– rubrica a cura di Silvana Narducci – Stadi, palla, squadre, folla, tifosi, non sono una prerogativa dei nostri giorni. Nell’antichità, infatti, il gioco già infiammava le folle. Per i Maya, civiltà precolombiana antichissima che si sviluppò tra il 2000 a.C. e il IX secolo (scomparendo improvvisamente e misteriosamente in tutti i numerosi e fiorenti insediamenti), il gioco della Pelota assumeva un’importanza mistica. Già noto fin dal tempo degli Olmechi alla Pelota era legato un antico mito, tramandato dal Popul Vuh, che racconta la lotta tra le divinità terrestri e solari e i demoni dell’Inframondo. Il gioco era associato al culto del Sole che lottava ogni notte con le tenebre per rinascere ogni giorno. Il campo da gioco rappresentava la Terra, la palla (la pelota) simboleggiava il Sole i giocatori di due squadre – per lo più composte da sette-nove membri ciascuna – si fronteggiavano nel tentativo di far entrare la palla nei cerchi di pietra posti ai lati del campo, colpendola con il fianco o con il petto o con altre parti del corpo. Vietato l’uso delle mani o dei piedi.Il gioco poteva durare molte ore, fino a quando non veniva fatto “sorgere il sole” introducendo la pelota nel cerchio di pietra.Vi erano civiltà come gli Zapotechi e i Totonachi dove il Gioco della Pelota era diventato un’ossessione. Nel centro cerimoniale di El Tajín esistevano ben 14 campi di gara: anche se le regole e l’abbigliamento dei giocatori cambiavano a seconda dei riti, il gioco culminava quasi sempre nel sacrificio di sangue.
Sembra, secondo studi recenti, che ad essere sacrificati non erano i perdenti, come si è creduto a lungo, bensì i vincitori (o il capitano della squadra vincitrice) in quanto la morte era considerata un onore da donare a coloro o a colui che aveva permesso al Sole di rinascere.
Le immagini dei giochi compaiono spesso sui rilievi che ornano la base delle grandi mura che circondano il campo da gioco: i giocatori erano protetti da cinture che coprivano le parti vulnerabili dalle natiche alle ascelle e da paracolpi sulle braccia e sulle ginocchia. Sui limiti nord e sud del campo furono costruite due ampie piattaforme con due templi dedicati al Sole e alla Luna, anch’essi coperti interamente da bassorilievi. Sono ben distinguibili gli anelli di pietra contrapposti, dentro i quali i giocatori dovevano far passare la palla.
Oggi, in quei antichissimi campi di gioco, si svolgono delle rappresentazioni che mostrano come i giocatori dell’epoca si affrontavano…ed hanno ancora intatto tutto il mistico fascino dei giochi dell’epoca.