ANALISI DI ALCUNE INTERVISTE RILASCIATE DA ELVO ZORNITTA
– di Ursula Franco* –
Nel Nord-Est del nostro paese, tra Pordenone, Portogruaro e Lignano, tra il 1993 e il 2006, un serial bomber ha seminato 32 trappole esplosive che hanno ferito e menomato chi ha avuto la sfortuna di toccarle.
Il serial bomber italiano è stato soprannominato Unabomber, proprio come quel Theodore Kaczynski, un ex assistant professor di matematica alla Berkeley University, che ha terrorizzato gli Stati Uniti per 18 lunghi anni, dal 1978 al 1995, ferendo e menomando agli arti e agli occhi 23 persone ed uccidendone tre. Il serial bomber americano è stato soprannominato Unabomber perché i suoi bersagli erano le università e le compagnie aeree (UNiversity and Airline BOMBER). Kaczynski è stato condannato al carcere a vita e si trova nel United States Penitentiary Administrative Maximum Facility of Florence, Colorado, numero di identificazione: 04475–046.
Elenco degli attentati attribuiti all’Unabomber italiano:
- 8 dicembre 1993, Portogruaro, giorno dell’Immacolata, esplode una cabina telefonica.
- 21 agosto 1994, Sacile, sagra dei Osei, esplode un tubo bomba imbottito di polvere da sparo e di biglie di vetro, ferisce Daniela Pasquali ed i suoi due figli. I tubi bomba (pipe bombs) sono costituiti da scarti di tubi da idraulico chiusi da tappi e riempiti di miscele di polvere da sparo.
- 17 dicembre 1994, Pordenone, esplode un tubo bomba nascosto sotto un cespuglio, una ragazza resta ferita.
- 18 dicembre 1994, quarta domenica di Avvento, Aviano, mentre i fedeli escono dalla messa esplode un tubo bomba nascosto sotto un cespuglio.
- 5 marzo 1995, domenica di carnevale, Azzano Decimo, esplodono due tubi bomba.
- 30 settembre 1995, Pordenone, Anna Pignat Giovannetti raccoglie un tubo bomba vicino ad un cassonetto e perde la mano destra in seguito all’esplosione; un altro tubo viene raccolto e consegnato ai carabinieri, invece di analizzarlo, gli uomini dell’arma lo fanno brillare. Per attrarre la sua vittima Unabomber aveva posizionato delle banconote vicino al tubo.
- 11 dicembre 1995, Aquileia, esplode una cabina telefonica.
- 24 dicembre 1995, Latisana, esplode una cabina telefonica.
- 26 dicembre 1995, Bibione, San Michele al Tagliamento, località balneare della provincia di Venezia.
- 2 aprile 1996, Claut, dolomiti friulane.
- 22 aprile 1996, Bannia, Fiume Veneto.
- 4 agosto 1996, domenica, spiaggia di Lignano, Udine, un tubo bomba nascosto all’interno di un ombrellone cade al momento dell’apertura, Roberto Curcio lo raccoglie, il tubo esplode provocandogli la sezione dell’arteria femorale e gravi danni alla mano destra. Il tubo era avvolto nell’edizione pordenonese del Messaggero Veneto datata 2 agosto 1996.
- 4 agosto 1996, Bibione, San Michele al Tagliamento, un bagnino rinviene un tubo bomba e lo getta nell’immondizia.
- 6 marzo 2000, lunedì di Carnevale, San Vito al Tagliamento, viene raccolta una bomboletta di stelle filanti che nasconde un ordigno inesploso .
- 6 luglio 2000, Lignano Sabbiadoro, un tubo bomba esplode e ferisce in modo grave Giorgio Novelli.
- 13 settembre 2000, San Stino di Livenza, un tubo bomba esplode in un vigneto durante la vendemmia e ferisce una donna.
- 31 ottobre 2000, Portogruaro, un uomo trova un ordigno in un uovo svuotatotra le uova contenute in una confezione acquistata in un ipermercato. L’ordigno è composto da selz, esplosivo, un innesco e una piccola pila. Nell’uovo vengono repertate due tracce: un capello e della saliva sul nastro adesivo usato per collegare la pila al guscio dell’uovo. Con tutta probabilità, in questo caso, le due tracce sono state lasciate involontariamente da chi ha montato la trappola esplosiva ma vale la pena di ricordare che era abitudine di Theodore Kaczynski lasciare volontariamente ‘tracce’ per prendersi gioco degli investigatori.
- 1 novembre 2000, San Stino di Livenza, un tubo bomba viene trovato nello stesso vigneto in cui ne era esploso uno il 13 settembre.
- 7 novembre 2000, Portogruaro-Pinè, Cordignano, un tubetto di conserva di pomodoro acquistato all’ipermercato di Portogruaro esplode e ferisce gravemente ad una mano di Nadia Ros.
- 17 novembre 2000, Portogruaro-Roveredo in Piano, una bomba viene trovata all’interno di un tubetto di maionese.
- 2 novembre 2001, giorno dei morti, Motta di Livenza, un cero votivo esplode tra le mani di Anita Buosi, custode di un cimitero, la donna viene ferita in modo grave sia alle mani che all’occhio destro.
- 23 luglio 2002, Porcia, una donna compra all’IperStanda un vasetto di Nutella che le esplode in casa.
- 2 settembre 2002, Pordenone, un tubetto di bolle di sapone, acquistato al Mercatone Zeta, esplode in mano a Claudio Cicalò, un bambino di cinque anni.
- 25 dicembre 2002, Cordenons, durante la messa di mezzanotte un tubo bomba fornito di timer esplode sopra uno dei confessionali della chiesa di Santa Maria Maggiore. Il prete aveva appena finito di leggere un versetto di Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce”. In seguito ad una perquisizione, un altro tubo viene trovato inesploso nella stessa chiesa.
- 24 marzo 2003, Pordenone, una bomba esplode in uno dei bagni del secondo piano del Palazzo di Giustizia dove si trovava l’ufficio del procuratore Domenico Labozzetta che indagava su Unabomber. Le immagini delle videocamere di sorveglianza risultano illeggibili.
- 25 aprile 2003, giorno della liberazione, Fagarè della Battaglia, San Biagio di Callalta, un evidenziatore trovato sul greto del Piave esplode in mano ad una bambina di nove anni, Francesca Girardi, che perde tre dita ed un occhio.
- 2 aprile 2004, Portogruaro, la perpetua della chiesa di Sant’Agnese scopre una bomba alla nitroglicerina (nitroglicerina all’interno di una filetta Paneangeli) nascosta all’interno di un cuscino di un inginocchiatoio.
- 26 gennaio 2005, Treviso, un ragazzino prende a calci l’interno di plastica di un ovetto Kinder che esplode senza ferirlo.
- 13 marzo 2005, Motta di Livenza, chiesa di San Nicola vescovo, al termine della messa domenicale, Greta M., una bambina di sei anni, accende una candela votiva elettrica che esplode ferendola gravemente alla mano sinistra. Al cero era stata sostituita la fiammella con una lampadina esplosiva.
- 16 marzo 2005, le Suore della Misericordia di Bacău in Romania trovano un ordigno inesploso in una scatola di sgombri inviata insieme ad altri aiuti umanitari dalle consorelle di Concordia Sagittaria.
- 9 luglio 2005, Portogruaro, Unabomber colloca un ordigno costruito con la nitroglicerina sotto il sellino di una bicicletta, la pioggia battente lo disinnesca.
- 6 maggio 2006, Porto Santa Margherita, Caorle, presso la foce del Livenza, Massimiliano Bozzo raccoglie una bottiglia con un messaggio all’interno, è un ordigno che gli esplode in mano ferendolo gravemente.
Con tutta probabilità, l’Unabomber italiano ha commesso gli attentati per vendicarsi di una società che, a suo avviso, non riconosceva i suoi meriti.
Unabomber non si è confrontato con chi lo faceva soffrire ma ha scaricato la sua rabbia su vittime sostitutive, estranei colpiti a caso, perché è un vigliacco.
Unabomber ha fatto pagare un conto salato alla società, ha sfidato le istituzioni per provare a se stesso e al paese intero di essere più intelligente di chi gli dava la caccia.
Gli attentati gli hanno permesso di urlare ai suoi simili: “Guardate di cosa sono capace! Guardate come sono intelligente!”.
Unabomber ha avuto due periodi di inattività, tra il 1996 e il 2000 e dal 2006 ad oggi, motivi disparati possono averlo obbligato, o indotto a fermarsi: un arresto, una malattia, una psicoterapia che può averlo aiutato a controllare la rabbia, o semplicemente alcuni gratificanti cambiamenti intervenuti nella sua vita possono aver ridotto il suo desiderio di riscatto.
Il modus operandi di chi commette reati seriali, serial killer o serial bomber è in work in progress, con il passare del tempo le capacità di un serial bomber migliorano e per questo motivo i suoi ordigni diventano sempre più sofisticati. Unabomber, inoltre, ha imparato dai propri errori, errori che gli investigatori hanno purtroppo reso pubblici.
Gli ordigni confezionati da Unabomber erano ordigni di bassa qualità, costruiti con oggetti riciclati di uso comune. L’analisi dei componenti delle trappole esplosive di un bombarolo riflette il tipo di vita vissuta dallo stesso ed è d’aiuto per stilarne il profilo personologico.
Come da sempre sostenuto dal professor Francesco Bruno, nonostante la tragicità dei fatti, il senso dell’ironia è una caratteristica principe della personalità di Unabomber.
