COVID-19: TUTTO QUELLO CHE GLI ALTRI NON POSSONO O NON VOGLIONO DIRVI (e che non vi diranno mai)

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I PUNTATA: EFFICACIA GIURIDICA DELLE RECENTI RESTRIZIONI GOVERNATIVE

     –         di Luigi Cobianchi         –                

LUIGI COBIANCHI COVID 19: TUTTO QUELLO CHE GLI ALTRI NON POSSONO O NON VOGLIONO DIRVI (e che non vi diranno mai)              Premessa ‘maggiore’, che varrà per ogni argomento affrontato in queste mie riflessioni, a ‘puntate’, senza eccezioni di sorta: come ebbi a dire per le Sentenze passate in ‘cosa giudicata’, nel mio precedente scritto pubblicato da questa Testata, anche i provvedimenti d’Autorità si eseguono, senza se e senza ma.

Qualcuno potrebbe obiettare: anche le disposizioni che impedivano ai Cittadini della ‘fu’ Repubblica ‘Democratica’ Tedesca (DDR) di oltrepassare il Muro di Berlino, per ricongiungersi ai loro parenti e amici della Repubblica Federale di Germania (BRD), a pena di fucilazione in flagranza (previa intimazione, più o meno reiterata, dell’ ‘alt’) erano provvedimenti d’autorità…

Ma tant’è.

               Venendo ai Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) susseguitisi nelle ultime settimane, che limitano la nostra libera circolazione sul suolo della Repubblica, i cultori del Diritto si sono posti una questione fondamentale: hanno i crismi del ‘provvedimento d’autorità’ e, quindi, sono realmente cogenti?

A dire del prof. Gian Luigi GATTA, Ordinario di Diritto penale alla Statale di Milano (cfr. Il Sol24ORE, 18/03/2020) no, per un palese vizio di legittimità costituzionale [appena, appena…]. Recita, invero, l’art. 16, comma 1 della nostra Carta Fondante: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche».

                 In claris non fit interpretatio: per limitare uno dei più sacri diritti tutelati dalla nostra Costituzione occorre una Legge, o un atto avente forza di Legge (un Decreto Legislativo (D. Lgs.), ove ne ricorrano le condizioni, ovvero un Decreto Legge (D.L.), bisognevole, tuttavia, di conversione da parte dell’unico Organo legittimato a legiferare, a livello nazionale, nel nostro Ordinamento, il Parlamento, a pena di decadenza) e, pacificamente, un DPCM non lo è!

D’altra parte, figuriamoci se in nostri sacrosanti Padri Costituenti, con la loro cultura, il loro spessore umano, ma, soprattutto, il terrore che – con pretesti solo in apparenza legittimi, come un’epidemia – si potesse instaurare nuovamente una dittatura nel nostro Paese, non avrebbero tutelato un siffatto diritto, sottoponendolo a ‘riserva di Legge’!

Non dimentichiamo mai che Mussolini non raggiunse il potere con un colpo di stato, bensì attraverso un regolare incarico di formare un nuovo Governo, datogli dall’allora sovrano, Vittorio Emanuele III (in arte «Sciaboletta»). Dopo di che, per stadi successivi, esautorò di ogni potere reale gli altri organi costituzionali ‘albertini’, a cominciare dal Parlamento, fatto apparire al Popolo, nella vulgata scritta dal Ministero della Propaganda – ai dì nostri sostituito da associazioni, piattaforme e ‘comunicatori’ vari, ivi comprese ex starlet della televisione più trash, oggidì pagati 180 mila euro l’anno – come organo pletorico, ridondante, pachidermico, perdigiorno, lento e, quindi… inutile, rispetto all’efficientismo dell’uomo solo al comando.

E, mutatis mutandis, qual è stato uno degli ultimi temi affrontati dai nostri parlamentari, prima della loro esautorazione de facto? L’autocastrazione – e, con essa, quella della democrazia – attraverso la riduzione del numero dei componenti le due Camere…

                   Discorso del tutto analogo vale per ogni e qualsivoglia limitazione delle attività produttive. Recita, invero, l’art. 41, comma 3, della Costituzione: «la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.». La Legge (o atti equipollenti) non un DPCM!

Qualcuno potrebbe obiettare: ma è possibile che a quei gran cervelloni che ci governano sfugga financo un concetto così fondamentale, la lezione ‘zero’ di un corso di laurea in Giurisprudenza degno di questo nome, ovvero quali siano le fonti del Diritto e quale la loro scala gerarchica?

Che dire?! Se pensiamo a chi, in questo momento guida Palazzo Chigi, quello dello «smart worki» [sic! ma non aveva insegnato in Paesi Anglofoni, ove è d’obbligo la prova di lingua, prima di poter svolgere qualsivoglia incarico di tal fatta?] a chi è alla Farnesina, piuttosto che è a Palazzo Piacentini e a chi, ancora, nel più recente passato, ha retto il Viminale, allora…

A volte non sai quale sia il male maggiore tra la pseudocultura e l’ignoranza totale.

