Il 16 giugno 1980 veniva presentata la première di un film destinato a fare la storia del cinema: “The Blues Brothers”. Cappello nero, occhiali da sole scuri, completo nero; folte basette, i loro nomi scritti sulle mani. I fratelli Jake e Elwood Blues non hanno bisogno di presentazioni: sono una leggenda. Chicago, 1980. Appena uscito di prigione in regime di semi-libertà dopo aver scontato tre anni per rapina, Jake “Joliet” Blues, il vecchio leader del gruppo della Blues Brothers Band, viene prelevato dal fratello a bordo di una “Dodge Monaco” del 1974, acquistata a un’asta di auto usate della polizia locale. L’auto della band, al posto della vecchia Cadillac, diviene la nuova “Bluesmobile”. Prima tappa della loro uscita è l’orfanotrofio di Sant’Elena nel quale sono cresciuti, dove la rigida e severa suora chiamata “La Pinguina” chiede loro aiuto. Purtroppo, infatti, l’istituto sta per chiudere, rischia di essere messo in vendita perché rimasto indietro nel pagamento delle tasse. I fratelli allora partiranno per la loro missione per conto di Dio: rimettere insieme la vecchia banda, “I Blues Brothers”, e raccogliere i cinquemila dollari necessari per salvare il luogo della loro infanzia. Tempo a disposizione: solo quattro giorni.È la comicità a fare la differenza, quella comicità mirata e precisa, dall’ironia tagliente, che ha permesso al film di diventare un classico intramontabile. Un capolavoro ancora moderno, divertente e appassionante. Ma c’è di più. “The Blues Brothers” è considerato un pilastro del cinema musicale americano. Il film raccoglie l’eredità del rhythm’n’blues del ghetto metropolitano e del soul delle periferie disagiate, diventando una commedia musicale che celebra i grandi artisti ed icone che dagli anni ’40 agli anni ’70 resero popolari e famosi questi due generi musicali. Hanno partecipato un incredibile e irripetibile cast di giganti della storia della musica: Ray Charles, Aretha Franklin, James Brown, Cab Calloway, John Lee Hooker. È la musica che determina il ritmo dell’azione e delle gag. “The Blues Brothers” ha lanciato una moda. Voleva essere soprattutto un omaggio alla musica “black” statunitense, ma ha finito per cambiare la storia del cinema. Impossibile dimenticare brani musicali come “Think” di Aretha Franklin, o “Everybody needs somebody”, cantata dai Blues Brothers. La musica blues è senza tempo, e non ha confini. È la vera star di tutti i tempi.
Dopo mille disavventure e peripezie, i Blues Brothers vengono arrestati, ma ciò non impedisce un’ultima e grande esibizione davanti al pubblico (carcerario). Non poteva essere più adatto il “Jailhouse Rock” di Elvis Presley, il rock della prigione, reinterpretato ovviamente in chiave blues-rock, trionfale celebrazione e conclusione di un film vivace e multicolore che ha consacrato la coppia Aykroyd-Belushi come cantanti-attori versatili e affiatati. “The Blues Brothers” è un film che ha saputo mescolare la comicità con il blues, che ha celebrato e ridato importanza a un genere musicale che oggi è più che mai apprezzato e vivo in tutto il mondo. Un genere musicale che esprime i sentimenti, che emoziona e che è stato un modello per tutti i generi che si sono sviluppati nel corso del tempo. Ha un’importanza essenziale nella cultura musicale. Le immagini e la musica si completano a vicenda in un intreccio spettacolare e irresistibile. Questa è la vera comicità. Ma è anche l’espressione di uno spirito di ribellione generazionale che si sprigiona solo grazie all’incontenibile forza liberatoria della musica.
Mariantonietta Losanno