Nel dicembre 2019, don Paolo Piccoli, ex parroco di Pizzoli e Rocca di Cambio, è stato condannato a 21 anni e 6 mesi di reclusione per l’omicidio di don Giuseppe Rocco. Don Rocco è stato ucciso il 25 aprile del 2014. Causa della morte: ipossia da strangolamento e soffocamento.
In Statement Analysis partiamo dal presupposto che chi parla sia “innocente de facto” e che parli per essere compreso. Pertanto, da un “innocente de facto” ci aspettiamo che neghi in modo credibile e che nel suo linguaggio non siano presenti indicatori caratteristici delle dichiarazioni di coloro che non dicono il vero. In pratica analizziamo le parole che non ci aspettiamo di udire o di leggere (The Expected Versus The Unexpected).
Da don Paolo Piccoli ci aspettiamo che neghi in modo credibile di aver ucciso don Pino Rocco e che possegga il cosiddetto “muro della verità”, un’impenetrabile barriera psicologica che permette ai soggetti che dicono il vero di limitarsi a rispondere con poche parole in quanto gli stessi non hanno necessità di convincere nessuno di niente.
Una negazione credibile è composta da tre componenti:
- il pronome personale “io”;
- l’avverbio di negazione “non” e il verbo al passato “ho”, “non ho”;
- l’accusa “ucciso tizio”.
La frase “io non ho ucciso don Rocco”, seguita dalla frase “ho detto la verità” o “sto dicendo la verità” riferita a “io non ho ucciso don Rocco”, è una negazione credibile. Anche “io non ho ucciso don Rocco, ho detto la verità, sono innocente” è da considerarsi una negazione credibile.
Nel maggio 2018, una giornalista della trasmissione Quarto Grado ha intervistato don Paolo Piccoli:
Giornalista: Padre, lei si ricorda cosa è successo il 25 aprile del 2014?
Meglio sarebbe stato chiedere: “Padre, che cosa è successo il 25 aprile del 2014?” posto che un soggetto racconta solo ciò che ricorda. Comunque resta una buona domanda, peccato non tutta la risposta di don Piccoli sia stata mandata in onda.
La giornalista avrebbe dovuto soprattutto focalizzare su che cosa stesse facendo don Piccoli nei momenti in cui don Rocco veniva ucciso non sul dopo la scoperta del cadavere.
Don Paolo Piccoli: (…) e fui chiamato dal capo manutentore eee… che mi disse se potevo andare a dire una preghiera con don Rocco, io lì per lì non ho capito, dice: “No, guarda, a don Rocco che” – dice – “è morto”. Eh, son rimasto un po’ così, ho preso un caffè, un attimino per confortarmi, sono rientrato in stanza, ho messo… ho messo la veste velocemente, purtroppo senza… senza ah mettere la camicia e sono salito in camera dove ho proceduto al… intanto ad accertarmi, com’è… com’è obbligatorio fare, della temperatura del cadavere, essendo ancora tiepido, ho proceduto, secondo la consuetudine generale della chiesa, ad impartire il sacramento dell’estrema unzione sotto condizione e poi la benedizione apostolica.
Un racconto interminabile. Don Piccoli avrebbe potuto semplicemente rispondere: “Il 25 aprile del 2014 è morto don Rocco ed io gli ho impartito i sacramenti” e invece ha condito il suo racconto con una serie di informazioni non necessarie.
Si noti la velata ironia in questo stralcio “e fui chiamato dal capo manutentore eee… che mi disse se potevo andare a dire una preghiera con don Rocco, io lì per lì non ho capito, dice: “No, guarda, a don Rocco che” – dice – “è morto”. E’ possibile che don Piccoli abbia finto di non capire per prendere tempo per elaborare una reazione di stupore credibile alla notizia della morte di don Rocco. Peraltro si noti che solo inizialmente don Piccoli parla di ciò che gli riferì il manutentore usando il verbo al passato “mi disse” mentre quando entra lo specifico usa il verbo al presente “dice: “No, guarda, a don Rocco che” – dice – “è morto”. Da un soggetto che parla di un evento passato ci aspettiamo l’uso del verbo al passato. Don Piccoli, per non mentire, usa il presente e spera che sia il suo interlocutore a concludere che lui sta parlando di un evento accaduto.
