150.000 euro di danni ai genitori e la perdita della patria potestà
SANTA MARIA CAPUA VETERE – A sei anni dal delitto, dopo 71 udienze, 5 ore di camera i consiglio e dopo una breve replica del pubblico ministero, si è concluso oggi, con la condanna a 27 anni di reclusione, innanzi la Corte di Assise (presidente, Giovanna Napoletano, giudice a latere, Alessandro De Santis, pubblico ministero, Domenico Musto; con la giuria popolare composta da: Rita Villaccio, Vincenzo Carlo, Vincenzo Oliva, Carla Colonna, Ines Condello, Rosa Maria Iodice, Angela D’Agostino, Rosario Caiazza, Margherita Gaglione; cancelliere Dr.ssa Teresa Lombardi) il processo a carico di Emilio Lavoretano, accusato a piede libero di essere l’assassino della moglie Katia Tondi da lui rinvenuta esanime, nel luglio del 2013.
Il destino dell’uomo è stato nelle mani di 6 donne e tre uomini che hanno formato il collegio della Corte di Assise e la giuria popolare. A conclusione della sua requisitoria il Dr. Musto aveva chiesto 25 anni di reclusione per l’imputato, richiesta alla quale si è associata la parte civile, la mamma ed il padre della vittima, Assunta Giordano e Carlo Tondi, assistita dall’avvocato Gianluca Giordano, mentre la difesa nella persona dell’avv. Natalina Mastellone ha chiesto l’assoluzione del suo assistito per “non aver commesso il fatto”.
Nel corso delle settantuno udienze numerosi sono stati gli scontri tra accusa e difesa e molti contrasti sono emersi nonostante l’ausilio di periti e consulenti e superperiti. In definitiva è rimasto irrisolto il quesito dell’ora del delitto, la temperatura corporea della vittima, il movente, la pista della rapina e quant’altro. Sono sfilati innanzi la Corte e sotto i riflettori di “Quarto Grado” e “La Vita in diretta” un fior fiore di esperti: Pietro Tarsitano, Maurizio Saliva, Vittorio Fineschi, Roberto Porto, Giuseppe De Rosa, Carmelo Lavorino e Luciano Garofano. Il processo, però al di là dell’esito e del prosieguo degli altri gradi avrà una strascico giudiziario. Il criminologo Lavorino, infatti, consulente della difesa accusato dall’avvocato Giordano di aver consigliato Lavoretano a sconvolgere la scena del crimine, di aver detto bugie sulla porta d’ingresso ed ha indicato agli inquirenti piste diverse per sviare le indagini è stato costretto a presentare querela per diffamazione e calunnia contro il legale di parte civile.Emilio Lavoretano non sarà arrestato. La sentenza non è esecutiva e restano ancora due gradi di giudizio. Però, come recita una canzone di Venditti: “Quando pensi che tutto sia finito è allora che comincia la salita. Che fantastica storia è la vita!”