– di Anna De Luca –
Viviamo in una società dove l’unica cosa certa è l’incertezza, che è causa ed effetto di precarietà emozionale, instabilità relazionale, valoriale e lavorativa. Su quest’ultimo aspetto, beh siamo condannati a vivere in un’incertezza permanente, la paura di essere corpi superflui; non passa giorno, infatti, che non ascoltiamo che la tale azienda deve licenziare un certo numero di lavoratori motivando che “tale scelta è essenziale per assicurare l’operatività futura dell’azienda in un ambiente altamente concorrenziale”.
Concorrenziale …eh già….
Mi chiedo questi corpi superflui…che fine faranno?
Purtroppo la parola superflua non lascia altro tipo di significato. E per descriverlo come avrebbe fatto Bauman “…. essere in esubero significa essere in soprannumero, non necessari, inutili, indipendentemente dai bisogni e dagli usi che fissano lo standard di ciò che è utile e indispensabile. Gli altri non hanno bisogno di te, possono stare senza di te. Non v’è motivo evidente che tu ci sia e nessuna giustificazione ovvia alla tua rivendicazione del diritto di esserci. Venire dichiarato in esubero significa essere stato eliminato per il fatto stesso di essere eliminabile …essere un rifiuto. La destinazione dei rifiuti è la discarica, l’immondezzaio…”
Pedagogicamente parlando questi lavoratori hanno famiglie, figli. Immaginiamo cosa potrebbe dire un genitore “gettato nell’immondezzaio”. Figlio mio non lasciarti fregare come hanno fatto con me; figlio lascia perdere i sogni e pensa, invece, a guadagnare qualcosa; figlio fregatene di tutto e di tutti e diventi un pezzo grosso; Figlio appena sei maggiorenne scappa da questa terra e vai cercare fortuna altrove; Figlio diventa a tutti i costi un pezzo grosso; Figlio non ti fidare di nessuno, pensa solo a te.
Figlio, figlio, figlio …non finire nella discarica come me …. Figlio cosa vogliono fare a scuola? programmi per potenziare le abilità prosociali, empatiche? e dovremmo partecipare anche noi? Non teniamo un pezzo di pane da mettere a tavola e pensano all’empatia …. Figlio mio impara l’arte del sopravvivere le pensa solo a te…
Parole dure? no, sono quelle che ascolto al supermercato, in strada, voci di padri e madre disperate per la sorte dei loro figli che non hanno futuro. “L’ostetrica non li ha tirati fuori da un pancione fortunato”.
Molti di questi ragazzi con molta probabilità lasceranno la scuola lavoricchiando per aiutare i loro cari.
La povertà educativa e da dove nasce se non da questo insaziabile mercato di consumo di corpi superflui in eccedenza?
Anna de luca