ARCHIVI DI STATO: I DIRETTORI DELLE SEDI NON DIRIGENZIALI SCRIVONO AL MINISTRO

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archivio di stato ARCHIVI DI STATO: I DIRETTORI DELLE SEDI NON DIRIGENZIALI SCRIVONO AL MINISTROLa Confsal-UNSA Beni Culturali ha reso pubblica la lettera che i Direttori degli Archivi di Stato delle sedi non dirigenziali hanno inviato al Ministro per i beni e le attività culturali, relativa alle gravi criticità emerse a seguito della riorganizzazione del Mibac, per quanto concerne l’ordinamento e la ramificazione delle strutture periferiche territoriali ed in particolar modo degli Archivi di Stato non dirigenziali in subordine alle Soprintendenze Archivistiche.

Di seguito il testo: 

DIRETTORI DI ARCHIVIO DI STATO NON DIRIGENZIALE. AVVIO PERCORSO DI CONFRONTO CONDIZIONE GIURIDICA.

Premesso che la pubblicazione in G.U. del D.P.C.M. “Regolamento recante l’organizzazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, degli Uffici della Diretta Collaborazione del Ministro e dell’Organismo Indipendente di Valutazione della Performance” ha aumentato il disagio esistente da mesi tra i direttori di Archivi di Stato delle sedi non dirigenziali che già avevano costituito un coordinamento permanente nazionale con l’obiettivo di sottoporre, chiedere e contrattare una piattaforma di rivendicazione economica e giuridica.

Verificato come detto regolamento presenta gravi criticità relative, specificatamente, all’ordinamento del sistema periferico degli Uffici statali che insistono sul territorio, in particolare nel settore dell’amministrazione archivistica.

Valutata positivamente la circolare D.G.A. 39 del 20 agosto 2019 che, tuttavia, non ha ancora sortito un effetto pienamente condiviso.

Considerato che questo ambito organizzativo merita una trattazione specialistica ponderata sulla base di una valutazione che deve contemperare la salvaguardia dei principi che informano il D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) alle esigenze concrete di autonomia tecnica ed amministrativo gestionale facenti capo ai 101 Archivi di Stato ed alle Soprintendenze Archivistiche e Bibliografiche, con particolare riguardo agli Archivi di Stato non aventi natura dirigenziale.

Verificato come il Capo VI (Amministrazione periferica) di tale Regolamento – artt. dal n. 30 al n. 38 – introduce alcune sensibili modificazioni che andrebbero ad alterare l’attuale ripartizione delle competenze affidate, rispettivamente, alle Soprintendenze Archivistiche e Bibliografiche ed agli Archivi di Stato.

Appurato come tale alterazione non sia di scarsa portata: essa sancisce, di diritto e di fatto, la subordinazione degli Archivi alle Soprintendenze, senza tuttavia indicare l’entità delle funzioni esercitate dai due organi, né, tanto meno, la loro esatta ripartizione.

Visto che apparentemente, ad un’analisi testuale appare che, in linea di principio, l’esercizio delle funzioni di tutela e di valorizzazione del patrimonio archivistico mantengano l’attuale configurazione, fondata sulla differenza del regime proprietario del patrimonio archivistico, dove le Soprintendenze vigilano gli archivi privati e quelli prodotti dagli Enti pubblici, mentre gli Archivi di Stato operano sulla documentazione statale.

Visto in particolare che il dispositivo, peraltro, si limita ad abbozzare soltanto incidentalmente una facoltà di coordinamento, da parte delle Soprintendenze, “delle attività svolte dagli archivi di stato anche ai fini di pubblica fruizione dei beni archivistici in loro consegna” (art. 36, c. 1), mentre il successivo art. 37, al c. 3, declassa gli Archivi di Stato che non hanno natura di uffici dirigenziali al rango di mere “articolazioni” delle Soprintendenze Archivistiche e Bibliografiche.

Considerato che a tal proposito, balza all’occhio la evidente contraddizione logica interna a quest’ultimo articolo, laddove al c. 1 viene dichiarata l’autonomia tecnico-scientifica degli Archivi di Stato (senza discriminazione tra dirigenziali e non) poco dopo smentita dall’asserto del sopraccitato c. 3 che dichiara la stragrande maggioranza degli Archivi di Stato della Repubblica dipendente dalle locali Soprintendenze.

Considerato che si tratterebbe di un’autentica rivoluzione, la quale produrrebbe effetti tutt’altro che prevedibili – in termini di ricadute positive – a valere tanto sul piano teorico, quanto su quello gestionale amministrativo, nonché in ambito politico in quanto si verrebbe a legittimare l’insorgenza di una pesante discriminazione tra le modalità di esercizio delle funzioni di tutela e valorizzazione operate dagli Archivi dirigenziali – di fatto “autonomi” – rispetto a quelle messe in atto dagli Archivi declassati, ridotti a semplici esecutori materiali di decisioni assunte da parte di Uffici di altra natura.

