Dalla carta allo schermo: “Seta” è tratto dall’omonimo romanzo di Alessandro Baricco, che racconta un lungo viaggio, quello di Hervé Joncour (interpretato da Michael Pitt, indimenticabile nella pellicola passionale e provocatoria “The Dreamers – I sognatori” di Bernardo Bertolucci e conosciuto anche per altre opere come “Last Days”, la pellicola di Gus Van Sant che ha saputo raccontare il caos che attanagliava l’animo di Kurt Cobain; o per la sua perfomance nel sadico remake di “Funny Games” diretto da Michael Haneke). Il viaggio di Hervé Joncour, figlio del sindaco di una piccola cittadina francese, parte a metà Ottocento. Dopo aver sposato Hélène (Keira Knightley) e aver abbandonato la carriera militare, si reca prima in Africa e poi in Giappone in cerca di bachi da seta resistenti alle malattie per far rifiorire le fabbriche del suo paese. Le scoperte in questi lunghi viaggi saranno inaspettate.
Baricco ha al tempo stesso una grande capacità di sintesi e una sensibilità innata nel cogliere ogni minima sfumatura: la pellicola, inaspettatamente, si presenta come un “arricchimento” del racconto di Baricco, sia in termini di profondità narrativa che in termini di dettagli. Lo spettatore vive a pieno le lunghe inquadrature paesaggistiche, ascolta i silenzi, è spinto a riflettere. Le sensazioni, però, sono nettamente differenti: il lettore stimola la propria fantasia, costruisce davanti a sé i luoghi, attribuisce un volto ai personaggi, crea, tralascia alcuni aspetti per metterne in risalto altri; lo spettatore ha già tutto di fronte a sé (le immagini, i volti, la musica), e spesso questo comporta una diminuzione di creatività. Il cinema ha le sue regole e le sue convenzioni, ed è spesso difficile trasferire sullo schermo i significati di un romanzo: “Seta”, invece, la cui gestazione cinematografica è durata ben dieci anni, dà un valore maggiore alla lettura, consente di approfondire, rievoca sullo schermo le stesse emozioni della storia scritta da Baricco con una grande forza visiva, grazie a delle inquadrature molto vicine all’arte pittorica.
La seta è il mezzo che spinge il protagonista verso l’ignoto che inevitabilmente lo seduce, ma al tempo stesso in lui c’è una grande fedeltà verso le proprie radici e, in particolare, verso sua moglie. Baricco ha costruito nel suo racconto una passione che cresce e che lascia addosso una sensazione simile a quella del tessuto di cui tratta: delicata, quasi impercettibile. La storia va quindi percepita, come se fosse un’esperienza sensoriale. La pellicola invece, come abbiamo detto, aggiunge: si possono apprezzare i colori, gli ambienti, le colonne sonore. “Seta”, sia il romanzo che il film, è dunque un’opera complessa, raffinata e affascinante, in cui convivono il fascino per lo sconosciuto, inarrivabile e mai sfiorato (ed è, appunto, la seta che sfiora); e per il conosciuto, che ha la forza di resistere nel tempo.
Mariantonietta Losanno