- Si noti “ho preso un caffè, un attimino per confortarmi”. Perché don Piccoli dovrebbe avere bisogno di conforto? E’ un po’ come quando in una telefonata di soccorso il chiamante chiede aiuto per sé invece che per la vittima.
- Si noti “sono rientrato in stanza, ho messo… ho messo la veste velocemente, purtroppo senza… senza ah mettere la camicia”, dichiarazioni che, in seguito, gli serviranno a tentare di giustificare la presenza del suo sangue sul letto di don Rocco.
- Si noti “sono salito in camera dove ho proceduto al… intanto ad accertarmi, com’è… com’è obbligatorio fare, della temperatura del cadavere, essendo ancora tiepido”. Don Piccoli sente la necessità di riferire che don Rocco era tiepido, a che scopo? Lo fa per descrivere un movimento che potrebbe giustificare la presenza del suo sangue sul letto di don Rocco o per posticipare l’ora della morte del sacerdote?
In un’intervista alla testata giornalistica “Il Piccolo”, don Piccoli ha dichiarato: “La veste talare, quando tiri su il braccio, ti arriva fino al gomito lasciandolo scoperto. Sotto non avevo la camicia. Il sangue può essere stato rilasciato quando mi sono inginocchiato e per tirarmi su mi sono appoggiato al letto. Oppure aspergendo l’acqua santa sul corpo e sui presenti, con il movimento del braccio. Comunque mi sono avvicinato a don Rocco anche per dargli l’estrema unzione sulla fronte e per farlo, come previsto, ho dovuto prima toccare la temperatura del corpo visto che si può dare l’unzione tra le due e le quattro ore dopo il decesso. In tutti quei momento potrei aver sporcato il letto”.
Nella solita intervista, don Piccoli, alla domanda: “Come sta vivendo questo processo per omicidio, don Piccoli? Come si sente?”, ha risposto: “Sbalordito, c’è un accanimento contro di me. Sono prete da 25 anni… mi conosce tutta Italia, sono vicino a cardinali. Le pare che vado in giro di notte a strozzare preti per rubare catenine e bomboniere? Ma sono sereno”.
Don Piccoli tenta di convincere il giornalista che, essendo prete da 25 anni, famoso e con amicizie altolocate, non passa aver commesso l’omicidio. Si chiama manipolare non negare in modo credibile.
“vado in giro di notte a strozzare preti per rubare catenine e bomboniere” è un’ammissione tra le righe. Visto il contesto “Ma sono sereno” suonano come parole di un sociopatico.
Giornalista: Quali erano i rapporti tra lei e Don Rocco?
Don Paolo Piccoli: Mah, pressoché inesistenti, forse io mmm… l’avrò visto 3 o 4 volte., 3 o 4. L’ho sempre accompagnato dalla… dalla perpetua.
Giornalista: Senta questa sembra all’inizio una morte naturale poi però questa perpetua dice che c’è qualcosa che non va perché manca questa catenina di Don Rocco, lei ricorda di averla mai vista o l’ha mai vista?
Don Paolo Piccoli: Io non posso dire niente della catenina perché né l’ho mai vista né vi ho posto attenzione (…)
Don Piccoli mostra di avere bisogno di convincere, avrebbe potuto semplicemente rispondere con un “No”.
Giornalista: L’accusa dice appunto che lei avrebbe potuto strappare questa catenina a Don Rocco.
Don Paolo Piccoli: Sì, ma per farci cosa?
Don Piccoli risponde con una domanda per non rispondere.
Giornalista: Lei viene accusato di un delitto gravissimo, cioè di aver ucciso Don Rocco, lei cosa risponde a questa accusa?