Considerato inoltre che, l’endemica e diffusa (quantunque in gradi differenti tra il Nord ed il Sud del Paese) carenza di personale, rende assai improbabile l’efficacia operativa delle future “super Soprintendenze”, già notoriamente sottoposte a moli di lavoro impari alle loro effettive capacità mentre, di converso, gli Archivi di Stato non dirigenziali sarebbero esposti alle concrete minacce di una mobilità dei dipendenti decisa dal Soprintendente sulla base di considerazioni di carattere superiore, con inevitabile detrimento di ogni linea di programmazione pluriennale delle attività degli Istituti.

Infine, per quanto attiene alla valutazione più specificatamente politica, il malcelato intento centralizzatore che sottende l’intero provvedimento compromette ulteriormente il delicato equilibrio tra Centro e Periferia già minato dalle recenti ristrutturazioni del Ministero, rendendo ancora più ardua quella attività che i dipendenti del MIBAC conducono quotidianamente per la tutela, la conservazione e la valorizzazione del nostro patrimonio culturale nazionale nonché nella diretta erogazione di servizi al pubblico, costituito da un’ampia platea di fruitori (studiosi, studenti, insegnanti e generalmente cittadini).

Ancora, il minacciato e non organizzato depotenziamento degli Archivi di Stato non dirigenziali costituirebbe un grave arretramento dello Stato in quelle zone dove essi costituiscono ancora, nonostante le notevoli difficoltà organizzative e gestionali, un autorevole presidio culturale ed istituzionale, la cui autonomia tecnico scientifica in materia di tutela, valorizzazione e fruizione dei patrimoni ad essi affidati deve essere difesa con forza, nel quadro di un suo potenziamento, fermo restando il dialogo e l’eventuale assegnazione di alcune e ben determinate competenze amministrative – in conformità ad una corretta applicazione del principio di sussidiarietà – alle articolazioni gerarchiche superiori.

Visto inoltre il combinato disposto delle responsabilità penali e civili in termini di sicurezza unite a quelle erariali cui i direttori di Archivi di Stato non dirigenziali sono esposti, che determina un carico gravoso da sostenere a fronte di un riconoscimento economico irrisorio.

Considerato che il prestigio di rivestire l’incarico di direttore di Archivio di Stato e l’orgoglio di appartenere alla cerchia di servitori dello Stato e sostenitori della cultura non significa tuttavia che si debba rinunciare al diritto ad un equo compenso che tenga conto delle esperienze, delle competenze e, soprattutto, delle responsabilità, pari a quelle dei colleghi dirigenti e soprintendenti.

Considerato ancora che l’identità delle responsabilità è stata ulteriormente avvalorata dal ruolo di datori di lavoro assegnato a tutti i direttori coinvolti nei corsi di formazione obbligatoria assieme alla dirigenza, nonché dalla circolare n. 10 Piano dell’azione amministrativa 2019, della Direzione Generale Archivi, che ha unificato gli obiettivi di performance degli Archivi di Stato a quelli dei dirigenti.

Che, a fronte di questa situazione, appare del tutto inadeguata l’indennità di posizione prevista dal CCNL e dal CCIM, soprattutto ove la stessa venga comparata con i compensi spettanti a figure in qualche modo equivalenti o equiparabili.

Che, sebbene sia stato apprezzato lo sforzo di riconoscere una maggiorazione dell’indennità ai titolari di posizioni ad interim, l’intervento sarebbe stato più equo se esteso anche a quanti devono gestire le problematiche gravose delle Sezioni di Archivio, sempre fermo restando il bisogno di ricercare una soluzione diversa come potrebbe essere solo a titolo di esempio un’assegnazione di ore di straordinario riservate ai direttori e finalizzate ad una più giusta perequazione economica.

Tutto ciò premesso e considerato, si invitano tutti i destinatari di questo documento ad impegnarsi a far sì che si terrà conto delle criticità esposte in premessa al fine di apportare le opportune modifiche, segnatamente laddove si prevede la ridefinizione delle competenze degli organi periferici dell’amministrazione archivistica e più specificatamente nel passaggio più critico laddove si è ritenuto di declassare gli Archivi di Stato ad articolazioni delle Soprintendenze, precisando che in difetto sarà inevitabile un’azione collettiva di “restituzione” della qualifica e delle responsabilità di datore di lavoro.

Si chiede infine di avviare quanto prima un percorso congiunto di confronto, nonché, in conformità agli intenti espressi dal sig. Ministro, di disciplinare la consultazione preventiva di una rappresentanza tecnico-scientifica dei dirigenti e dei funzionari delegati, in particolare degli Istituti archivistici non aventi natura dirigenziale per giungere ad una risoluzione delle problematiche economiche in atto.

(Lettera firmata da ogni singolo Direttore di Archivio di Stato)