La presenza di banconote/esca vicino ad un tubo bomba, la conserva di pomodoro esplosiva, la maionese esplosiva, il barattolo di Nutella esplosivo, il sellino della bicicletta esplosivo, i ceri esplosivi, la bottiglia esplosiva e l’inginocchiatoio esplosivo, sembrano tutte idee mutuate dai cartoni animati che hanno come protagonisti Wile E. Coyote e Beep Beep.
L’Unabomber italiano sembra essersi ispirato a Wile E. Coyote, quello americano ad un romanzo di Joseph Conrad. Nel gennaio 1995, Milt Jones, uno studente della Brigham Young University, leggendo il romanzo, “L’agente segreto” di Conrad, si accorse delle similitudini tra la storia dell’Unabomber americano e quella del protagonista del libro. All’arresto di Kaczynski, avvenuto qualche mese dopo, si scoprì che l’uomo, come il protagonista del libro di Conrad, aveva abbandonato la vita da professore per vivere in mezzo alla natura, inoltre, Kaczynski riferì agli investigatori di aver letto il libro molte volte e di aver usato, durante la latitanza, gli pseudonimi Conrad e Konrad.
Unabomber, come Wile E. Coyote, si sente un “genio” e proprio il fatto che non fosse riconosciuto come tale lo ha indotto a tentare di riscattarsi attraverso la mise-en-scène di azioni riprovevoli.
Probabilmente Unabomber conoscerà la canzone di Eugenio Finardi, Vil Coyote, che si trova nel suo album Il vento di Lenora del 1989 ed è dedicata a Wile E. Coyote:
“C’é chi nasce come Paperino:
Sfortunato e sempre pieno di guai
E c’é chi invece é come Topolino:
Carino, intelligente e simpatico alla gente
Come Paperon de’ Paperoni
Pieno di fantastiliardi di milioni
Ma poi sta sveglio tutte le notti
Per paura che arrivi la Banda Bassotti
Ma io mi sento come Vil Coyote
Che cade ma non molla mai
Che fa progetti strampalati e troppo complicati
E quel Bip Bip lui non lo prenderà mai
Ma siamo tutti come Vil Coyote
Che ci ficchiamo sempre nei guai
Ci può cadere il mondo addosso, finire sotto un masso
Ma noi non ci arrenderemo mai
C’é chi vive come Eta Beta
Sembra che stia con la testa su un altro pianeta
non si alza la pmattina
Se non si spara un po’ di pnaftalina
C’é chi é come Pietro Gambadilegno
E’ sempre preso in qualche loschissimo disegno
E c’é chi vorrebbe avere tutte le risposte
Come nel Manuale delle Giovani Marmotte
Io mi sento come Vil Coyote
Che cade ma non molla mai
Che fa progetti strampalati e troppo complicati
E quel Bip Bip lui non lo prenderà mai
Ma siamo tutti come Vil Coyote
Che ci ficchiamo sempre nei guai
ci può cadere il mondo addosso, finire sotto un masso
Ma noi non ci arrenderemo mai
Ma io mi sento Vil Coyote
Che cade ma non molla mai
Che fa progetti strampalati e troppo complicati
E quel Bip Bip lui non lo prenderà mai
Ma siamo tutti come Vil Coyote
Che ci ficchiamo sempre nei guai
ci può cadere il mondo addosso, finire sotto un masso
Ma noi non ci arrenderemo mai
Sì sì siamo tutti come Vil Coyote
Che ci ficchiamo sempre nei guai
ci può cadere il mondo addosso, finire sotto un masso
Ma noi non ci arrenderemo mai”.
Elvo Zornitta
Le indagini sull’Unabomber italiano hanno condotto gli inquirenti a sospettare dell’ingegner aeronautico Elvo Zornitta. Zornitta è nato in Veneto nel 1957; si è laureato al Politecnico di Torino; ha lavorato alla Oto Melara di La Spezia, una fabbrica di carri armati e cannoni; vive in una villetta ad Azzano Decimo, in provincia di Pordenone e, all’epoca dei fatti, possedeva una casa al mare a Bibione e una mansarda a Belluno.
Durante una perquisizione nel capanno-laboratorio e nell’abitazione di Zornitta, gli inquirenti trovarono pile stilo uguali a quelle usate da Unabomber, materiale elettrico, ovetti Kinder, un potenziometro, petardi svuotati dal loro contenuto e fialette Paneangeli.
Lo psichiatra Vittorino Andreoli, che analizzò Elvo Zornitta, concluse per una compatibilità tra il suo profilo e quello di Unabomber.
Lo studio della distribuzione geografica dei vari reati attraverso la tecnica del Geographic Profiling permise di concludere che l’area dove vive Zornitta è sovrapponiibile a quella in cui viveva Unabomber.
Su richiesta della Procura della Repubblica, il 2 marzo 2009, il fascicolo relativo a Zornitta è stato archiviato per mancanza di elementi sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio. La richiesta di archiviazione è arrivata, soprattuto, in seguito ad un fatto gravissimo, un balista della polizia, Ezio Zernar, responsabile del Laboratorio Indagini Criminalistiche della Procura di Venezia, durante le analisi del materiale proveniente da un tubo bomba inesploso attribuito ad Unabomber, ha manomesso un lamierino tagliandolo con un paio di forbici sequestrate a Zornitta, per questo motivo è stato condannato per falso ideologico e frode processuale.
Infine, il DNA isolato da un pezzetto di nastro adesivo repertato sull’uovo bomba, trovato il 31 ottobre 2000 in un supermercato di Portogruaro, non apparteneva a Zornitta.
Analisi di alcuni stralci di un’intervista rilasciata da Elvo Zornitta a Giovanni Minoli nel marzo 2009 per il programma televisivo La storia siamo noi:
Elvo Zornitta: “Tutta la vicenda che mi riguarda è cominciata nel maggio del 2004… come tutta la gente che ha vissuto in questa zona, avevo sentito parlare di Unabomber, ma come si sente di tante cose che succedono, alla televisione”.
“come tutta la gente che ha vissuto in questa zona” sono parole non necessarie pronunciate allo scopo di nascondersi tra la folla.
Elvo Zornitta: “Ho passato un periodo in cui mi aspettavo ogni mattina, sinceramente, che venissero a bussare alla mia porta e mi portassero in prigione eee… e l’ho anche chiesto, perché piuttosto che vivere in quella maniera”.
Elvo Zornitta: “La mia vita non tornerà più ad essere normale eee… né potrebbe essere altrimenti, fate conto che a cinquantanni, il periodo forse migliore per un uomo, la mia vita è stata quasi stroncata, alla mia carriera lavorativa, le mie aspettative, le mie uniche speranze che avevo ancora eee… certi ideali che avevo eee… uno non può… cioè forse, se fosse capitato a venti anni o a trenta, uno aveva anche le energie, la forza di riprendersi, di ricominciare da capo tutto, a cinquantanni è molto più difficile”.
Elvo Zornitta: “L’unica cosa che io, francamente, ci tengo aa… far sapere a tutti quelli che vedranno questo programma è che si sta poco a far… a pensare a un mostro, a far credere un criminale una persona…”.
Zornitta dice: “l’unica cosa che io, francamente, ci tengo aa far sapere a tutti quelli che vedranno questo programma è che si sta poco a far… a pensare a un mostro, a far credere un criminale una persona…”, è vero ciò che afferma, ovvero che ci vuole poco a trasformare un uomo in un mostro, ma riferire questa verità non equivale a negare di essere Unabomber, che dovrebbe essere invece la sua priorità.
Elvo Zornitta: “Era il 26 maggio del 2004 eee… sono capitati qua, erano le le sette meno venti, mi sono presentato alla porta in pigiama, tanto per intenderci, ancora dovevo vestirmi e prepararmi per andare al lavoro… son venuti ,hanno perquisito casa mia, hanno perquisito eee… casa di mia madre, casa di mio fratello, il piccolo locale che i miei avevano al mare, mi ricordo interrogatori abbastanza pesanti, il primo è stato di sette, otto ore, ees… in cui ee… e mi sono stati contestate alcune cose che erano state trovate a casa mia”.
E’ poco rilevante che lui fosse ancora in pigiama, che dovesse ancora vestirsi e prepararsi per andare al lavoro, dettagli, un tentativo di far sorridere gli interlocutori che non può che stonare rispetto allo stigma che seguì a quella perquisizione. E’ come se Zornitta cercasse sempre il lato comico, spesso gratuitamente; in questo caso il cercare l’ironia a tutti costi è per lui controproducente perché allevia la tragicità dei fatti occorsi.
Giovanni Minoli: “Ingegner Zornitta, lei vive e lavora esattamente nell’area di trenta km all’interno della quale si è verificata gran parte degli attentati di Unabomber?”.
Elvo Zornitta: “Ma sa questo è un pochino strano…”.
La risposta di Zornitta è stata in parte tagliata dagli autori del programma. In effetti è una strana coincidenza che proprio uno come lui, che conosce gli esplosivi, che ha una grande manualità e che ama maneggiare oggetti simili a quelli usati da Unabomber per costruire i suo ordigni, viva all’interno della zona in cui sono state depositate le trappole esplosive, non a Catania, o a Pisa.
Elvo Zornitta: “Alcuni di quei posti dove sono avvenute le esplosioni, non li ho neanche mai visti, perché èèè… il mioo l’istinto da montanaro è sempre quello di spingermi verso nord, quando vado al sud, al limite vado al mare”.