La domanda non è necessaria, se don Piccoli non avesse ucciso don Rocco, lo avrebbe già detto.
Don Paolo Piccoli: Mah, ehm… per quale motivo? Cioè mmm… io non avevo (incomprensibile)… poi non è nel mio carattere, non è certo accanirmi con i sacerdoti anziani.
Don Piccoli risponde con due pause e una domanda per prendere tempo e poi prova a convincere la giornalista di qualcosa che non riesce a negare in modo credibile.
“per quale motivo?” non è un argomento posto che i moventi degli omicidi sono personali e relativi.
“non è nel mio carattere, non è certo accanirmi con i sacerdoti anziani” non è una negazione credibile.
C’è da chiedersi cosa intenda don Piccoli per “carattere” e se non è nel suo “carattere”, dov’è?
Si noti “accanirmi” non “uccidere”. Don Piccoli non vuole confrontarsi con l’accusa per lo stress che gli indurrebbe.
Giornalista: Lei era rientrato davvero solamente da un mese.
Don Paolo Piccoli: Esatto, da un mese esatto ero rientrato, dopo 8 mesi di malattia, quindi ero rientrato anche in maniera molto fragile (…)
Don Piccoli, invece di negare a chiare lettere di aver ucciso il povero Don Rocco, si descrive come “molto fragile” in modo che sia l’interlocutore a trarre le conclusioni.
Giornalista: In questa storia che lo vede accusato c’è il suo DNA, cioè ci sono delle macchioline di sangue nel lenzuolo di Don Rocco.
Don Paolo Piccoli: (…) io ho molteplici patologie e… vi sono queste ehm… queste tracce ematiche che io sono convinto di aver lasciato con i… con i movimenti che le dicevo prima e quindi può darsi che qualcosa si sia staccato nella circostanza in questa azione di forza, in questo… in questo movimentooo… che si deve fare forzatamente con il braccio per… per far uscire dall’aspersorio l’acqua santa.
Purtroppo la risposta è stata tagliata. In ogni caso, ancora una volta don Piccoli non è stato capace di negare di aver ucciso don Rocco. Ha invece tentato di giustificare la presenza del suo sangue sul letto del vecchio sacerdote, ha indebolito la sua tirata oratoria con “io sono convinto” e “può darsi” e si è reso ridicolo con le parole “azione di forza” e “forzatamente”. Estrema unzione e benedizione sono pratiche simboliche che di certo non necessitano dell’uso della forza.
Giornalista: Secondo lei qualcuno voleva male a Don Rocco?
Don Paolo Piccoli: Ah, non ne ho la minima idea, so che era un benemerito anziano sacerdote.
Giornalista: Quindi secondo lei la sua morte a cosa è dovuta?
Don Paolo Piccoli: Non lo posso sapere io… sono convinto che siano state cause naturali.
Giornalista: Quindi lei si dichiara innocente?
Se non è don Piccoli a dirsi “innocente”, perché suggerirglielo? Non si ottengono risposte credibili quando si imbocca l’interrogato.
Peraltro, dirsi “innocente” non equivale a negare l’azione omicidiaria. E, all’epoca di questa intervista don Piccoli era “innocente de iure”.
E’ chiaro che la domanda permetterebbe comunque a don Piccoli di negare in modo credibile.
Don Paolo Piccoli: Io mi dichiaro innocente, io mi dichiaro, però poi so bene anch’io che le cose di questo mondo sono assai complicate e quindi speriamo si possa vedere la luce.
La risposta che ci saremmo aspettati: “Io sono innocente, non ho ucciso io don Rocco, sto dicendo la verità”.
E invece la risposta di don Piccoli sembra più una precisazione, don Piccoli fa riferimento non alla sua innocenza “de facto” ma a quella “de iure” e si mostra pessimista.
Giornalista: Cosa le fa più male?
Una domanda che permetterebbe a don Piccoli di negare in modo credibile.
