– di Nicolò Antonio Cuscunà & Salvatore Castello –
Sfatiamo subito tutte le dicerie, Lunedì in albis, Pasquetta, u pascuni, picnic, gita fuori porta, scampagnata, eccetera. È costumanza, sacra o profana, ufficializzata come giornata di non lavoro, dal dopo guerra, per prolungare le festività. Quindi, potremo individuare una prima origine “consumistica” della festività sacra. Circostanza che rammenta l’incontro delle Pie donne recatesi al Santo Sepolcro, trovato vuoto. La Resurrezione era avvenuta il giorno prima, forse vuole ancora ricordare il giorno in cui due apostoli recandosi nel paesino di Emmaus videro Gesù Risorto. In Italia la tradizione si conserva, anche se diversamente condizionata nelle differenti località tra Nord e Sud, zone marine, collinari o montuose. Quest’anno la tradizione subirà un forzato arresto per il “distanziamento sociale ” causato della pandemia da “coronavirus”. Ed anche se le Autorità’ costituite esprimono preoccupazioni, circa gli eventuali trasgressori delle norme di sicurezza, la speranza confida nelle sagge scelte degli italiani “non rinunciatari” della gita fuori porta, trasformata nella “gita sul balcone, cortile o giardino di casa, sempre e solo in “isolamento sociale”.. Con questo augurio tratteremo le tradizioni culinarie tanto care al lunedì in Albis.
Ogni luogo d’Italia, si sa bene, è un grande museo all’aperto, e per museo non s’intende solo il luogo di conservazione di bellezze antiche. L’Italia è museo nel paesaggio, nei monumenti, insomma ogni angolo dello stivale è degno di bellezze da rispettare, salvaguardare e anche, quando possibile, fruire. Il giorno dopo la Santa Pasqua, l’escursione fuori casa, è sempre stata occasione per visitare bellezze naturali e storiche. Nella circostanza, fino ai primi anni ’80, ricordiamo il libero accesso al parco della Reggia vanvitelliana, consentito senza limiti a migliaia di famiglie organizzate con “mappate” di alimenti da consumarsi sui prati, spesso con l’accensione di “sua altezza reale la fornacella”. Non mancavano i “supersantos” per le partitelle pomeridiane, né le musicassette e i mangiadischi, qualche suonatore di tarantella, venditori di “panzarotti”, palloncini, noci, nocelle, calia e bruscolini. Tutto veniva tollerato, anche gli eccessi, conclusisi col giusto totale attuale divieto. Da Venezia laguna, alla reggia di Venaria, dal lago di Ganzirri, ai pianori d’Aspromonte, dal Circo Massimo, a Castel del Monte, dai Sassi di Matera ai vaporetti per Ischia e Capri, tutto veniva preso d’assalto, da gitanti in festa. Dagli anni del “lecito arrembaggio” s’è passati alla “corretta, educata e controllata fruibilità nel rispetto della conservazione di luoghi e memorie.
Quest’anno è diverso.
La paurosa e preoccupante pandemia del “coronavirus”, nel costringere mezzo mondo all’isolamento sociale, di fatto interrompe la tradizionale gita del dopo Pasqua. Allora cosa fare? Attenersi al distanziamento sociale è d’obbligo, ed a questo le autorità si raccomandano, non è d’obbligo interrompere il tradizionale consumo del cibo pasquale trasformato – frittata di maccheroni- e l’aggiunta di nuove prelibatezze. Al contrario, si può cogliere l’occasione per consolidare la tradizione del lunedì, organizzando la gita “sul balcone, terrazzo, cortile di casa, giardino, chiaramente solo ad uso privato e non condominiale. Basta un tappeto, anche asciugamani stesi per terra, oppure un tavolino, la radio sintonizzata esclusivamente con la musica, meglio ancora se capaci di suonare e cantare in proprio, tavola imbandita e, per i fortunati, possessori di barbeque, carne alla brace in abbondanza da spartire con i vicini meritevoli. Nella circostanza un’attenzione particolare va rivolta alla “regina della braciata del lunedì di pasquetta a FORNACELLA”! Cugina poverissima del “borghese barbeque”, la fornacella non può mancare, per creare il vero picnic delle belle occasioni. Dal costo accessibile a tutti, di latta stampata, con coperchio, sportellino regola fuoco, fornita anche di piccola griglia, basta caricarla con i carboni, accenderla e….. bistecche, salsicce e bruschette sono garantite se non si fanno bruciare. Cosa chiedere di più? Solo la sopportazione dei condomini dei piani superiori, di accettare, per un solo giorno, il profumo misto a fumo che sale dal basso. Per ripagarli del disturbo, oltre al fumo si invia un assaggio dei prodotti finiti.