Una cosa è dire “non ci sono mai stato”, “non ci ho mai messo piede” e un’altra è dire “non li ho neanche mai visti”, “visti” fa pensare a visitati. Zornitta si diverte a provocare quando afferma: “… quando vado al sud, al limite vado al mare”, il riferimento al mare induce automaticamente a pensare ai tubi bomba lasciati da Unabomber in spiaggia, a San Michele al Tagliamento e a Lignano Sabbiadoro.
Giovanni Minoli: “Ingegner Zornitta, in casa sua sono stati trovati dei refill di penne bic, come queste, solo i refill, senza le cannucce e delle cannucce di penne Bic sono state usate da Unabomber per alcuni dei suoi ordigni, sua moglie poi ha confermato agli inquirenti di aver trovato in casa alcuni di questi refill senza le cannucce esterne”.
Elvo Zornitta: “Mia moglie eee… a quanto mi ha raccontato, ha detto di aver trovato aaa… dei tubetti esterni mancanti della cannuccia eee… perché probabilmente esaurita e buttata via, ma eee… tra l’altro a casa nostra di Bic, mi sembra che non ce ne siano ee… le penne che usiamo sono un altro tipo”.
Zornitta mostra di avere difficoltà a rispondere, per ben cinque volte prende tempo con delle pause.
Giovanni Minoli: “Senta ingegnere, poi ci sono le fialette Paneangeli, una componente per fare i dolci, alcune di queste, della stessa marca e aroma, trovate a casa sua, sono state riempite di nitroglicerina per alcuni degli ordigni di Unabomber”.
Elvo Zornitta: “Eee, ho mia moglie che faceva dolci… eeee… Paneangeli, purtroppo, è una delle marche più note, più comuni per eee… per dolcificare, dare aroma”.
Zornitta mostra di avere difficoltà a rispondere, per ben tre volte prende tempo con delle pause.
Giovanni Minoli: “Ingegner Zornitta, durante le perquisizioni a casa sua sono stati trovati dei petardi spezzati a metà, senza la polvere pirica, lei dice di aver usato quella polvere per fare dei fuochi d’artificio per un capodanno”.
Elvo Zornitta: “C’è stato un anno in cui ho tentato di fare dei fuochi artificiali ma molto, molto banali, cioè le classiche fontanelle usando la polvere dei petardi ee… l’esito non è stato tra i più felici, nel senso che la fontanella si è esaurita subito e senza aa… e senza fare quell’effetto scenografico che io avrei voluto”.
Zornitta non dice: “Quell’anno ho tentato di fare dei fuochi artificiali” o “Pochi mesi prima avevo tentato di fare dei fuochi artificiali” ma un generico “C’è stato un anno in cui ho tentato di fare dei fuochi artificiali”, “un anno” può riferirsi a molti anni prima, sembra strano che abbia conservato i petardi svuotati per lungo tempo.
Interessante l’uso del termine “scenografico”, scenografici sono stati pure molti degli attentati attribuiti ad Unabomber.
Giovanni Minoli: “In realtà però sua moglie e alcuni colleghi dicono che lei non ha mai fatto fuochi d’artificio e allora?”.
Elvo Zornitta: “……. eee anche questa èèè… direi estremamente buffo, perché se io dico di aver fatto dei fuochi d’artificio, che non so… che non hanno funzionato, che non hanno l’effetto, che volevo, eccetera, eccetera e si va a chiedere a un mio amico se ha mai visto questi fuochi d’artificio, non vedo il nesso, è chiaro, è ovvio che il mio amico dirà: “Non li ho mai visti, non me li ha mai mostrati”.
Zornitta attende a lungo prima di rispondere. Ciò che è strano è che un soggetto prepari dei fuochi d’artificio per il capodanno e poi li provi tutti prima della mezzanotte del 31 dicembre, in specie da solo.
Giovanni Minoli: “Fialette, polvere pirica, cannucce, pile della stessa marca di quelle utilizzate da Unabomber e molto altro, ingegnere, mettiamola così, lei sarebbe in grado di fare degli ordigni come quelli di Unabomber?”.
Elvo Zornitta: “Io sono progettista, se uno mi da un disegno, uno schema eee qualcosa, una traccia, gli faccio l’oggetto, punto e a capo, non ho mai fatto bombe, non so come si fanno ma non penso che sia una cosa particolarmente difficile”.
Zornitta riferisce a Minoli di saper fare tutto anche solo con una semplice traccia, un modo per buttare benzina sul fuoco.
“non ho mai fatto bombe” è una negazione credibile, resta da capire se gli ordigni che costruiva Unabomber, Zornitta li considerasse “bombe”.
Elvo Zornitta: “Mi ero reso conto di essere seguito eee… stranamente, perché io di solito non guardo mai nello specchietto retrovisore”.
Elvo Zornitta: “Mi ricordo, era a fine agosto del duemila eee e sei eee uscivo da messa e em… i giornalisti sono venuti aaa a prendermi, in pratica, fuori dalla chiesa per dirmi che era stata trovata la prova che mi criminava”.
Elvo Zornitta: “La questione, se si è fermato veramente, se ricomincerà, è una domanda che mi sono posto e che continuerò a pormi a lungo”.
La conclusione della risposta “e che continuerò a pormi a lungo” lascia pensare, Zornitta non dice: “e che, forse, continuerò a pormi a lungo” perché, inspiegabilmente, non prende in considerazione il fatto che potrebbero arrestare Unabomber.
Stralci di un’intervista televisiva del 21 febbraio 2009:
Domanda di un telespettatore: “Lei cosa pensa, se può dirci?”.
Elvo Zornitta: “E’… guardi, la prima cosa che mi viene da dire è che la magistratura eee… utilizza degli strumenti e delle… e degli argomenti che gli vengono dati da qualcuno, dalla parte investigante e non sempre questa è at… sono atti a dimostrare o a non dimostrare una cosa, anzi certe volte, volutamente, sono spinti verso un lato piuttosto che dall’altro, quindi io mi immagino chi deve poi prendere le decisioni ee decisioni in casi come questa, soprattutto, in cui sono molto complesse, non ha certamente la vita facile, poi è ovvio che non posso essere contento dei tempi che sono stati impiegati per arrivare quasi alla risoluzione”.
Giornalista: “Non è ancora finita?”.
Elvo Zornitta: “Non è ancora finita, nel senso chee… c’è una richiesta di archiviazione da parte di quelli che dovrebbero essere gli accusatori, cioè i pubblici ministeri, adesso è in mano ad un giudice di Trieste che deciderà se concedere questa archiviazione eee però al di là di questo, cinque anni, secondo me, di gogna, sono veramente troppi per una persona”.
Giornalista: “Lei in questi cinque anni ha mai pensato, non ne esco più?”.
Elvo Zornitta: “Ho pensato più di una volta, non ne esco più, ho pensato più di una volta a cosa valeva, se valeva ancora la pena continuare a vivere in una situazione del genere”.
Giornalista: “Lei ha pensato al suicidio?”.
Elvo Zornitta: “C’è stato un momento in cui me l’ho pensato eee l’ho pensato come una soluzione, non tanto per me quanto per i miei cari eee e è proprio questo che mi ha fermato, sostanzialmente, se avessi avuto una figlia grande probabilmente avrei potuto pensarci e accarezzare di più questa idea, in realtà avendo una f… piccola da allevare, non era assolutamente il caso, non era giusto”.
Zornitta si contraddice, prima afferma di aver pensato al suicidio per affrancare la famiglia e poi di non averci pensato perché aveva una figlia piccola.
Giornalista: “Secondo lei sua moglie ha mai dubitato?”.
Elvo Zornitta: “La risposta è no.. perché… io e mia moglie ci siamo parlati molto spesso, della cosa e lei mi ha sempre difeso più di quanto mi sentissi io di difendermi”.
Zornitta avrebbe dovuto dire al giornalista che la domanda in questione avrebbe dovuto farla a sua moglie.
Analisi di stralci di un’altra intervista:
Elvo Zornitta: “Questa è una grossa soddisfazione eeem… finalmente la giustizia ha… ha avuto il suo esito finale, certamente non mi può e non mi potrà mai ripagare di tutto quello che ho patito in questi anni”.
Non “la giustizia ha trionfato”, ma “la giustizia ha avuto il suo esito finale”
Elvo Zornitta: “Non so e non voglio neanche pensare ad Ezio Zerman, io mi chiedo solo se ad un poliziotto, a cui tutto sommato affidiamo la nostra vita ee vada a manomettere qualcosa che è in suo possesso e che può incriminare una persona”.
E’ forte e giusto ciò che dice Zornitta su Ezio Zernar.
Elvo Zornitta: “Nella fase cruciale l’abbiamo vissuta tutti molto uniti ma con gran… grandissimi problemi, grandissimi problemi perché voi capite perfettamente, non è facile svegliarsi la mattina con i telecronisti fuori dalla porta”.
Lo Stato non tutela gli indagati e le loro famiglie, è imperdonabile.
Elvo Zornitta: “Il problema grosso secondo me è che qualunque cosa io possa fare nella mia vita aleggerà sempre intorno a me il sospetto: Ma può essere stato lui, non può essere stato lui?”.
E’ vero che, dopo che un soggetto, seppur innocente, viene trasformato dai Media in un mostro, il sospetto su di lui resta, ma di sicuro Zornitta un po’ ci marcia, gli piace che aleggi, e parecchio.