Don Paolo Piccoli: Ma io direi la confusione. Vi è una frase dell’antico testamento che dice: “Non in commotione Domini” (leggi “Non in commotione Dominus”), il Signore non è nella confusione e qui vi è una terribile confusione, un continuooo… rinfacciare di tante cose eee… mettere insieme et cetera e quindi: se non c’è il Signore, nella confusione chi c’è? Il demonio.
La risposta che ci saremmo aspettati: “Essere accusato di omicidio, io non ho ucciso don Rocco, sto dicendo la verità”.
Don Piccoli è un manipolatore. La “confusione” è lui a farla per tentare di convincere di non aver ucciso il vecchio sacerdote senza negarlo in modo credibile.
Quando Don Piccoli dice “un continuooo… rinfacciare di tante cose” si riferisce a ciò che è emerso su di lui durante le indagini: alcolismo e cleptomania.
Nel gennaio 2020, un giornalista della trasmissione Chi l’ha visto? ha intervistato don Piccoli:
Don Paolo Piccoli: (…) avevo una tuta da ginnastica e una maglietta con le maniche corte, misi alla svelta… la sottana, presi gli arnesi che servono, la… il rocchetto, la stola, la… la palmatoria con la candela, il vasetto con l’olio santo rituale e mi recai al piano di sopra (…) mi resi conto che era tiepido, procedetti immediatamente a dare la benedizione apostolica, dopodiché procedetti all’estrema unzione, quindi,dovendo fare anche dei gesti molto… molto estesi col braccio, dovetti più volte aspergere con l’asperges tascabile dopodiché io mi sono inginocchiato lungamente dovendomi barcamenare p… per la mia impossibilità, strisciando entrambe le mani per dire le preghiere con il rituale in mano entrambe le me… entrambi gli avambracci per sostenermi su buona parte del letto, quindi, di don Rocco.
Purtroppo la domanda del giornalista è stata tagliata e la risposta non è integrale.
In ogni caso, la risposta di don Piccoli è una lunga tirata oratoria, un racconto interminabile condito con informazioni inutili.
Don Piccoli dice “dovendo fare anche dei gesti molto… molto estesi col braccio, dovetti più volte aspergere con l’asperges tascabile dopodiché io mi sono inginocchiato lungamente dovendomi barcamenare p… per la mia impossibilità, strisciando entrambe le mani per dire le preghiere con il rituale in mano entrambe le me… entrambi gli avambracci per sostenermi su buona parte del letto, quindi, di don Rocco” per tentare di giustificare il ritrovamento del suo sangue sul letto del vecchio sacerdote.
Giornalista: Non si era accorto di questa perdita di sangue?
Una domanda chiusa che permetterebbe a Don Piccoli di rispondere con un “Sì” o con un “No”.
Don Paolo Piccoli: Ma io sono certo di aver perso del sangue perché non avevo la cam… non avevo la camicia della veste, non avevo messo le creme e tutte le precauzioni che normalmente prendevo, quindi io certamente avrò avuto delle perdite di sangue.
Si noti che la risposta è evasiva. Don Piccoli mostra di avere bisogno di convincere.
Giornalista: Dove c’aveva in particolare, mi vuol far vedere un secondo?
Don Paolo Piccoli: Eh posso far vedere certa…
Giornalista: Sì, il punto dove lei poteva sanguinare.
Don Paolo Piccoli: Gli avambracci, entrambi li avam…
Giornalista: Ma da sopra?
Don Paolo Piccoli: No, da sopra e da sotto, quando lei si gratta, si gratta a 360 gradi.
Si noti che il Piccoli, per non mentire, non parla per se stesso, non dice “io mi grattavo a 360 gradi” ma “quando lei si gratta, si gratta a 360 gradi” nella speranza che sia il giornalista a trarre le conclusioni.
