– di Alfredo Grado –
In un recente editoriale del 01.02.2020 (…sul coronavirus ed altre nefandezze), visto il susseguirsi di una discreta mole di informazioni – più o meno corrette – circa la diffusione del Coronavirus (virus 2019-nCov), ho messo in rilievo il ruolo dei media nella comunicazione, sottolineando che l’uomo non è adatto alla velocità dei messaggi, poiché la sua psicologia non regge facilmente la consapevolezza dell’ignoto se essa è fin troppo assidua. Or bene, a distanza di un paio di settimane mi sento costretto a tornare sull’argomento visto che, come era facilmente prevedibile, a molti non è ben chiaro se siamo veramente ad un passo dalla fine della civiltà umana, o il coronavirus rientra nella classica manovra di controllo economico e sociale. Il che equivale a capire se siamo di fronte ad una vera emergenza sanitaria o, diversamente, ci stanno prendendo ancora una volta per i fondelli.
Sembrerà strano, ma di fronte a questo tourbillon di emozioni, nei riguardi del quale non sappiamo quale posizione assumere, l’unica certezza è che sono bastati pochi casi per innescare la paura più recondita dell’essere umano. Pochi casi, ma insinuati tra le due colonne della economia italiana: la Lombardia e il Veneto, rispettivamente con 47 e 12 casi.
Per motivi professionali conosco bene il Belpaese, e sento di dire con forza che appare strano immaginare la comunità cinese, unitamente a quanti hanno soggiornato in Asia, stanziata solo al Nord. Quello che voglio trasmettevi è che quanto sta girando in TV o sui social media è molto più pericoloso del virus stesso. E a buttar benzina sul fuoco ci stanno pensando anche le amministrazioni comunali e regionali, facendo chiudere le attività commerciali, evitando le gite scolastiche o chiudendo i battenti a chi proviene da ipotetiche zone infette.
Quello che voglio comunicare e con-dividere è che quando il pensiero si focalizza in una unica direzione, quando questo pensiero viene associato e potenziato dalla paura, si viene a generare una forma-pensiero simile ad una creatura immateriale, che può crescere se alimentata dall’attività psichica.
Se sottoposti costantemente alla paura il Sistema Nervoso Simpatico produce una cascata ormonale, l’organismo reagisce con l’aumento della frequenza cardiaca e del ritmo respiratorio. Per non parlare poi degli altri organi e ghiandole, che si adattano al fine di predisporre l’organismo all’attacco o alla fuga. In natura, infatti, lo stravolgimento elettrochimico descritto è per gli animali funzionale alla sopravvivenza. Ma tutto torna normale quando il pericolo finisce. La mente umana, invece, complica le cose. Essa comincia a generare pensieri allorquando riceve un messaggio apocalittico, una fake news o una riflessione catastrofica condivisa dall’amico su wazzup. Da quel momento in poi la mente continua ad alimentare il messaggio, lo trasforma riponendo in esso le angosce recondite, le paure ataviche e, in molti casi, i traumi dell’infanzia.
Queste brevi considerazioni dovrebbero indurci a capire che non importa sapere se il virus è uscito accidentalmente dal laboratorio cinese di Wuhan per un errore umano, o se è stato ingegnerizzato e messo in circolazione dall’America come atto di guerra economica alla Cina, o se invece si tratta delle prove generali di una futura pandemia, con l’intento di verificare le reazioni delle masse… Ciò che giova capire è quello che ciascuno di noi fa per renderlo davvero mostruoso o addomesticarlo e, quindi, renderlo innocuo grazie all’uso corretto del pensiero. In tutta questa storia, il rischio più grosso è la paura!