Elvo Zornitta: “Pretendo, voglio che questa pena, questo problema, tutto questo venga risarcito in qualche maniere, se la persona che è stata indicata come colpevole per questa manomissione non potrà farlo, ovviamente ricorreremo io e gli avvocati che mi stanno seguendo eee… tramite altri altri procedimenti”.
Elvo Zornitta: “Può essere una persona che non è più in grado di agire per incapacità fisica, oppure perché in prigione, oppure perché è malato èèè… può essere una persona che semplicemente si è anche ravveduta, per paura, soprattutto”.
Perché Unabomber avrebbe dovuto aver paura se non per essere finito tra i sospettati? Gli unici che possono essere stati intimiditi dagli inquirenti sono coloro che sono stati indagati. Zornitta ci sta dicendo che Unabomber è uno di loro e che il motivo per il quale si è ravveduto è la “paura”. Ecco a cosa mi riferisco quando dico che a Zornitta piace che “aleggi”, così come non vuole pensare a Ezio Zernar, non dovrebbe voler pensare neanche ad Unabomber ed invece lo giudica, ne traccia profili e spiega al pubblico i motivi per i quali il bombarolo non colpisce più. Zornitta non ha le competenze criminologiche per parlare di bombaroli seriali, sono competenze ce si acquisiscono in seguito a decenni di studi, non per essere stati indagati per i loro reati.
Giornalista: “Unabomber è un vigliacco?”.
Elvo Zornitta: “E’ certamente, certamente, èè… a mio avviso, si disinteressava completamente di chi andava a colpire, fossero bambini, donne, vecchi, non importava, l’importante era accentrare l’attenzione su di lui e questo è un altro particolare strano, perché se uno vuole accentrare così tanto l’attenzione e poi non fa più niente per accentrarla”.
Zornitta si esprime ancora su Unabomber spingendosi a spiegare il motivo per il quale agisce.
Il bombarolo italiano non colpisce più perché qualcosa è cambiato nella sua vita, probabilmente ha ottenuto finalmente, con il suo nome e cognome, le gratificazioni che aveva desiderato per anni e, per questo motivo, non ha più bisogno di cercarsele nelle vesti di Unabomber.
Un giornalista chiede alla moglie di Zornitta, Donata, se abbia mai avuto un sospetto su di lui:
Donata Zornitta: “Non l’ho mai avuto, noi ci conosciamo ormai da 28 anni ma guardi mai, assolutamente, lui è sempre a casa con me”.
E’ molto ingenuo che la signora affermi: “lui è sempre a casa con me”, tra l’altro non usa il verbo al passato, non dice: “lui era sempre a casa con me”, non si riferisce al periodo in cui Unabomber colpiva, ma parla del presente.
Donata Zornitta: “Non ci credevo, non era possibile che fosse uscita tutta questa storia che, completamente avulsi da… da tutto, ciò che può essere vero, insomma, era tutto inventato”.
Il materiale sequestrato a Zornitta era compatibile con quello impiegato per preparare gli ordigni ed il suo profilo psicopatologico è compatibile con quello di Unabomber, il fatto che Ezio Zernan abbia manomesso il lamierino è inaccettabile, ma che tutto il resto fosse stato inventato non corrisponde al vero.
Dopo l’archiviazione del procedimento a suo carico avvenuta il 2 febbraio 2009:
Elvo Zornitta: “E’ un periodo di pace, di serenità e soprattutto di tranquillità diciamo che si sta normalizzando tutta una vita che è stata sbalzata completamente dal suo iter”.
Strano che Zornitta dica che “si sta normalizzando tutta una vita”, che è ben diverso dal dire: “la mia vita sta tornando alla normalità”, con questa frase, egli lascia intendere che la sua vita non sia stata normale dal giorno della sua nascita a quel momento.
Elvo Zornitta: “Io ho utilizzato quel tipo di fialette esclusivamente per fare dei lampadari nel presepe che stavo realizzando a casa mia, l’ho realizzato proprio tra il 2001 e il 2005”.
Da un’altra intervista rilasciata a Francesco Macaluso nel marzo 2016 e proiettata ad Jesolo, ad un convegno sui serial killer:
Elvo Zornitta: “Un mio ex collaboratore mi segnalò, forse per vendetta e per sciocchezze accadute nel posto di lavoro, venti anni fa. Sono ingegnere aeronautico, laureato al Politecnico di Torino. Ho lavorato alla Oto Melara di La Spezia che fabbricava carri armati e cannoni, ma mi occupavo di ricerca a livello teorico con particolare attenzione alle blindature. In gioventù ho realizzato, per gioco, petardi con la polvere pirica, tutto qui”.
“In gioventù ho realizzato, per gioco, petardi con la polvere pirica, tutto qui”, non è vero che è tutto lì, nell’intervista rilasciata a Giovanni Minoli ha sostenuto di aver preparato fuochi di artificio per un capodanno usando la polvere pirica di alcuni petardi e proprio nel periodo in cui Unabomber operava.
Elvo Zornitta: “In questi anni mi sono fatto l’idea di Unabomber come di un matto lucido che poteva agire per vendette personali o per allertare una determinata e circoscritta zona d’Italia. Io ho una figlia, all’epoca bambina, soltanto una persona con profonde turbe potrebbe agire in quel modo sapendo che i bersagli potrebbero essere bambini, come la propria figlia, che a sua volta potrebbe essere vittima di questi ordigni. E’ quello che ho sempre cercato di far comprendere agli inquirenti”.
Prendiamo per buono che Zornitta stia dicendo che lui non può essere Unabomber perché aveva una figlia piccola all’epoca degli attentati, non sono d’accordo sul fatto che vada escluso che Unabomber avesse dei figli, anzi, gli ordigni costruiti per colpire i bambini fanno sospettare il contrario.
Unabomber aveva almeno un figlio e riciclava i contenitori interni dei suoi ovetti Kinder così come riciclava le fialette Paneangeli della moglie, inoltre costruiva ordigni per ferire i bambini perché, ad un certo punto della sua vita, si è sentito affettivamente in competizione con loro, si è sentito derubato delle attenzioni di sua moglie e per questo motivo ha iniziato a colpirli. Alla nascita di un figlio, un uomo si sente messo da parte, le attenzioni che la donna riversa sul nuovo nato, lo speciale rapporto madre-figlio tendono ad escludere il maschio che può sentirsi abbandonato ed esserne geloso, in specie se ritiene di non aver ricevuto da piccolo quelle stesse cure.
Aggiungo che la moglie di Zornitta, Donata, nonostante sia architetto, ha insegnato per molti anni alla scuola primaria.
In ogni caso, se Unabomber avesse avuto dei figli e una moglie e non avesse voluto che si ferissero con i suoi ordigni, avrebbe comunque potuto proteggerli non conducendoli nelle zone dove li aveva piazzati e andando lui personalmente a fare la spesa, cosa che, probabilmente, a volte faceva, di sicuro quando lasciò tra gli scaffali dei supermercati la maionese esplosiva, le uova esplosive, il tubetto di concentrato di pomodoro esplosivo, la Nutella esplosiva e la confezione con l’uovo esplosivo.
Alle prime frustrazioni che avevano condotto Unabomber ad abbandonare i tubi bomba per strada, frustrazioni probabilmente riguardanti l’ambito lavorativo, si può essere aggiunta una crisi coniugale dovuta alla nascita di un figlio, crisi coniugale che lo ha portato a detestare i bambini e a produrre trappole esplosive destinate proprio a loro. Un serial bomber è un soggetto in divenire, non solo dal punto di vista del modus operandi ma anche per quanto riguarda la scelta delle vittime.
Zornitta continua ad esprimersi su Unabomber, sulla sua personalità e sui motivi che l’hanno spinto a colpire: “… mi sono fatto l’idea di Unabomber come di un matto lucido che poteva agire per vendette personali o per allertare una determinata e circoscritta zona d’Italia”, ciò che stupisce sono i giudizi emessi su Unabomber ed i toni usati dall’ingegnere nei suoi confronti.
Elvo Zornitta: “Allora, doveva trattarsi magari di una persona che ha dimestichezza con gli esplosivi, ordigni rudimentali, inizialmente con la polvere pirica per arrivare alla nitroglicerina. Mi chiedo perché non si sia indagato sui fornitori di questo materiale che non sono molti. Io penso a una persona che non ha legami affettivi qui e che può avere anche a che fare con le forze militari non italiane di stanza sul territorio”.
“Allora, doveva trattarsi magari di una persona che ha dimestichezza con gli esplosivi…”, si noti l’uso di un verbo al passato “doveva” e di un altro al presente “ha”. Zornitta, nonostante Unabomber non agisca più, non prende nemmeno lontanamente in considerazione l’ipotesi che possa essere morto, ma parla di lui come se fosse vivo e, proprio perché ne sembra convinto, non si comprende il perché continui ad irritarlo. Unabomber ha lasciato un ordigno nei bagni del secondo piano del Palazzo di Giustizia dove si trovava l’ufficio del procuratore Domenico Labozzetta che indagava su di lui e Zornitta lo sa, il perché non tema che Unabomber reagisca alle sue continue provocazioni è un “mistero”.
Elvo Zornitta: “Non voglio accusare nessuno, ma credo che a disseminare terrore potrebbe esserci una mano militare: magari di qualche soldato presente in Friuli e non italiano”.