Giornalista: Cioè…
Don Paolo Piccoli: Abbiamo una situazio… (interrotto)
Il giornalista, seppure interrotto, avrebbe dovuto lasciar parlare don Piccoli invece di interromperlo a sua volta. Non è interessante ciò che ha lui da dire, il suo goal dovrebbe essere far parlare don Piccoli.
Giornalista: Ci sono testimoni che sostengono che lei era distante dal letto e quindi non l’avrebbe toccato.
Don Paolo Piccoli: Ma io continuavo ad andare avanti e indietro da questa benedetta scrivania, quindi sono stato anche… and… anche distante dal letto in certi momenti, dopo un secondo ero vicino al letto, dopo un altro secondo ero di nuovo… di nuovo verso la scrivania.
Si noti che Don Piccoli non dice di essere stato appoggiato al letto ma solo “vicino al letto”.
Don Paolo Piccoli: Mi sono posizionato, il letto più o meno era questo. Mettiamo, ho lasciato il libro così e fatto questa faticosissima manovra per me che ho l’artropodi (leggi artroprotesi) dell’anca e, era un po’ più alto questo letto, e in questa maniera, è quello (interrotto)
Si noti “Mettiamo”. “Mettiamo” indebolisce “ho lasciato il libro così”.
Il giornalista interrompe il don.
Giornalista: In questo punto del letto?
Don Paolo Piccoli: In questo punto più o meno sì eee… oscillando (interrotto)
Il giornalista interrompe il don.
Giornalista: Il corpo il corpo di don…
Don Paolo Piccoli: E qua (interrotto)
Il giornalista interrompe il don.
Giornalista:… di don Pino Rocco era qui.
Il giornalista ha inspiegabilmente continuato ad interrompere don Piccoli per dire che don Pino Rocco era posizionato nel letto con la testa sul cuscino.
Don Paolo Piccoli:… e qua (incomprensibile) addirittura… appoggiandosi il libro sul corpo… appoggiandosi il libro sul corpo, quindi qui c’è il corpo, magari io mi sono… in attesa e ecco la fotografia che ha il vicario quando entra, la porta era lì, che… mi vede… mi vede inginocchiato con la… il rocchetto e la stola nera e con le mani sul letto perché tenendo questo libro.
“magari io mi sono…” non solo indebolisce ciò che sta dicendo ma è un’auto censura.
Ancora una volta don Piccoli usa termini e frasi quali “oscillando”, “appoggiandosi il libro sul corpo… appoggiandosi il libro sul corpo” e “con le mani sul letto“ per tentare di giustificare il ritrovamento del suo sangue sul letto del vecchio sacerdote.
Giornalista: E come spiega però che c’era anche un… del… insomma dell’imbrattamento di sangue lì?
Don Paolo Piccoli: Quello è stato precedentemente. Allora, intanto io mi sono dovuto tirare su con… la fatica che può fare una persona con l’artroprotesi di anca, quindi anche strisciando, ripeto: il letto era più alto. Questo è stato fatto all’inizio quando io mi sono dovuto appoggiare per arrivare e quindi chiaramente in qualche maniera arrivare a dare l’unzione.
Si notino le forme passive “Quello è stato precedentemente”, e “Questo è stato fatto all’inizio”. Le forme passive vengono usate per nascondere identità e responsabilità.
Ancora una volta don Piccoli usa termini e frasi quali “mi sono dovuto tirare su con… la fatica”, “strisciando” e “mi sono dovuto appoggiare” per tentare di giustificare il ritrovamento del suo sangue sul letto del vecchio sacerdote.
Antonio Logli durante un’intervista, attraverso la descrizione di un’escalation di azioni sempre più incisive capaci di sgualcire il letto all’inverosimile, provò a convincere i giornalisti che sarebbe stato impossibile capire se la Ragusa avesse dormito nel letto. In primis, Antonio Logli disse che madre e figlia vi si mettevano sopra per la “preghierina”, poi che lui vi si era “portato”, poi che lui lo aveva “schiacciato”, poi che lui si era “allungato” per spegnere la sveglia, poi che la bimba lo apriva, poi che lui si era “buttato” dalla parte di Roberta, poi che lui si era “rotolato”, “andato lì” e infine che era “uscito” dalla parte dove era solita dormire la moglie e lo aveva “compresso”. Un racconto che ricorda da vicino proprio il racconto di Don Paolo Rocco relativo al modo in cui lui impartisce i sacramenti.