Una cosa è certa: se un DPCM non ha forza di Legge – come non la ha – men  che meno, allora, può averla un Decreto Ministeriale (D.M.), emesso da questo o quel Dicastero, singolarmente o in associazione, come il più recente provvedimento che ci impedisce di uscire dai comuni di residenza.

                     Altrettanto certo è che NESSUNO può limitare il diritto di noi credenti di accedere ai Sacramenti e di partecipare alle funzioni religiose, soprattutto a quelle che rappresentano un PRECETTO, atteso che la nostra Costituzione non contempla alcuna possibilità in tal senso, neanche in forza di una Legge (cfr. art. 19). Né la Santa Messa, anche in virtù dei Patti Lateranensi, richiamati tra gli articoli fondamentali (e immodificabili) della Costituzione può essere considerata [o sbaglio?] un «rito contrario al buon costume» (cfr. art. 19), men che meno un assembramento, o una mera riunione di cui all’art. 17, atteso che vi è uno specifico articolo della Carta Fondante, il 19, il cui combinato disposto con l’art. 7 disciplina per intero la materia.

                    A oggi, quindi, gli ultimi due atti cogenti emanati dal Governo con riferimento al problema Covid-19 sono il D.L. n°18/2020 e il D.L. n°19/2020.

Con riferimento all’ultimo, una riflessione a sé merita il suo art. 4 e, segnatamente, il suo comma 1, nella parte in cui recita: «Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all’articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, ovvero dell’articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità, di cui all’articolo 3, comma 3. …»; e il suo comma 8, per il quale: «Le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla metà [bontà loro!!]. …»

Definirlo un ‘obbrobrio giuridico’ è poca cosa: in un colpo solo la predetta norma si mette letteralmente sotto i piedi i più sacri capisaldi del nostro Ordinamento: dall’irretroattività delle Leggi, all’obbligatorietà dell’azione penale (cfr. Cost., art. 112 e artt. 50, 335 e 405 cpp), alla gradazione sussistente tra pena e sanzione amministrativa.

Per brevità intendiamo qui affrontare esclusivamente il primo punto, l’irretroattività, anche perché la norma che stiamo analizzando più che violare, violenta questo principio, che fonda solidamente la sua ragione d’essere non esclusivamente in questa o quella Legge ordinaria, bensì nella Costituzione. Recita, invero, il suo art. 25, comma 2: «Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.».

Alla Carta Fondante fanno eco:

  • l’art. 11, comma 1, delle cosiddette ‘Preleggi’, più propriamente le «Disposizioni sulla Legge in generale o disposizioni preliminari al Codice civile», che recita: «La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo»;
  • l’art. 2, comma 1 del Codice penale, in ossequio al quale: «Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo, in cui fu commesso, non costituiva reato.».

In tutto questo gli Organi di controllo di legittimità costituzionale, dove sono?

Con ciò cosa voglio dire, che, stante la loro apparente inconferenza, possiamo darci alla ‘pazza gioia’, ignorando i DPCM e i DM de quibus e anche i D.L., poc’anzi citati, nelle parti che presentano chiari profili di incostituzionalità o di illegittimità?

Assolutamente no, ma pure farebbe bene il Governo quantomeno a ‘mettere le carte a posto’ e, al riguardo, auspico che qualche parlamentare di buona volontà che leggesse il presente articolo, essendo opportunamente attrezzato, voglia farsi latore di questa esigenza, attraverso un apposito atto di interpello.

Vi è, poi, un ultimo aspetto giurisprudenziale contraddittorio e perplesso in questa bailamme, ovvero: sono legittimi i provvedimenti più restrittivi, rispetto a quelli emanati dal Governo nazionale, che i singoli Presidenti delle Regioni adottano?

Per questa pericolosa confusione dobbiamo dire ‘grazie’ al PD e alla sua invereconda modificazione del Titolo V della Costituzione con particolare riferimento all’art. 117: se, invero, in precedenza qualunque costituzionalista avrebbe risposto, senza tema di smentita, che la materia era di competenza esclusiva delle Regioni, in condizioni ordinarie, ferma restando la possibilità per lo Stato di avocarla a sé, in caso di epidemia o, comunque, di fenomeni riverberanti su scala nazionale, o aventi implicazione a livello internazionale, anche avuto riguardo agli obblighi volontariamente assunti (giusto art. 11 della Costituzione) nei confronti dei competenti Organi sovraordinati (Unione Europea in testa), oggi, ahinoi, al comma 3 del richiamato art. 117, tra le «materie di legislazione concorrente» è chiaramente indicata la «tutela della salute». Quindi, purtroppo, i cosiddetti ‘governatori’ possono intervenire (a volte, a proposito; a volte, molto meno).

Fatti questi doverosi, elementari richiami giurisprudenziali – che certo non pretendono di essere esaustivi – e fermo restando il monito contenuto nella ‘premessa maggiore’, la domanda che sempre più frequentemente ci si pone è: ma questa sorta di arresti domiciliari forzati – oltretutto non susseguenti un reato – di clausura indiscriminata, anche per chi non ha vocazione religiosa – in generale e, men che meno, di natura contemplativa – hanno una reale valenza in punto di scienza?

Affronteremo il tema nella II puntata.