Elvo Zornitta: “Secondo me la pazzia di quest’uomo che ha… di questo Unabomber, è stata proprio questa che ha inscenato tutta una serie di attentati senza sapere quelle che potevano essere le conseguenze, senza sapere, senza voler neanche conoscere quali erano poi gli obiettivi, bambini piuttosto che vecchi, persone che assolutamente non c’entravano niente con lui, persone che non gli avevano fatto niente. Io posso ancora riuscire a capire quando uno per vendetta di qualche cosa, di qualche torto che ritiene di aver subito decide di fare un gesto di questo tipo, permaloso, ma non verso il pubblico, verso la gente”.
Perché Zornitta giustifica Unabomber dicendo che, secondo lui, non aveva contezza delle conseguenze? Come poteva non “sapere” dopo aver fatto i primi feriti gravi? Perché Zornitta continua a pontificare sulla psicopatologia di Unabomber senza averne le competenze? Si noti la frase “Io posso ancora riuscire a capire quando uno per vendetta di qualche cosa, di qualche torto che ritiene di aver subito decide di fare un gesto di questo tipo, permaloso, ma non verso il pubblico, verso la gente”, Zornitta capisce che si possa fare “un gesto di questo tipo” per “vendetta“ ma solo nell’intento di colpire un soggetto preciso “non verso il pubblico, verso la gente”. E’ bizzarro che Zornitta parli di “pubblico”, un termine che il mattatore Unabomber userebbe volentieri.
Elvo Zornitta: “E visto che tutto sommato siamo sull’argomento quello che ci tenevo anche a dire è una cosa prima di tutto, uno che ha figli a meno che non abbia delle grosse turbe personali psicologiche non va a colpire altri bambini, io con mia figlia, soprattutto allora, era una bambina, ero legatissimo, sono a tuttora che ha vent’anni, sono a tuttora legato in una maniera pazzesca”.
Zornitta mostra di avere bisogno di convincere.
Elvo Zornitta: “Tua figlia fa parte dei bambini, voglio dire, domani può darsi che si trovi davanti uno di questi oggetti che questo criminale ha lasciato in giro, questo che mi sono anche chiesto, perché gli inquirenti non hanno mai pensato a… non è che io potessi stare a casa ventiquattro ore su ventiquattro, o che abbia mai detto a mia moglie non andare in quel supermercato, quindi se fossi veramente stato io, sarei stato due volte criminale, avrei messo a repentaglio anche mia figlia, anche mia moglie”.
Non si può escludere che Unabomber fosse sposato con figli, come ho già accennato, una parte della sua rabbia sarebbe potuta derivare da un rapporto coniugale particolarmente frustrante; infine, nulla ci dice che Unabomber non sperasse di ferire i suoi familiari con le trappole lasciate al supermercato ma, in ogni caso, non sarebbe stato difficile impedire a sua moglie di comprare maionese, uova, concentrato di pomodoro e Nutella, sarebbe bastato rifornire la credenza di quei prodotti o collocare gli ordigni all’interno di confezioni di marche non utilizzate in famiglia, per il resto, sarebbe stato alquanto improbabile che i suoi familiari si imbattessero nei suoi ordigni se lui non li avesse condotti, durante le feste, nei luoghi dove li aveva posizionati.
E’ Zornitta ad aprire alla possibilità di essere Unabomber quando dice “se fossi veramente stato io”.
Elvo Zornitta: “L’attentatore certamente ha avuto un grossissimo passaggio da quando è partito dai tubi pieni di polvere pirica, di quello che era ed è arrivato alla nitroglicerina, io, francamente, non me ne intendo tantissimo di esplosivo, ma qualcosetta quand… nel primo periodo della mia vita, l’ho vista, ho visto i danni che può fare un tipo di esplosivo militare o addirittura civile eee passare da una polvere pirica a un materiale così delicato da maneggiare ma soprattutto da fare, m’ha sempre lasciato qualche perplessità, cioè se uno poteva ricorrere a degli esplosivi eee non riesco a capire perché vada a finire proprio sulla nitroglicerina, che è pericolosa da maneggiare, da realizzare, a meno… a meno che non abbia una fonte che lo rifornisce, in qualche maniera, di questo materiale, baa… una fonte, non così difficile da scoprire e su questo che io ho sempre detto in tutti i colloqui che ho avuto con personale inquirente, ho detto: Puntate gli occhi su questo lato”.
Zornitta mostra di sapere cosa ci fosse nei tubi e in che quantità “… tubi pieni di polvere pirica, di quello che era…”, non è tanto il fatto che dica cosa ci fosse nei tubi, informazione che era stata pubblicizzata dagli inquirenti, ma che abbia la necessità di correggersi subito dopo averlo affermato con un “… di quello che era…” per mostrare di non saperlo per certo.
“… io, francamente, non me ne intendo tantissimo di esplosivo ma qualcosetta quand…” l’uso dell’avverbio “francamente” prova che Zornitta vuole convincere il suo interlocutore, sia l’aggettivo qualificativo di grado superlativo assoluto “tantissimo” che l’avverbio “francamente” indeboliscono la sua affermazione. La frase convincente da dire sarebbe stata: “io non ho dimestichezza con gli esplosivi”. In ogni caso, dopo aver affermato che non se ne intende “tantissimo”, è quantomeno bizzarro che Zornitta sciorini le sue conoscenze in fatto di esplosivi esprimendosi da esperto su quelli usati da Unabomber: “… non riesco a capire perché vada a finire proprio sulla nitroglicerina che è pericolosa da maneggiare, da realizzare, a meno… a meno che non abbia una fonte che lo rifornisce, in qualche maniera, di questo materiale, baa… una fonte, non così difficile da scoprire e su questo che io ho sempre detto in tutti i colloqui che ho avuto con personale inquirente, ho detto: Puntate gli occhi su questo lato”.
La nitroglicerina si può fabbricare, non necessariamente va acquistata, il fatto che Zornitta abbia insistito con gli inquirenti perché cercassero una fonte, ha naturalmente accentuato i sospetti su di lui in quanto è risaputo che i seriali spesso si intromettono nelle indagini.
Analisi di un’intervista rilasciata da Elvo Zornitta ad Andrea Pasqualetto e pubblicata su Il Corriere della Sera del 7 novembre 2014:
Andrea Pasqualetto: “Oggi, ‘l’ingegnere cattolico dagli occhi di ghiaccio’, come la chiamavano i giornali quando le prove contro di lei sembravano schiaccianti, crede ancora nella giustizia?”.
Elvo Zornitta: “E’ una domanda imbarazzante, ho dei problemi a dare una risposta netta. Diciamo che credo ad alcuni magistrati, a quelli che fanno il loro lavoro a costo della vita. Basta così, ecco”.
Andrea Pasqualetto: “Che effetto le ha fatto finire all’interno di un processo che è stato anche, giocoforza, mediatico? L’attenzione di giornali e tv, alle quali lei non si è mai sottratto, come l’ha vissuta?”.
Elvo Zornitta: “E’ stato un trauma. La prima volta sotto i riflettori, per me, nella vita, non la dimenticherò più. E’ stato pesante anche l’aspetto della carta stampata, perché, come si immagina, non sempre si gioca in maniera pulita. Mi ricordo di una frase che io ho detto una volta a una persona, una cosa del tipo: ‘Chi ha provato una volta la nitroglicerina non torna alla polvere da sparo’, buttata lì per scherzare con un amico; me la sono ritrovata scritta sul giornale, in un senso che mi sembrava stravolto, quasi come fosse una specie di confessione”.
Zornitta non dice: “la stampa non sempre gioca in maniera pulita” ma “non sempre si gioca in maniera pulita”, coinvolgendo nel gioco sporco pure se stesso.
Con il suo racconto: “… io ho detto una volta a una persona, una cosa del tipo: “Chi ha provato una volta la nitroglicerina non torna alla polvere da sparo…” Zornitta ci mostra quanto ami provocare, quanto goda del fatto che la gente nutra ancora sospetti su di lui.
Andrea Pasqualetto: “E poi?”.
Elvo Zornitta: “Dopo che il mio nome è diventato pubblico, i giornali non mi hanno lasciato più in pace; in tv sono andato dopo, quando è stata presentata la controperizia. Io mi sono esposto prima, però, perché tutti sapevano chi ero. Volevo dare un messaggio forte, perché l’aria intorno a me stava diventando pesante. Leggevo su internet che si diceva: “Trovato il mostro”, o cose del genere”.
Andrea Pasqualetto: “Ha mai avuto paura di non uscirne più?”.
Elvo Zornitta: “Ho avuto la sensazione di portarmi un peso enorme sulle spalle. Questo sì”.
Andrea Pasqualetto: “E i rapporti umani? Ci sono state persone che hanno chiuso i rapporti con lei perché la credevano un pericoloso criminale?”.
Elvo Zornitta: “In effetti, ci sono stati colleghi di lavoro che mi hanno detto di averci creduto fino a gennaio 2007. Sembra incredibile, per lo meno a me”.
Andrea Pasqualetto: “Se il risarcimento arrivasse, sarebbe un uomo felice?”.
Elvo Zornitta: “Non è una questione di cifre, nessuno mi ripagherà di quanto accaduto a mia figlia, a mia moglie, ai miei genitori. Deciderà il giudice. Io sono tranquillo”.
Andrea Pasqualetto: “Qualche anno fa, alla fine di un dibattito, abbiamo scambiato due chiacchiere. Lei, prima di andare, ha rassicurato scherzosamente me e la persona che parlava con noi dicendoci: “State tranquilli, non ho lasciato nulla sotto la sedia dove ero seduto”. Noi ci siamo messi a ridere, ma oggi le capita ancora di essere guardato con sospetto, a distanza di anni?”.
