CORONAVIRUS, ALL’ORIGINE DEL MALE (III parte) LA PAROLA AD UN ESPERTO: ALESSANDRO SCORCIARINI COPPOLA

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–    di Francesca Nardi     –              

3° puntata

 Abbiamo appena iniziato il nostro cammino e qualche piccola luce si scorge in fondo al bosco…ne seguiranno altre ed altre ancora, finché tutto sia chiaro e non vi siano fraintendimenti e il pensiero possa decollare libero e spaziare, planare e sfuggire alle grinfie del ricatto, agli artigli dell’ombra che vorrebbe rendere più denso il silenzio…fino a confondere la memoria con la follia…

 Quali farmaci utilizzavano gli allevatori per il bestiame o non ne utilizzavano affatto?

La specie bufalina si rivela su questo aspetto molto avvantaggiata, rispetto alle altre specie zootecniche, per via del fatto che è molto rustica, quindi resistente e si ammala poco per cui, anche l’impiego dei farmaci è piuttosto limitato, a differenza di quanto accade per i bovini, spesso afflitti da patologie respiratorie o altro. Se c’è un uso di farmaci sui bufalini questo è dovuto proprio al fatto che, non essendoci la produzione della carne, se non in rari casi e per piccoli numeri, si tende a tenere il bestiame da latte fino a tarda età, come non accade nel comparto bovino, motivo per cui qualche problema podolico, di mastite o di prolasso, alla fine sorge e il Progetto Carne rappresentava un vantaggio, anche sotto questo aspetto. Gli unici farmaci che si usano con frequenza sono la ivermectina che serve a distruggere gli acari della rogna e altri parassiti interni, l’ossitocina necessaria a far calare il latte, avendo questa specie, la tendenza a ritenerlo essendo stato allontanato il nascituro e l’estrumate che è un regolatore del ciclo estrale, al fine di ottenere e sincronizzare le fecondazioni e, di conseguenza, i parti, quando si ritiene sia più opportuno avere la maggior parte di latte, cioè nel periodo dell’anno in cui c’è più consumo di mozzarella, che è la primavera – estate. C’è, però, stato un periodo che spero ormai lontano, quando la brucellosi imperversava, credo molto più di oggi (ma devo anche dire di non essere aggiornato essendomi allontanato da oltre un decennio dal mondo zootecnico per raggiunta insofferenza, ognuno ha una pazienza) che si fece un largo uso e abuso di ossitetraciclina a lunga azione per negativizzare, sia pur temporaneamente, il bestiame dalle brucelle, in vista di controlli evidentemente pilotati e l’utilizzo di un inutile vaccino statunitense, contro la stessa malattia, RB 51 si chiama, utile sui vitelli dei bisonti, che è stato impiegato in parte legalmente, anche se a mio parere sempre scioccamente ma il discorso sarebbe lungo, in parte illegalmente visto che, oramai, il prodotto girava come non sarebbe proprio dovuto accadere. Buona pratica, infine, quella delle vaccinazioni contro le affezioni respiratorie sulla quale spesso inascoltato allora mi spesi e che spero si sia nel frattempo diffusa. Gli abusi coi farmaci ci sono, ma avvengono molto di più in altri comparti zootecnici.

Le scelte degli allevatori e naturalmente dei loro veterinari, erano e sono insindacabili o periodicamente subordinate ad un controllo superiore?

I farmaci a uso zootecnico vanno venduti esclusivamente attraverso la ricetta del veterinario aziendale e la relativa fattura emessa dal deposito. Le ricette sono di vario tipo a seconda il farmaco in questione e sono sottoposte a controlli da parte del servizio veterinario pubblico, che dovrebbe verificare anche e soprattutto, le fatturazioni dei depositi per un confronto fra gli acquisti e le vendite; per intenderci: farmaci entrati e farmaci usciti. Tutto questo non avviene, come dovrebbe essere, altrimenti non avrei lasciato il lavoro di agente di zona, svolto per conto di una grossa casa farmaceutica, per non contravvenire prima all’etica e poi a norme e regolamenti, come accade con molta disinvoltura e frequenza. Compito dell’agente del farmaco a uso zootecnico, è quello di informare, rendere noti e illustrare scientificamente e commercialmente, i prodotti, indurre veterinari e allevatori a testare per esempio un vaccino sulla propria mandria, spingere commercialmente i prodotti che si rappresentano, attraverso un rapporto di fiducia che si va a instaurare ecc. al fine che il veterinario e l’allevatore si approvvigionino di quanto necessario, liberamente dal deposito o dalla farmacia di loro fiducia e non quello di corriere che porta nella propria auto i prodotti per consegnarli direttamente al nero, che risulta spesso essere l’unico compito che viene realmente svolto.