DIFENDIAMO I SERVIZI, DIFENDIAMO I DIRITTI

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   –         di Alfredo Grado              –                               

FREUD DIFENDIAMO I SERVIZI, DIFENDIAMO I DIRITTI                   L’emergenza coronavirus ha messo tutto in secondo piano, condizionando una quotidianità che non sappiamo se e quando tornerà ad essere quella di prima. Se la sanità in Italia è sottoposta ad un grandissimo stress, ad una sfida senza precedenti, i servizi alla persona soffrono in silenzio. Soffrono gli anziani, costretti a sospendere le attività riabilitative, assistenziali o il contrasto alla solitudine, così come soffrono le cooperative sociali, il cui impegno si rallenta o si ferma in mancanza di strumenti atti a fronteggiare l’emergenza. E soffrono gli operatori, “messi a parcheggio” fino a data da destinarsi e, pertanto, privi di un benché minimo riconoscimento, soprattutto economico.

Nonostante le forti pressioni funzionali demografiche che da tempo chiamano in causa la sostenibilità del sistema italiano di protezione sociale (gli individui con almeno 65 anni sono già oggi il 22,8% della popolazione – Istat), il tema dell’invecchiamento non è mai riuscito a fare breccia nell’agenda di policy nazionale. È stato calcolato che, negli ultimi 20 anni, sono state avanzate ben 18 proposte di riforma, delle quali una soltanto – l’istituzione del modesto Fondo Nazionale per le Non Autosufficienze – è stata effettivamente adottata. Oggi la vulnerabilità delle persone anziane rispetto al Coronavirus, particolarmente aggressivo nei loro confronti, congiuntamente alle difficoltà per famiglie e assistenti familiari (le cosiddette “badanti”), portano al pettine il nodo della totale inadeguatezza delle attuali forme di assistenza. Basti pensare che negli anni l’assistenza domiciliare offerta dai Comuni per piccoli servizi domestici, disbrigo di pratiche e commissioni, non solo non è stata rafforzata, ma ha al contrario subìto restrizioni e limitazioni all’accesso. Fra 2010 e 2016 si è registrato un calo del 25% di spesa e utenti e nel complesso la spesa sociale pro capite dei Comuni per gli anziani è crollata da 119 euro nel 2003 a 92 euro nel 2016 (Istat 2019). In un quadro del genere, il welfare fai da te, perché è di questo che stiamo parlando, rileva le sue criticità. Per timore del contagio vi è infatti il rischio che colf e badanti decidano di interrompere il rapporto di lavoro. Ma anche c’è anche il rischio correlato che siano le famiglie a interromperlo. In conseguenza della sospensione di molte attività lavorative, le famiglie si troveranno con più tempo e meno risorse economiche a disposizione.

Quanto detto ci rimanda alla inadeguatezza di altre aree del sistema di welfare italiano, come il sostegno al reddito delle fasce più deboli. Ciò che voglio dire è che le conseguenze sul sistema produttivo e sulle dinamiche del mercato del lavoro delle misure restrittive di salute pubblica adottate in queste settimane sembrano creare o amplificare le disuguaglianze. Non è un caso se il Viminale ed i servizi segreti lasciano intravedere il timore di proteste sociali o disordini di varia natura.   Un esempio per tutti è sicuramente il clima di tensione che si sta creando a Palermo, dove un gruppo organizzato di giovani e meno giovani si è presentato alle casse di un punto vendita Lidl con i carrelli pieni di provviste al grido: <<Basta stare a casa, non abbiamo soldi per pagare, dobbiamo mangiare>>.

Potrei andare avanti nel riportare altri episodi di protesta, come gli scippi per strada dei sacchetti della spesa nel napoletano o i taccheggi di merce sugli scaffali da parte di alcuni “consumatori” pugliesi, ma il pericolo di ribellioni, spontanee o organizzate, si fa sempre più vicino. E soprattutto nel mezzogiorno d’Italia, dove l’economia sommersa e la capillare presenza della criminalità predatoria sono due dei principali fattori di rischio.

È bene ricordare che stiamo parlando di Regioni che assorbono l’80% del lavoro nero di tutto il Paese, nelle quali la serrata dei negozi, lo stop ai mercati e agli ambulanti, fino ad arrivare ai parcheggiatori abusivi genera, come diretta conseguenza, un popolo ridotto alla fame dopo solo quindici giorni di emergenza. In tal senso non credo serviranno a molto le risorse messe a disposizione dal Governo Italiano.

Il Presidente Conte afferma di voler aiutare i cittadini tramite i Comuni, e sicuramente lo farà, ma è opportuno sottolineare che i 4,3 miliardi di euro stanziati non sono altro che un anticipo di soldi che lo Stato deve già alle amministrazioni comunali. Un ulteriore aiuto arriverà poi da un’ordinanza della Protezione Civile, anch’essa annunciata dal premier nella Conferenza Stampa di sabato 28 marzo: 400 milioni di euro, sempre erogati ai Comuni, con il vincolo di dedicarli alla creazione di buoni spesa e al finanziamento della consegna di alimenti e generi di prima necessità da far compiere agli attori della filiera della solidarietà a favore dei cittadini in difficoltà. Anche in questo caso, facendo due conti, la cosa non torna. Infatti, se si considera che i Comuni italiani sono circa 8000, facendo un semplice calcolo si viene a capire quanto spetterebbe, in media, ad ogni Comune. Andrà tutto bene?