Ancora una provocazione.
Elvo Zornitta: “Con sospetto no, sinceramente mi sono trovato in poche occasioni in difficoltà; anzi, ora si preferisce raccontare altro. Mi sono trovato però a discuterne, qualche volta, e mi è sembrato non fosse un tabù persino scherzarci su. L’ironia continuo ad averla. E’ la mia forma di salvezza”.
Dopo aver subito un’ingiustizia è comprensibile che l’ironia sia un salvagente, io ironizzerei, però, su chi ha commesso l’errore giudiziario e su chi ha provato a incastrarmi, non su Unabomber.
Andrea Pasqualetto: “Cosa le rimane di questa vicenda?”.
Elvo Zornitta: “Un ricordo penoso, ero diventato il mostro e la mia famiglia viveva con il mostro. Un’esperienza che mi ha toccato mentalmente, socialmente, economicamente, ho perso anche il lavoro da dirigente, oggi faccio praticamente l’impiegato e guadagno molto meno”.
Zornitta non dice: “mi ritenevano un mostro” ma “ero diventato un mostro”, non dice “la mia famiglia pensava di vivere con il mostro” ma “la mia famiglia viveva con il mostro”, frasi che suonano come ammissioni.
Andrea Pasqualetto: “Perché puntarono su di lei?”.
Elvo Zornitta: “Forse perché avevano bisogno di un colpevole, c’era troppa pressione mediatica, un pool di 40 persone che indagavano e gli attentati sempre più frequenti, dovevano dare una risposta rapida”.
Si noti il “Forse”.
In realtà Zornitta ha caratteristiche in comune con il profilo di Unabomber e gli vennero sequestrati oggetti simili a quelli usati dal serial bomber per costruire le sue trappole.
Andrea Pasqualetto: “Riconoscerà comunque che il suo profilo era sospetto ingegnere, appassionato di bricolage un piccolo laboratorio, la casa al centro della zona Unabomber, la frequentazione di alcuni luoghi degli ordigni, cosa avrebbe fatto lei al posto degli inquirenti?”.
Elvo Zornitta: “Avrei forse deciso anch’io una perquisizione perchè era evidente che il folle andava cercato tra gli appassionati di bricolage e avrei messo anche una pattuglia a seguirmi, come quella che avevo alle calcagna ma poi mi sarei fermato perché avrei capito che Zornitta non poteva costruire quelle trappole da meccanico imbranato”.
Zornitta vuol far intendere di sentirsi superiore ad Unabomber, lo chiama “folle” e “meccanico imbranato”, si mette, o finge di mettersi in competizione con lui, cerca di sminuirlo; ciò che è strano, direi sospetto, è che non abbia paura di offenderlo, che non tema che Unabomber possa colpire la sua famiglia. Se Unabomber gli inviasse un ordigno in un plico, lo stesso potrebbe esplodere in mano a sua figlia o a sua moglie. Tra l’altro, come abbiamo visto in una intervista precedente, Zornitta ha sostenuto che lui non poteva essere Unabomber perché aveva una figlia, pertanto, non può che apparire una contraddizione il fatto che continui ad offendere pubblicamente Unabomber senza preoccuparsi di una possibile ritorsione nei confronti della sua famiglia, in specie nei confronti di sua figlia cui si dice legatissimo.
Tra l’altro, Unabomber non era affatto “imbranato”, ma costruiva, per sua scelta, ordigni con i quali non voleva uccidere ma solo ferire. Perché chiamarlo “meccanico imbranato”? Perché minimizzare? Tendono a minimizzare la gravità di un reato coloro che lo hanno commesso.
Andrea Pasqualetto: “Al di là del lamierino a casa, le furono trovati 48 involucri di ovetti kinder e la fialetta della Paneangeli, come quelli delle bombe e poi i petardi?”
Elvo Zornitta: “I petardi erano quelli di capodanno, gli ovetti li raccoglieva mia figlia, la fialetta era come quelle che usavo per fare le lampadine dei miei presepi, mi dissero: Non è possibile. Ecco la tesi precostituita”.
Andrea Pasqualetto: “C’è anche il fatto che da quando è scoppiato il suo caso Unabomber non ha più colpito, una sfortuna pazzesca non crede?”.
Elvo Zornitta:” Lo credo, sì”.
Andrea Pasqualetto: “Il momento più brutto?”.
Elvo Zornitta: “Il giorno in cui mi è stato detto da un giornalista che avevano trovato la prova regina contro di me, ho pensato che avessero già deciso una sentenza e mi è venuta paura. La grande sofferenza è stata, invece, mia figlia, aveva otto anni ora ne ha 18 è cresciuta con l’indagine su Unabomber, una pena, penso sia maturata prima delle sue coetanee, più forte e grintosa ed ha le idee chiare, non farà mai l’avvocato, il magistrato o il poliziotto, dedicherà la sua vita ad aiutare gli altri nel mondo della sanità”.
Si noti che Zornitta dice: “La grande sofferenza è stata, invece, mia figlia…” non “Mia figlia ha sofferto” o “Io ho sofferto per mia figlia”.
Andrea Pasqualetto: “Chiederà un risarcimento?”.
Elvo Zornitta: “A chi? Zernar risulta nullatenente, il mio avvocato Maurizio Paniz, che ringrazio, farà causa allo Stato per responsabilità organica del funzionario ma la vedo molto complicata”.
Andrea Pasqualetto: “Qualcuno dirà che lei è stato così diabolico da far condannare anche chi la stava per incastrare”.
Elvo Zornitta: “Già e correrò per il nobel del crimine”.
Ironia e ancora desiderio che su di lui aleggi il sospetto.
Analisi di un’intervista rilasciata da Zornitta a Stefano Lorenzetto e pubblicata su Il Giornale il 20 dicembre 2009:
Elvo Zornitta: “Non ce la faccio. Ho visto quanto poco ci mettono a fabbricare un mostro. Il mio entrò da quella porta il 26 maggio 2004″.
Zornitta si rappresenta come uno spettatore nel momento in cui il “mostro” entrò dalla sua porta, in realtà avrebbe dovuto dire che lui quel giorno uscì da casa sua nelle vesti di “mostro”.
Stefano Lorenzetto: “Che cosa ricorda di quel giorno?”.
Elvo Zornitta: “Erano le sei e quaranta, mia moglie e io stavamo ancora a letto. Sentii una scampanellata ultimativa. Pensavo che fosse accaduto qualcosa ai vicini. Andai ad aprire in pigiama e vidi due persone vestite di scuro al cancello: “Lei è il signor Zornitta Elvo? C’è una cosa importante che dobbiamo dirle”. Mi avvicinai senza farli entrare. Esibirono un mandato di perquisizione. Dopo un quarto d’ora avevo in casa sedici persone. Mi impedirono persino d’andare in bagno. Solo alle dieci mi fu concesso di vestirmi, con tre agenti in camera a guardarmi. Alle tredici mi portarono a Belluno per un’altra perquisizione nella mansarda, dove però non trovarono nulla d’interessante. Lì cominciò il dramma anche per i miei genitori. Prima d’allora non avevo mai visto mio padre piangere”.
Zornitta racconta ancora dettagli irrilevanti oltre che quasi comici, che era in pigiama, che non lo fecero andare in bagno e che tre agenti assistettero al suo cambio d’abiti.
Stefano Lorenzetto: “Quante perquisizioni ha subìto?”.
Elvo Zornitta: “Altre quattro, la seconda a distanza di un anno. Nel corso della terza mi sequestrarono un paio di forbici da elettricista con l’impugnatura di plastica rossa, marca Valex. Ho appreso che le produce la ditta Franzini di Bergamo. Mai saputo: negli acquisti mi fido solo del mio occhio, vedo subito se c’è un buon rapporto fra qualità e prezzo. Ne ho comprate altre sei paia uguali e le ho fatte numerare”.
Zornitta si autocelebra, è bravo a scegliere forbici di buona qualità ad un prezzo competitivo.
Stefano Lorenzetto: “A che scopo?”.
Elvo Zornitta: “Per difendermi nell’incidente probatorio. Sapevo d’essere innocente. Quindi, se il perito nominato dal giudice affermava che quelle forbici erano servite per tagliare il ponticello d’ottone di uno degli ordigni confezionati da Unabomber, i casi potevano essere solo due: o non erano mie o il taglio era stato rifatto ad arte per incastrarmi. Ai miei periti avevo raccomandato solo una cosa: anche se io so di non essere colpevole, vi chiedo di non dire mai bugie per dimostrarlo. Una notte uno di loro mi svegliò di soprassalto, s’era accorto che il taglio sul lamierino esibito durante l’incidente probatorio non coincideva con quello visibile nelle foto scattate dai carabinieri”.
Dirsi innocenti non equivale ad affermare di non aver commesso un reato, chi si dichiara innocente nega la conclusione sulla sua colpevolezza, non l’azione.
“anche se io so di non essere colpevole” non è una negazione credibile.
E’ vero che una prova fu costruita contro di lui ma quel deprecabile comportamento di un singolo poliziotto non ha cancellato in toto gli indizi raccolti contro Zornitta.
Stefano Lorenzetto: “Quanti interrogatori?”.
Elvo Zornitta: “Tre. Il primo, in Procura a Trieste, durò otto ore. Una pressione psicologica tremenda. Con mia grande sorpresa, seduto accanto al PM trovai il professor Vittorino Andreoli. Noti bene che il magistrato non ha mai ordinato una perizia psichiatrica a mio carico”.
