CASERTA – Sono cento le candeline che spegnerà Mafalda Perrotta domani, giovedì 21 novembre, a partire dalle 17.00 presso la casa NonnAnna di Corso Trieste. Tutto pronto per festeggiare un secolo di vita, coccolata da parenti e amici, e con la partecipazione del presidente del Consiglio comunale, Michele De Florio, il quale porterà gli auguri dell’amministrazione a una cittadina che ha attraversato le vicende di Caserta negli ultimi cento anni.
Quattro figli, otto nipoti e otto pronipoti per la nonnina classe 1919 che ha vissuto gran parte della sua vita nella piazzetta Commestibili di via Turati, nel cuore della città.
Moglie dell’artista Vincenzo Carpine, scomparso nel 1992, Mafalda è stata una pittrice che ha ricevuto numerosi riconoscimenti e che ha portato le sue opere, insieme a quelle del marito, in tutte le regioni d’Italia.
Ancora lucida e tenace, Mafalda oggi è una miniera di saggezza, un libro di storia vivente, un’anziana signora che continua a disegnare tutti i giorni e a ricordare insieme gli orrori della guerra e le gioie della vita.
La storia di Mafalda Perrotta
Quella di Mafalda è una storia di altri tempi. Una storia che inizia cento anni fa, il 21 novembre 1919, all’ombra del castello normanno di Francolise. Figlia di un ferroviere e di una contadina, Mafalda, poco più che bambina e dopo il trasferimento a Caserta, comincia la scuola di taglio e cucito com’era usanza per le piccole delle famiglie che non erano benestanti. A quei tempi gli abiti erano molto costosi quindi la maggior parte delle persone li confezionava in casa e una sarta in famiglia non poteva mancare. Alla fine degli anni Trenta, Mafalda conosce Damiano Vincenzo Carpine, pittore e artista eclettico originario di Lioni, in provincia di Avellino. Si innamorano e si promettono l’uno all’altra. Sono già pronte le partecipazioni di nozze quando Vincenzo viene chiamato al fronte in Africa Orientale come sergente marconista ma i due non si perdono d’animo e si sposano per procura, nonostante fossero separati da ben novemila chilometri. Gli anni della guerra sono particolarmente duri: Mafalda è a Napoli e nel 1943 vive il terrore dei bombardamenti nei rifugi sotterranei con il primo figlio Antonio, di appena un anno, tra le braccia. Durante l’occupazione tedesca, Vincenzo si unisce ai partigiani insieme al suo maestro dell’Accademia, Emilio Notte, e rischia più volte la vita durante le attività sovversive. Nel 1946, pochi mesi prima del referendum per scegliere tra monarchia e Repubblica, nasce Annamaria, la secondogenita, mentre gli altri due figli, Giuseppe e Francesco, arriveranno a metà degli anni Cinquanta. Mafalda si prende cura della famiglia e continua a cucire e confezionare abiti; Vincenzo è professore al Liceo Artistico e apre una galleria d’arte e una scuola di pittura gratuita nel cuore di Caserta. Intorno alla sua attività nasce il gruppo Proposta 66 che avrà sede al Braciere di via Maielli e del quale faranno parte artisti di grande levatura. Mentre l’impegno di Vincenzo culmina con l’onorificenza della medaglia ai benemeriti della cultura e dell’arte consegnata dall’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone, Mafalda si avvicina alla pittura un po’ per gioco e un po’ per intrattenere i nipoti. È l’inizio di una passione che la porterà a girare insieme al marito l’Italia in lungo e in largo, tra mostre, esposizioni ed estemporanee. Di lei scrivono i critici d’arte Antonio Visconte: “La pittura naif dell’artista Mafalda Perrotta si impone per la sobria eleganza del suo disegno e per la saggia inquadratura degli elementi costruttivi”; e Mario Domenico Storari: “…Ogni inquadratura, ogni particolare strutturalmente felice sono suoi e ad essi dà un afflato romantico, mostrando sempre la sua natura contemplativa”. Gli anni Ottanta sono gli anni dei viaggi all’estero: Turchia, Marocco, Tunisia, Canarie, Francia, Spagna, Olanda e persino Brasile. È suo marito, che ama profondamente le diversità culturali, a trascinarla ogni volta in un’avventura diversa. Qualche giorno prima di partire per il tanto sospirato viaggio negli Stati Uniti, però, Vincenzo si sente male e sono costretti a rinunciare. Ha il tumore ai polmoni e morirà il primo gennaio del 1992. Mafalda è distrutta ma non si lascia sopraffare dal dolore. Ha i figli e soprattutto i nipoti che le danno la forza per andare avanti. Continua a essere un riferimento per tutta la famiglia e, dopo un’operazione al cuore che ha fatto temere il peggio, torna più forte di prima. Continua a disegnare, cuce, lavora ai ferri e dà una mano con i nipoti più piccoli. È sempre lucida e autonoma, fino all’estate del 2017 quando una brutta caduta le provoca la frattura dell’omero. Grazie alla sua tenacia e a un’intensa riabilitazione riesce a riprendere l’uso del braccio e della mano ma ormai, alla soglia dei cento anni, ha bisogno di assistenza. Ed ecco oggi Mafalda, ci sente poco, non lavora più a maglia ma continua a disegnare. Non cammina più da sola ma è sempre molto lucida. Pronta a raccontare a tutti la sua storia, fatta di sofferenze e di gioie, di dolore e amore, e lunga un secolo. Una storia di altri tempi.