Folklore, sacro e profano, nella circostanza la “cucina la fa da padrona. Le varianti regionali dei cibi sono la vera dimostrazione della cultura dei popoli. Più che arte, letteratura e musica la vera cultura popolare si legge nei prodotti coltivati, allevati e nei metodi di conservazione, trasformazione e preparazione per il consumo.
Tradizione campana-Napoli-Caserta.
Il pranzo pasquale prima d’archiviarlo, merita la descrizione. La fellata: “affettati di salumi e formaggi, non possono mancare il salame tipico Napoli e il caciocavallo del Monaco; minestra maritata rigidamente composta da 7 verdure, di cui tre selvatiche -tarassaco, cardella e borragine- con carne di porco-zampone, orecchie e muso, salsiccia di polmone e muscolo di manzo-; maccheroni di ziti, rigidamente spezzati dai bambini e riposti nel colapasta, conditi con il ragù di carne -almeno tre tagli di porco e di manzo con involtini (braciola) sfritto con cipolla e lasciato “pippiare” in tegame di terracotta almeno dalla sera del Sabato Santo; agnello o capretto al forno con patate novelle , vale anche la versione con il pollo; dolci della circostanza in cui non può mancare la “Pastiera” di grano; vino Pallagrello, Aglianico, Falerno del Massico e Gragnano frizzante .
La “Pastiera” merita un particolare ricordo per la storia che vuole farla nascere, per volontà della Sirena Partenope. Questa, fermatasi a vivere nel golfo prospiciente il vulcano Vesuvio, ricevette in regalo 7 prodotti: farina, ricotta, uova, grano, acqua di fiori d’arancia, spezie e miele. Per ingraziarsi gli Dei, Partenope, con i prodotti ricevuti in regalo, creò il dolce chiamato Pastiera. Per rammentare i prodotti la decorò con 7 strisce poste ad incrocio, 4 sotto e 3 sopra.
Lunedì in Albis al tempo del Covid 19, tempo meteorico permettendo e con la disponibilità del luogo casalingo esterno alle 4 mura di casa, in compagnia di “Sua altezza Reale a FURNACELLA” si prepara la “BRACIATA”. Tradizione vuole, nella griglia sui carboni accesi adagiare: agnello, beef, costate di porco, salsiccia e spiedini. Per i raffinati non possono mancare ” i mbruglietiell” – abbuoti o stigghiola -kokoretsi greci- involtini di budelli ovino-caprini, accuratamente puliti, avvolti attorno a rametti di prezzemolo. Pietanza dal significato e sapore tribale, ma per assoluti intenditori. Alla tavola di Pasquetta non può mancare a ” carcioffl arrustut”, consumata per aiutare la digestione, ma di fatto, l’appesantisce per la presenza dell’abbondante ripieno d’aglio e prezzemolo. Infine è il caso dire: ” la bocca non si slacca se non sa di vacca”. Ed allora si passa “all’impiccato”, ovvero, caciocavallo possibilmente dop, appeso ad una corda penzoloni sulla brace in via di spegnimento. Il dolce formaggio sciogliendosi lo si spalma su fette di pane abbruschettato. Pizza chiena, frittata di maccheroni, e chi più ha più ne metta… si conclude anche il giorno di Pasquetta. A tarda sera si conclude con pastiera, casatiello, amaro, ammazza amaro e caffè.
Ed allora, Santa Pasqua e santissimo lunedì di Pasquetta a TUTTI.