Stefano Lorenzetto: “Allora che ci faceva lì uno psichiatra?”.
Elvo Zornitta: “Lo ignoro. Ancor più anomalo è che il professor Andreoli abbia poi stilato una relazione senza essersi degnato di interagire con me. Tranne che per una battuta”.
Il professor Andreoli non aveva bisogno di confrontarsi con lui per esaminarlo, si fanno di norma autopsie psicologiche su soggetti deceduti.
Stefano Lorenzetto: “Quale battuta?”.
Elvo Zornitta: “Non posso dirlo”.
Stefano Lorenzetto: “E perché mai?”.
Elvo Zornitta: “Si tratta di una battuta irriferibile, tale da squalificare l’intero interrogatorio. Credo che il verbalizzante non l’abbia neppure riportata”.
Zornitta è uno che ama scherzare, ma stigmatizza Andreoli per una battuta tra adulti. Lo psichiatra Vittorino Andreoli concluse che la personalità dell’ingegnere era compatibile con quella del bombarolo seriale.
Nel libro I racconti perduti di Andreoli si trova un racconto, Il soldatino di carne, che parla di un bombarolo seriale che costruisce ordigni come quelli di Unabomber, eccone alcuni stralci: “non voleva costruire bombe da guerra ma fare dei giocattoli, capaci certo di esplodere e combinare qualche guaio ma sempre senza esagerare(…) giocare era forse l’espressione giusta (…) si sentì un colpo, un botto e poi le urla… avvertì un piacere folle e si sentì animato da una forza straordinaria che poteva notare perfino entro i pantaloni dove era accaduta un’erezione con eiaculazione (…) da nessuno (…) era diventato ora il centro dell’attenzione pubblica (…) la cosa che lo colpì sul piano personale fu la sferzata di vita che ottenne da quella prova, da quella dimostrazione di esistere ancora e in maniera così forte, da essere diventato un personaggio sconosciuto ma ricercato, immaginato dagli identikit (…) nessuno immaginava che fosse proprio lui ma lui lo sapeva bene e sul piano personale non faceva differenza, significava parlare di lui (…) ogni errore investigativo gli faceva pensare che aveva ragione, era la dimostrazione che si trattava di un incapace e che al posto giusto vanno sempre le persone sbagliate, non quelle che avrebbero onorato con la dedizione e l’intelligenza la funzione (…) Un termine (vittime) questo, usato dai cronisti e che egli trovava offensivo, perché lui colpiva anonimi e quindi persone scelte dal destino. Non ce l’aveva con nessuno (…) ce l’aveva col prossimo in modo generico ma non aveva propriamente nemici e comunque non era nella sua mente colpirli (…) lo sistemava, lo metteva a posto, il resto spettava al destino (…) la televisione era il suo mondo, il mondo in cui andava in scena”.
Dopo aver letto il racconto di Andreoli viene da pensare che la battuta dello psichiatra, che Zornitta definisce una “battuta irriferibile”, avesse un contenuto prettamente sessuale.
Stefano Lorenzetto: “Quante volte ha dovuto difendersi nelle aule di giustizia?”.
Elvo Zornitta: “Una ventina, fra Trieste, Pordenone e Venezia”.
Stefano Lorenzetto: “Quanto ha speso?”.
Elvo Zornitta: “Le dico solo che a un certo punto mi sono ritrovato con duemila euro sul conto in banca”.
Stefano Lorenzetto: “Ha avuto risarcimenti?”.
Elvo Zornitta: “No. Il tribunale ha stabilito che il poliziotto condannato dovrebbe rifondermi duecento mila euro. Se li ha. Ma c’è di mezzo il processo d’appello e poi, immagino, si andrà in Cassazione. Campa cavallo”.
Stefano Lorenzetto: “Qualcuno le ha chiesto scusa?”.
Elvo Zornitta: “Nessuno”.
Stefano Lorenzetto: “Ma tutta questa gente che ha dato la caccia a lei lo starà ancora cercando, Unabomber?”.
Elvo Zornitta: “Lo spero. Ma ne dubito”.
Stefano Lorenzetto: “Perché pensa d’aver attirato la loro attenzione?”.
Elvo Zornitta: “Me lo sono chiesto milioni di volte”.
Stefano Lorenzetto: “E che risposta s’è dato?”.
Elvo Zornitta: “Certamente qualcuno ha fatto il mio nome”.
Stefano Lorenzetto: “Chi?”.
Elvo Zornitta: “Un subalterno che nel 1984 mi ha avuto come capo sul lavoro. Immagino che nutrisse un forte risentimento per farsi vivo dopo vent’anni, suggestionando gli investigatori”.
Uno sprezzante Zornitta definisce “subalterno” un possibile informatore degli inquirenti che indagavano su Unabomber. E’ difficile credere che il “subalterno” abbia suggestionato gli investigatori più di quanto non lo abbiano fatto gli indizi a carico dell’ingegnere: le sue conoscenze, le sue capacità e la corrispondenza innegabile tra gli oggetti sequestrati a lui ed i materiali usati da Unabomber per costruire gli ordigni.
Nel caso di Theodore Kaczynski furono alcuni familiari, il fratello David e sua moglie Linda, i primi a sospettare di lui e proprio loro ne permisero la cattura.
Stefano Lorenzetto: “Lei è appassionato di armi?”.
Elvo Zornitta: “No. Anche se, appena laureato, ho lavorato per due anni alla Oto Melara di La Spezia, industria del ramo difesa, dove mi occupavo di missili. I testi militari sequestrati a casa mia risalivano tutti a quel periodo”.
E’ irrilevante che i testi militari ritrovati in casa di Zornitta fossero di un’epoca molto precedente agli attentati, ciò che è rilevante è che quel tipo di cultura faccia parte del suo background, serial bomber non si diventa da un giorno all’altro.
Stefano Lorenzetto: “Che parole hanno usato per licenziarla alla Csr Italia di Fiume Veneto, dov’era direttore tecnico?”.
Elvo Zornitta: “Le avverse condizioni di mercato rendono superfluo il suo ruolo in azienda. Ho risposto: siate onesti, mi cacciate perché danneggio la vostra immagine. Inutile aggiungere che sono stato l’unico licenziato”.
Stefano Lorenzetto: “Ma l’ex parlamentare leghista Giuseppe Covre, titolare dell’azienda di mobili Eureka, le ha subito offerto un altro posto in segno di solidarietà”.
Elvo Zornitta: “A parole. Al colloquio mi è stato obiettato che non avevo il profilo adatto. In realtà gli unici aiuti mi sono venuti da coloro che non hanno fatto passerella sui giornali. Purtroppo ora c’è la crisi e alla Torneria meccanica di Azzano Decimo, che mi aveva assunto solo per darmi una mano, non hanno più bisogno di un responsabile del controllo qualità”.
E’ bizzarro che Zornitta, parlando di se stesso in ambito lavorativo, dica “… mi è stato obiettato che non avevo il profilo adatto”, l’uso della parola “profilo”, mutuata dalla criminologia, appare l’ennesima provocazione.
Stefano Lorenzetto: “I suoi cari non sono mai stati sfiorati da qualche sospetto?”.
Una domanda non da rivolgere a Zornitta.
Elvo Zornitta: “Assolutamente no. Però non è facile per una moglie affrontare i clienti del supermercato che ti osservano a bocca aperta o ricevere per posta lettere anonime. Mia figlia ha avuto per cinque anni un feroce mal di testa che le è passato solo alla fine di questa vicenda allucinante”.
Zornitta non può saperlo. Avrebbe dovuto dire che non stava a lui rispondere a questa domanda. Elvo Zornitta ammette di aver ricevuto lettere anonime da chi lo credeva Unabomber, alla luce di questo fatto è ancora più incomprensibile che non tema che lo stesso bombarolo gli invii un plico esplosivo per vendicarsi delle continue offese che lui gli rivolge in pubblico.
Stefano Lorenzetto: “E lei come sta?”.
Elvo Zornitta: “Ho tirato avanti con questi (Laroxyl, Citalopram e altri psicofarmaci). Di notte avevo gli incubi. Sognavo di restare sotto una valanga o di affogare in una cisterna d’acqua. Mi mancava il respiro. Il Lormetazepam continuo a prenderlo”.
Stefano Lorenzetto: “Perché ha ancora bisogno di un ansiolitico?”.
Elvo Zornitta: “Non riesco a dormire più di tre ore”.
Stefano Lorenzetto: “Com’è trattato dall’opinione pubblica?”.
Elvo Zornitta: “Il settanta per cento delle persone mi riconosce per strada. È uno stress continuo. Domenica scorsa a Feltre i passanti si voltavano a guardarmi. Un giorno sono passato davanti a una trattoria di Borgo Pio, vicino al Vaticano. L’oste era sulla porta e mi ha gridato: “Ahò, a Unabomber!” Poi s’è scusato: “Non sapevo come chiamarla, non volevo offenderla”.
Stefano Lorenzetto: “Che cosa prova quando legge sui giornali di presunti mostri, come le due maestre d’asilo di Pistoia accusate di seviziare i bambini?”.
Elvo Zornitta: “Mi dico: ma perché i magistrati non aspettano una sentenza di condanna nel primo grado di giudizio? Poi divulghino pure nomi e foto”.
Stefano Lorenzetto: “Che idea s’è fatto di Unabomber?”.
Elvo Zornitta: “Un matto ma perfettamente cosciente, molto lucido nei suoi disegni, che ha ricevuto qualche torto e cerca di farlo pagare al mondo intero”.
