Il rappresentante della CIMO, il sindaco dei medici, Maurizio Di Stasio scrive al direttore generale dell’AORN di Caserta lamentando l’assenza dei DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) per tutti gli operatori, mancanza che espone chi lavora in prima linea ad un rischio gravissimo ed inaccettabile.
Questo quanto si legge nella nota
“L’art. 1 – Sicurezza delle cure in sanità – L. 24/2017 dopo aver affermato che
La sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettività, stabilisce, ai successivi due commi, che
- La sicurezza delle cure si realizza anche mediante l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.
- Alle attività di prevenzione del rischio messe in atto dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, è tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che vi operano in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale.
Più volte il tema della sicurezza delle cure è stato declinato unicamente con riferimento al paziente (individuo) dimenticando – o sottacendo – che essa costituisce anche “interesse della collettività”; analogamente, il tema della prevenzione del rischio connesso all’erogazione delle prestazioni sanitarie e dell’utilizzo appropriato delle risorse rese disponibili sono trattati come questioni secondarie rispetto alla vera e propria attività di cura, riducendo la trattazione del rischio a quest’unica eventualità.
L’attività di prevenzione, poi, oltre ad essere genericamente riferibile a tutto il personale sanitario, acquisisce importanza particolare nei riguardi dei direttori di struttura complessa o dei responsabili di unità operativa dipartimentale dal momento che a costoro, come accade per chi scrive, è attribuita la responsabilità del “datore di lavoro” secondo la previsione di cui all’art. 2 co. 2 lett. b) d.lgs. 81/08.
Dunque, la sicurezza delle cure, interesse della collettività, diventa – per il “datore di lavoro” – sicurezza della struttura in cui si opera e, conseguentemente, sicurezza dei propri collaboratori.
Tutto ciò, però, presuppone, in capo all’apicale, l’utilizzo appropriato delle risorse che l’Azienda è tenuta a fornirgli e/o a mettergli a disposizione.
Più volte nel passato, direttamente o per il tramite della Organizzazione Sindacale di appartenenza, abbiamo avuto modo di evidenziare come la dotazione di dispositivi di protezione individuale (DPI) appannaggio della struttura aziendali si sia manifestata deficitaria e che a tale carenza si sia dovuto ovviare con soluzioni emergenziali, affatto compatibili con lo spirito e gli obiettivi imposti dalla legge.
Questo stato di cose si è, ovviamente, esasperato al cospetto della epidemia che sta interessando il nostro Paese.
Abbiamo reiteratamente fatto richiesta, in questi giorni, di provvedere a dotare le strutture dei DPI necessari per garantire che i nostri iscritti possano svolgere in sicurezza le attività di cura e trattamento dei pazienti che ne necessitano. La diffusione del virus avviene essenzialmente per il tramite del contatto fisico o ravvicinato sia interpersonale che con oggetti di utilizzo comune: la prevenzione al riguardo non può prescindere dalla disponibilità di dispositivi individuali che, unitamente alle misure organizzative dell’attività, consentano di razionalizzare tanto gli uni quanto gli altri.
L’assenza della dotazione di mezzi idonei non rientra nella nostra responsabilità: anzi, con questa comunicazione intendiamo espressamente declinarla poiché essa non può essere esercitata se non nei limiti in cui ciascuna struttura sia adeguatamente rifornita del necessario per consentire a chi vi opera di farlo nel rispetto della propria incolumità fisica che si traduce, necessariamente, nel rispetto della fisica incolumità del paziente.
Rinnoviamo, perciò, l’invito ai vertici aziendali di farsi immediato carico delle esigenze sopra espresse provvedendo, con la massima sollecitudine, a rifornire la nostra struttura dei DPI necessari a consentire che gli operatori svolgano la loro attività in sicurezza dedicando ogni loro risorsa personale alla cura del paziente cui non può derivare alcun pregiudizio per il solo fatto di essersi recato in ospedale.
Questa comunicazione è indirizzata al Signor Prefetto in ragione della sua competenza in materia di salute pubblica e al Signor Procuratore della Repubblica posto che le violazioni dei disposti del d.lgs. 81/08 costituiscono, pur sempre, singole fattispecie di reato.
Non stiamo parlando di eroi con mantello e super poteri, ma di madri e padri di famiglia che con grande professionalità sono in prima linea a fronteggiare questa emergenza in silenzio , cercando di fare del loro meglio nel rispetto dei protocolli e delle procedure affinchè l’emergenza venga controllata, non solo perché è un loro dovere deontologico, ma anche perché alla fine di ogni turno di lavoro devono tornare a casa dalle loro famiglie certi di non metterli in pericolo.
Bisogna ricordare che sono persone normali, che come tutti hanno paura, che dietro a ogni medico, infermiere, operatore socio sanitario, c’è una famiglia: genitori, mogli, mariti, figli.
Tutti possono restare lontani dalle zone a rischio, ma loro restano a stretto contatto quotidianamente, con la possibilità del contagio.
Distinti saluti. Maurizio Di Stasio (CIMO)”