Intervista a cura di Dalia Coronato
«Le idee non sono sempre sacre, ma le parole sì. Non fatevi incantare dalle parole. Imparate a usarle bene, non a gridarle. Neanche se le vedete scritte a caratteri cubitali sui muri. Neanche se tutti le urlano insieme nelle piazze» scrive Raffaele La Capria, autore del Novecento arrivato a 97 anni oggi. La raccolta di 11 racconti che compongono il romanzo “La neve del Vesuvio” diventa uno spettacolo diretto e interpretato da Andrea Renzi in collaborazione con Teatro Stabile di Napoli e Teatri Uniti. La rappresentazione teatrale sarà in scena al Teatro Civico14, il 16 e 17 novembre 2019.
D: “La Neve del Vesuvio”, si intitola così il libro scritto da La Capria, è un insieme di tappe, forse oggi diremo puntate, che formano diversi momenti?
R: La raccolta è composta da diversi episodi frammentati, disposti in ordine cronologico, tutte storie che raccontano la crescita e lo sviluppo di Tonino, il protagonista. Si può parlare di un breve romanzo di formazione che tende ad analizzare sopratutto la giovane età, quella dell’infanzia fino all’adolescenza. Con il mio spettacolo ho deciso di raccontare la crescita della relazione tra la parola e lo scrittore, tra la parola e il bambino.
La Capria ha steso, con questo libro, un ritratto dello scrittore e io cerco di portare in scena momenti di stupore, di sorpresa, di meraviglia che vengono letti come immagini permanenti nella vita di Tonino, il cui significato di tali ricordi è vivido e cosciente, ma prende forma definita soltanto nell’età adulta e della ragione.
D: Nel romanzo il tema scrutato è l’infanzia, una particolare stagione della vita. Cosa lega l’infanzia alla parola?
R: Gli studiosi dicono che la parola nasce dall’uso che conosciamo della grammatica; io cito Nanni e dico “ chi parla male, pensa male”; ma La Capria dice che noi abitiamo la lingua, si concentra su episodi della vita salienti e lo spiega con un esempio ne “La lezione del canarino”. “Fu un canarino che imprevedibilmente si posò sulla mia spalla, mentre attraversavo i giardini della Villa Comunale, a Napoli, fu un canarino a farmi intuire quanto poteva essere difficile il mestiere di scrivere. (…) “ il canarino si posò sulla mia spalla e io rimasi immobile per lo stupore, e così restai per non turbarlo col minimo movimento. Ma il mio cuore battè forte per l’emozione, e dovette sentirlo anche il canarino perché se ne volò via”. Nel momento in cui voleva descrivere l’episodio alla madre, il ragazzino si domanda: Come si fa a trasmettere con le parole l’emozione? Con lo spettacolo proverò a restituire l’emozione attraversando la parola.
D: E’ questo il compito dell’artista, dello scrittore, dell’attore: risvegliare le emozione attraverso la parola ?
R: Con “La neve del Vesuvio” la descrizione della parola avviene in maniera limpida. Sono racconti che ci invitano a riflettere anche sull’aspetto doloroso del linguaggio. Tonino si rende conto che il linguaggio è limitato quando si vuole raccontare un’emozione, una perdita, eppure non possiamo fare a meno della comunicazione. Per me, portare in scena questo racconto è diventato una sfida, un’esperienza profonda di teatro e di narrazione dove la pagina bianca dal palcoscenico viaggia e porta il pubblico a toccare altre dimensioni.
D: L’infanzia come passaggio da pura sensazione alla parola. Quanto ci condiziona l’età infantile?
R: La Capria indaga nei ricordi primari di un bambino senza farlo in maniera esplicita, ma allo stesso tempo i ricordi diventano pensieri della memoria che influenzano lo scrittore da adulto. Questo passaggio memoriale è frutto del lavoro che riusciamo a fare con noi stessi: cercare il contatto con il fanciullino interiore, con il miracolo dei primi segni scritti e ritornare alla possibilità di sorprendersi.
L’infanzia viene rielaborata attraverso la narrazione.. come quando le mie figlie restano incantate durante i racconti della nonna, anche dei più semplici, sono storie che riguardano la mia infanzia, analizzate dall’esterno. E’ un’età che ci domina soltanto quando assumiamo la ragione per ri-viverla consapevolmente da grandi.
D: La neve sul Vesuvio è qualcosa che non ti aspetti. Non è forse il pensiero stesso della neve a rimandare all’età dell’innocenza, ai giochi dei bambini? Cosa suscita la parola neve?
R: Leggo diverse metafore nel titolo del romanzo. La neve è sorpresa, meraviglia, qualcosa di inatteso e inaspettato. Tonino vuole raggiungere con gli amici questo miracolo naturale perché si sà, è destinata a scomparire in pochi giorni qui al Sud. Una neve che da forma alla nostra parte infantile, che genera stupore, e la consapevolezza di rivederla in latitudini dove non è consueta, risveglia in noi l’epoca del candore, della purezza. Ho voluto trasfigurare questo momento usando un foglio di carta. Mi piace che sia l’immagine a restituite candore. Ma il foglio bianco rimanda anche alla pagina di uno scrittore che si piega, si lacera e trattiene tutte le tracce del vissuto.
C’è grazia, sensibilità, umorismo nella scrittura di La Capria che cerco di portare in scena. Accadono episodi che ti legano all’età dell’infanzia e così, un ricordo è dimenticato solo fino a quando una parola torna alla memoria.