Ancora giudizi su Unabomber.
Stefano Lorenzetto: “Un PM di Udine ha ipotizzato che l’attentatore sia un solitario, un conservatore, anche un po’ razzista, che vuol tenere alta l’attenzione delle forze dell’ordine per allontanare dal Friuli gli immigrati extracomunitari”.
Elvo Zornitta: “Non è un’ipotesi che mi convinca”.
L’ennesimo giudizio criminologico di Zornitta, il grande esperto di bombaroli seriali.
Stefano Lorenzetto: “Secondo il criminologo Francesco Bruno potrebbe essere dotato di un discreto senso dell’ironia. Spiegazione: «Il pomodoro che schizza da tutte le parti e l’uovo che scoppia tra le mani sono chiari elementi che suscitano ilarità”.
Elvo Zornitta: “Allora anche chi mette la varechina nell’acqua minerale è un buontempone? A me sembra invece che l’uso di oggetti di largo consumo sia finalizzato solo a far sì che gli ordigni possano essere maneggiati dal maggior numero di persone, come le mine-farfalla che dilaniano i bambini in Afghanistan”.
Le mine farfalla sono cluster bomb antiuomo, sono state usate dall’esercito sovietico in Afghanistan, sono provviste di due alette verdi che ne rallentano la velocità di caduta una volta sganciate e gli permettono di distribuirsi in grandi aree. Queste bombe sono divenute famose a causa delle vittime che hanno fatto tra i bambini, i quali, attratti da questi simil giocattoli li raccoglievano per mostrarle agli amici che, spesso, in gruppo venivano dilaniati dall’esplosione. Queste mine non esplodono se non in seguito a una pressione pari a 5 chili, se calpestate esplodono subito ma non se raccolte, in questo caso esplodono solo dopo che la pressione complessiva delle manipolazioni ha raggiunto i 5 chili.
Stefano Lorenzetto: “Affibbiare al criminale il soprannome di Theodore Kaczynski, arrestato negli Stati Uniti dopo una caccia all’uomo durata 12 anni, non poteva che gratificare l’ego del mitomane, non crede?”.
Elvo Zornitta: “È sempre dannoso assegnare a un attentatore seriale titoli che lo facciano sentire importante”.
Elvo Zornitta: “Nel 2000 proposi di chiamarlo Monabomber per la sua scellerata imbecillità, paradosso che dopo cinque anni fu usato in titoli e testi dal direttore del Gazzettino, con seguito di polemiche”.
E’ strano che Zornitta abbia proposto un soprannome diverso per Unabomber, è logico che questa sua intromissione abbia indotto gli investigatori a focalizzare su di lui. E’ bizzarro che Zornitta, nonostante non abbia le competenze per farlo, emetta giudizi sulle condizioni psichiche di Unabomber e che in specie continui ad offenderlo dandogli del “Mona” e dell’”imbecille” senza paura di ritorsioni.
Stefano Lorenzetto: “Lei come l’avrebbe chiamato?”.
Elvo Zornitta: “Gli avrei dato ogni volta un nome diverso, quindi nessun nome”.
Questa risposta mi ha fatto pensare per giorni:
- Ipotizziamo per assurdo che Zornitta sia Unabomber, ci starebbe dicendo che cambiò genere di ordigni per far pensare agli inquirenti che i bombaroli fossero più d’uno per incrementare il panico.
- In alternativa: Elvo Zornitta, nonostante si esprima sugli attentatori seriali, non ha mai aperto un testo che parli di loro, in quanto mostra di ignorare un dato che li caratterizza ovvero la variabilità del loro modus operandi.
Stefano Lorenzetto: “Degli investigatori da cui è stato interrogato che idea s’è fatto?”.
Elvo Zornitta: “Di grande superficialità. Uno è arrivato a classificare come termometro per la fabbricazione della nitroglicerina quello che negli anni ’80 si montava sulle auto per misurare la temperatura esterna”.
Zornitta è in aperta sfida con gli inquirenti, li sfida sulle loro competenze in tema di esplosivi, li ridicolizza, proprio come faceva Unabomber.
Stefano Lorenzetto: “Ma lei se la sentirebbe di aiutare gli inquirenti a dare la caccia allo squilibrato?”.
Elvo Zornitta: “Per quanto assurdo possa sembrare, dopo la prima perquisizione scrissi una lettera al sostituto procuratore di Trieste, Pietro Montrone, spiegandogli che si stavano sbagliando e dando una serie di suggerimenti investigativi, purtroppo. Col senno di poi, temo che gli inquirenti l’abbiano presa come una conferma delle loro teorie, anziché come un aiuto”.
Purtroppo per lui, è noto a tutti che molti seriali sono abili manipolatori e per questo motivo si intromettono spesso nelle indagini. E’ quindi logico che il suo atteggiamento abbia insospettito gli inquirenti.
A Cleveland, Ohio, Ariel Castro, tra il 2002 ed il 2004, ha rapito 3 giovani donne, Michelle Knight, Amanda Berry e Georgina DeJesus, ne ha abusato fino al 6 maggio 2016; Castro ha partecipato alle ricerche di una di loro, ha suonato per raccogliere fondi per le sue ricerche ed è stato vicino ai suoi familiari durante la veglia in suo onore.
Stefano Lorenzetto: “Mi dica uno dei suggerimenti”.
Elvo Zornitta: “Dal 2003 la nitroglicerina non è più in libera circolazione. Si usa solo per i farmaci contro le sindromi coronariche. Però su Internet si trovano le formule per ottenerla in casa da acido nitrico e acido solforico puri, miscelati con un’altra sostanza di comune reperibilità. Quindi bisognava cercare nei laboratori chimici, nelle industrie della plastica e in quelle metallografiche, nelle cantine che testano la qualità dei vini”.
Stefano Lorenzetto: “ L’ultimo attentato risale al 6 maggio 2006. Unabomber non è mai rimasto inattivo per più di tre anni. Non le pare strano?”.
Elvo Zornitta: “Io posso solo dirle che ben cinque attentati sono avvenuti mentre ero sotto osservazione diretta degli inquirenti. L’ho scoperto solo alla fine della mia odissea, consultando il fascicolo processuale”.
Stefano Lorenzetto: “Che intende per osservazione diretta?”.
Elvo Zornitta: “Sei GPS collocati nella mia auto e in quella di mia moglie per rilevare via satellite, dalla questura, qualsiasi movimento. Una telecamera, accesa 24 ore su 24, piazzata all’inizio della strada dove abito. Tre microspie in altrettante prese elettriche della casa. Monitoraggio costante dei siti web che visitavo. Cinque anni di intercettazioni telefoniche. Pedinamenti assidui: uno degli ordigni fu trovato a Portogruaro, mentre ero guardato a vista. Sondaggi con metal e gas detector in tutte le mie proprietà per rilevare eventuali tracce di metalli o di esplosivi: mai trovato nulla“.
“mai trovato nulla” non equivale a dire che non ci fosse mai stato nulla da trovare.
Stefano Lorenzetto: ”I giornali l’hanno definita: belva oscena e ripugnante, mostro disumano, personaggio ambiguo e sconcertante, anche l’ingegnere cattolico”.
Elvo Zornitta: “Le prime due non me le ricordavo. È un fatto che sono cattolico e praticante. In tutti questi anni ad andare in giro per strada mi sono spesso vergognato. In chiesa mai”.
L’11 febbraio 2016 Elvo Zornitta è ospite di Giancarlo Magalli alla trasmissione televisiva I fatti vostri:
Giancarlo Magalli: “Nel maggio del 2004 i carabinieri arrivarono a casa sua perquisirono e la accusarono di essere la mano dietro questi attentati ma quali prove vennero trovate che potessero avvalorare questa ipotesi?”.
Elvo Zornitta: “Inizialmente devo dire che è molto particolare questo tipo di reati per cui in effetti se uno ruba o commette un omicidio si sa esattamente la data in cui l’ha commesso, in casi come questi ovviamente rimane il mistero di quando viene posizionato l’ordigno, quindi può essere avvenuto un giorno prima o un mese prima con la stessa facilità, è quindi molto difficile riuscire a difendersi con un alibi da tutto questo che può capitare”.
La risposta di Zornitta è evasiva, il presentatore gli ha chiesto quali prove gli inquirenti avessero trovato, lui ha parlato di quanto sia difficile procurarsi un alibi.
Da un articolo del 7 novembre 2014 firmato da Elisa Marini:
Elisa Marini: “Chi è Unabomber e perché non ha più agito?”.
Elvo Zornitta: “Agisce con logica, dunque non è un pazzo. Potrebbe essere morto, menomato da un incidente. Nessuno l’ha mai pensato ma credo che potrebbe essere qualcuno che è stato sfiorato da questa grande indagine e che si è spaventato vedendo quello che è successo a me. Una cosa è giocare col fuoco, un’altra cominciare a scottarsi”.
“Una cosa è giocare col fuoco, un’altra cominciare a scottarsi” è una frase di un certo interesse.
Zornitta non ha mai negato in modo credibile di essere Unabomber.
Elvo Zornitta continua a rilasciare interviste, non per parlare esclusivamente dell’ingiustizia da lui subita, ma, nella consapevolezza che il suo modo di porsi non fa che danneggiarlo, per atteggiarsi a super esperto di profili di bombaroli seriali senza averne le competenze.
Ciò che emerge da queste interviste è il bisogno di Zornitta di tenere in vita il mito di Unabomber.