RIPARTIAMO DAI BENI COMUNI, DALL’AMBIENTE, DALLA GIUSTIZIA SOCIALE E DAL DIGITALE

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logo AMBC Beni Comuni scaled RIPARTIAMO DAI BENI COMUNI, DALLAMBIENTE, DALLA GIUSTIZIA SOCIALE E DAL DIGITALEÈ il tempo del silenzio e per un po’ ci asterremo da qualsiasi comunicazione. Vi lasciamo a queste <inconsuete> feste pasquali con un benaugurante <Manifesto per il Futuro>, per il <dopo virus>, per ripartire dopo l’emergenza e per r-innovare la Città. In vista di Tempi Nuovi, che non ci dovranno riportare alla <normalità>, se– come ha detto qualcuno– è stata proprio quella <normalità> ad aver determinato tutto ciò che sta accadendo. Abbiamo riscoperto in questi giorni il significato e il valore del pubblico dopo decenni di cessione di quote ai privati in ambiti vitali, a partire dalla sanità (c’è ancora qualcuno che si stupisce leggendo la notizia che in Italia c’è una sola azienda produttrice di respiratori artificiali e una di mascherine chirurgiche, mentre vi sono 231 aziende produttrici di armi e munizioni?). Per comprendere il disastro che si è consumato in tutti questi anni nella sanità del Mezzogiorno d’Italia leggiamo l’analisi di Gianfranco Visti: https://www.eticaeconomia.it/gli-investimenti-pubblici-nella-sanita-italiana-2000-2017-una-forte-riduzione-con-crescenti-disparita-territoriali/. L’ultimo numero de La Civiltà cattolica spiega come il coronavirus poteva  essere poco più di una influenza più coriacea delle altre, se il sistema sanitario occidentale avesse avuto l’articolazione e l’ampiezza che aveva prima della stretta liberista. L’epidemia attuale (e finiamola di dire che siamo in guerra!) non avrebbe probabilmente l’impatto che ha se non fosse per i lunghi decenni che abbiamo alle spalle che hanno causato danni ambientali, sanitari e sociali probabilmente irreparabili. Quando il dopo si potrà intravedere, cosa di quel dopo ci parlerà del prima? Quanto può essere incubatrice di un cambio di paradigma nella nostra comunità una crisi così profonda e protratta? La storia che si sta dipanando sotto i nostri occhi spinge verso la centralità del pubblico e una rivalutazione della dimensione comunitaria (comunità di cura, comunità operosa). L’AMBC ha voluto legare la propria azione, fin dalla scelta del nome, aibeni comuni” nella convinzione che la progressiva “privatizzazione” della nostra città (pensiamo al demanio marittimo) e dei servizi pubblici (quelli che da decenni sono nelle mani di privati) abbia tradito l’interesse pubblico dei cittadini e svenduto a privati “pezzi” del nostro territorio e funzioni pubbliche fondamentali. Si tratta di “privatizzazioni” che hanno di fatto (per ciò che è successo negli anni) compromesso il ruolo del nostro comune facendogli perdere l’essenza della sua missione, che è quella di perseguire l’interesse pubblico, a favore dell’interesse dei soci della società di turno o del concessionario di turno (quasi sempre turni eterni) e sottraendo alla “proprietà pubblica” ciò che spetta al popolo a titolo di sovranità. Da tempo andiamo dicendo che occorre fermare il consumo di suolo inteso sempre più come “oggetto-merce” e ripensare il sistema delle concessioni (spiaggia) e, ancor di più, le modalità di gestione dei servizi (dai parcheggi, alla farmacia comunale, dai rifiuti alle diverse manutenzioni, dai servizi cimiteriali a domanda individuale ai servizi di welfare e così via), nonché l’organizzazione comunale e la nostra adesione o la nostra modalità di partecipazione a consorzi o ambiti, veri e propri carrozzoni di clientele e sperperi. Per noi il tema dei beni comuni dovrebbe rappresentare (unitamente alla giustizia sociale, all’ambiente-salute-clima e al digitale, compreso il controllo e il governo dei dati) l’essenza stessa di quel <campo largo della sinistra> del quale si parla da tempo (e che a Mondragone alcuni di noi tentarono di tirare su già a partire dal 2003 con la Sinistr@Unita per Mondragone e che i <soliti noti> fecero miseramente fallire) e costituire le fondamenta su cui costruire la svolta politica di cui la città ha bisogno, svolta miseramente tradita dal Patto Civico del 2017. Di ambiente, giustizia sociale, digitale e beni comuni (i beni comuni-naturali, sociali, emergenti e ad uso civico) e, quindi, di un altro modo di governare e di fare politica dobbiamo parlare per cambiare la nostra Città. Senza aspettare che a cambiare sia il Mondo. Nel programma da noi scritto per il Patto Civico- e restato per loro incapacità <lettera morta>– la partecipazione per un’amministrazione condivisa si coniuga con la tecnologia per un nuovo paradigma del governo locale. Anche questa epidemia ci conferma che questa è la strada giusta. Come la tecnologia civica può aiutare a fermare la pandemia è l’analisi di Jaron Lanier e Glen Weyl, disponibile in italiano sul sito del Global Committee for the Rule of Law. Vi consigliamo caldamente di leggerla: http://globalcommitteefortheruleoflaw.org/it/come-la-tecnologia-civica-puo-aiutare-a-fermare-la-pandemia. Buona Pasqua e Buona Festa Patronale. #iorestoincasa.

1 commento

  1. E’ indubbio che il famigerato “virus invisibile” ha evidenziato le nefandezze politiche precedenti. Penso che sia stato sottovalutato il pericolo, in alcune zone scientemente per questioni economiche (Lombardia). Sono convinto che qualcosa cambierà e, chi continuerà a governare, saprà far tesoro di questa esperienza per far sì che tutti possano beneficiare dei servizi essenziali che, purtroppo, ad oggi sono deficitari. Tra i tanti, io punterei su: 1) Lavoro per tutti che permette di avere un reddito minimo ed eviti il lavoro in nero; 2) la Salute con un investimento non solo sugli Operatori in generale ma, anche a livello Strutturale (ultimazione Policlinico, riattivare nosocomi chiusi con troppa fretta che dovrebbe servire una popolazione dai 30.000 ai 50.000 residenti; 3) l’Istruzione intesa come comunità in ambienti idonei (Ed. Scolastica) e il potenziamento della tecnologia, dal momento, che sicuramente non si rientrerà in classe finché Non ci sarà un vaccino e, quindi, l’A.S. prossimo, sarà svolto da casa. Tutto ciò, è causato dalla mancanza dello spazio vitale tra gli alunni che, per le S.S. di II° non sarà più di 1.96 mq. ma, per forza, di 2,50-3,00 mq. tenendo presente che la distanza sociale Non è più di 1m. ma di 1.86m. e, i nostri Istituti, purtroppo non sono a norma!!! Saranno
    mesi difficili perché non sarà semplice ottemperare a queste carenze. Auguri a tutti.

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