Giornalista: Gliela devo fare questa domanda lei ha ucciso Don Pino Rocco?
La risposta a questa domanda si inferisce analizzando le dichiarazioni di don Piccoli: per non mentire, don Piccoli non ha mai negato in modo credibile di aver ucciso il povero don Rocco.
Don Paolo Piccoli: No, non è nella mia natura di poter… fare del male ma poi massimamente in quella maniera lì così vigliacca. Se avessi fatto una cosa l’avrei fatta certamente in maniera teatrale non… non così segreta oooo compl… e soprattutto complicata.
Con la sua domanda, il giornalista avrebbe potuto indurre don Piccoli a mentire perché il prete avrebbe potuto ripetere a pappagallo le parole del suo interlocutore. In ogni caso, se anche don Piccoli avesse detto “No, non ho ucciso don Pino Rocco” la sua non sarebbe una negazione credibile proprio perché non sarebbe stata spontanea.
Don Piccoli ha però negato con un “No” e ha poi indebolito la sua negazione con l’aggiunta di una serie di affermazioni che ci rivelano un suo bisogno di convincere.
C’è da chiedersi cosa intenda don Piccoli per “natura” e, se non è nella sua “natura”, dov’è?
Si noti “fare del male” non “uccidere”. Don Piccoli non vuole confrontarsi con l’accusa per lo stress che gli indurrebbe.
Dicendo “ma poi massimamente in quella maniera lì così vigliacca. Se avessi fatto una cosa l’avrei fatta certamente in maniera teatrale non… non così segreta oooo compl… e soprattutto complicata” contraddice ciò che ha appena detto e tenta di ridicolizzare le accuse.
Don Paolo Piccoli: Ma lei mi deve spiegare per quale motivo se noi consideriamo il collegio, il seminario, il sacerdozio, il canonicato e quant’altro io avrei dovuto mettere a repentaglio 43 anni di vita religiosa… di vita re… e di sacrifici relativi per degli oggetti di mmm valore forse complessivo di 30 euro.
No, non è il giornalista a averlo spiegare ma don Piccoli.
Don Piccoli è stato accusato di aver sottratto dalla scena del crimine un cuscino, cuscino che secondo l’accusa avrebbe usato per uccidere don Rocco.
Don Paolo Piccoli: La stanza era completamente monitorato quindi non vedo come io avrei potuto fare tutte queste processioni avanti e indietro.
Non solo don Piccoli è incapace di negare di aver sottratto il cuscino ma dichiara il falso quando dice che la stanza era monitorata, sappiamo infatti che, dopo l’omicidio, per tre giorni, la stanza di don Rocco è rimasta aperta e non era affatto monitorata. Don Piccoli non solo ha dissimulato durante le interviste ma, in questo caso, ha mostrato di essere anche capace di falsificare.
CONCLUSIONI
Don Piccoli ha ucciso il povero don Rocco.
Nelle due interviste, per non mentire, don Paolo Piccoli ha tentato di convincere i suoi interlocutori di non aver ucciso don Pino Rocco senza negarlo in modo credibile.
Don Piccoli non possiede il cosiddetto “muro della verità”. Ha tratti antisociali di personalità: è un manipolatore, è privo di senso di colpa e di vergogna ed è incapace di prendersi le proprie responsabilità.
Don Piccoli è un bugiardo abituale con un’alta opinione di sé e delle proprie capacità manipolatorie che ha testato, godendo di buoni risultati, fino al giorno della sua iscrizione nel registro degli indagati per l’omicidio di don Rocco.