente, ma sarà comunque presente per sempre. Nel suo ultimo messaggio, Ed parla delle stelle morte milioni di anni fa, e di come riescano ancora a brillare a distanza di anni luce: ci sono cose che restano per sempre inafferrabili o inesplorate, ma sono esistite e esisteranno ancora (e ancora brilleranno). In un mondo in cui la comunicazione digitale distrugge l’autenticità dei rapporti, la pellicola di Tornatore riesce a non denigrarla, anzi, ne assume un valore essenziale. Il regista suggerisce, infatti, delle riflessioni: dove ci sta portando questa tecnologia che ci permette di essere uniti anche a distanza? E cosa vuol dire oggi separarsi, se in ogni istante possiamo contattare chi ci ha lasciati, se quella persona può “spiare” o addirittura essere partecipi della nostra vita?
“La corrispondenza” è, dunque, un film obsoleto, che potrebbe essere anche considerato – dai più cinici – come la rappresentazione di un amore egoistico, espressione di un bisogno di tenere ancora stretto a sé il buono di quello che c’era. Però, non tutti i modi di amare vengono compresi: ci sono sentimenti che non si cancellano, che servono a maturare e, forse, a saperne indagare altri, nuovi, che portano con sé il ricordo di quello che c’è stato.