PILLOLE DI STORIA: MUSSOLINI… UTOPISTA (?)

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      –       di Michele Falcone      –            

La staffetta tra Mussolini “rosso” e Mussolini “nero” avvenne nel nome dell’Utopia. Così si chiamava la rivistina socialista rivoluzionaria che Mussolini fece nascere e poi morire, tra il novembre del 1913 e il dicembre del 1914.

mussol PILLOLE DI STORIA: MUSSOLINI... UTOPISTA (?)“Utopia”, uscita come quindicinale per soli 1O numeri, fu una specie di ponte gettato tra il passato socialista e il futuro fascista. Quasi del tutto ignorata dalla storiografia (trascurata anche da Renzo De Felice), essa fu la prima impresa editoriale autonoma tentata da Mussolini, prima della fondazione del “Popolo d’Italia” nel novembre del 1914. Fino ad allora, Mussolini era stato direttore del quotidiano socialista “Avanti!” (che sotto la sua guida sfiorò le 100.000 copie vendute), nonché esponente di spicco dell’ala rivoluzionaria del Partito Socialista Italiano.

Mussolini scelse il nome “Utopia”, ispirandosi a Tommaso Moro e a Tommaso Campanella. Raccolse i collaboratori tra le firme dell’“Avanti!”, anche tra giovani intellettuali della nuova generazione del Socialismo rivoluzionario.

In “Utopia” si colgono i primi segni di quelle incrinature ideologiche che avrebbero portato Mussolini fuori dal PSI: se non sono i vagiti dei “fasci”, ne rappresentano comunque l’anticipazione. Infatti Mussolini avrebbe rotto col PSI da sinistra, non da destra.

Utopia mussolini PILLOLE DI STORIA: MUSSOLINI... UTOPISTA (?)Nella neonata rivista, Mussolini tenta di dare nuova linfa vitale al Socialismo, favorendo l’incontro con le nuove correnti culturali e politiche del tempo: i sindacalisti rivoluzionari di Sorel, i meridionalisti alla Salvemini, gli spiritualisti francesi. Mussolini si prende tutta quella libertà che all’ “Avanti!” non poteva permettersi.

Quel poco che si conosce dell’avventura di “Utopia”, lo si deve a Margherita Sarfatti, giornalista e scrittrice, collaboratrice di Mussolini, procacciatrice di finanziamenti a sostegno della rivista. Sappiamo che i lettori furono pochi, molti invece i debiti con il tipografo di Lugano. Sappiamo che il fondatore-direttore Mussolini faceva affidamento più sul proprio leggendario fiuto giornalistico (egli “nasava” le notizie come pochi altri) che non sugli archivi. Sappiamo che aborriva gli schedari: “Ma no. ma no – diceva – faccio tutto da me- ho tutto in io”

Una rara raccolta di “Utopia” è conservata presso la Biblioteca Cantonale di Lugano. La prima sorpresa è la grafica di lusso, con tanto di titoli dai caratteri goticheggianti. La Carta talmente buona da aver resistito dopo cent’anni alle dita di chi l’ha sfogliata. L’altra sorpresa è la varietà delle firme che vi si trovano, tra cui: Arturo Labriola, Angelo Tasca, Amadeo Bordiga, futuro fondatore del Partito Comunista d’Italia, i liberali Panfilo Gentile e Mario Missiroli.

Mussolini fondò “Utopia” progettando di fame un cantiere di elaborazione politica. Due gli Obiettivi della rivista.

Primo obiettivo, una rifondazione o scissione da sinistra dei Socialismo italiano. Mussolini riteneva possibile una revisione del marxismo, ma in senso opposto a quella socialdemocratica di Bemstein, contrastava fortemente il riformismo visto come prassi politica amministrativa e parlamentare. Nell’articolo di esordio di “Utopia” , intitolato “Al largo!”, Mussolini argomentava che nessuna delle profezie di Marx era fallita: “Né la teoria della miseria crescente. né quella della concentrazione del capitale. né la previsione apocalittica della catastrofe”

Secondo obiettivo, la preparazione di una piattaforma politica che accogliesse la necessità dell’intervento italiano nella Guerra imminente. Mussolini sosteneva che la partecipazione dell’Italia al conflitto, poi scoppiato nell’estate del 1914, fosse nell’interesse del proletariato, nel senso che il ricorso ai cannoni avrebbe favorito sbocchi rivoluzionari in Europa (infatti i bolscevichi in Russia rovesceranno lo zar, in Germania andranno vicini alla conquista del potere).

Su “Utopia” si leggono parole di fuoco della Sarfatti contro la pericolosità del clero cattolico, di Bordiga contro l’inquinamento massonico del PSI, nonché accese motivazioni delle buone ragioni interventiste da parte di figure che non ci si aspetterebbe di trovare tra i collaboratori di Mussolini, quale Adolfo Vacchi, il noto matematico che sarebbe stato fucilato perché anti-fascista dalla polizia di Salò nel 1944. Vacchi, collaboratore di Mussolini, aveva denunciato le malattie del Socialismo italiano: il burocratismo d’apparato e il verticismo autoreferenziale. Commentando su “Utopia” l’espulsione di Mussolini dal PSI, scrisse di esserne lieto, perché così “viene a me anche lui”. Anni dopo, braccato dai fascisti, lo stesso Vacchi davanti ai giudici griderà al tradimento: “Non io. ma lui ha cambiale bandiera”. Lui era Benito Mussolini,

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